Recensione Robots (2005)

Non c'è la verve "favolosa" di Shrek o l'allure anni '40 de Gli incredibili, ma c'è la vita, il mondo, fatto a bulloni. Ogni elemento del nostro quotidiano è trasformato in metallo in movimento.

La vite è meravigliosa

Questi bambini li vogliamo fare andare al cinema? Macchè, ci andiamo noi grandicelli, perché i film di animazione sono disegnati con tratti e illustrazioni per i "piccoletti", ma le loro anime, i riferimenti le personalità dei personaggi sono tutte dedicate a noi. Le risate escono copiose, anche se è una strategia di marketing delle Major, e l'intelligenza ne esce vincente. In Robots non c'è la verve "favolosa" di Shrek o l'allure anni '40 de Gli incredibili, c'è la vita, il mondo, fatto a bulloni. Ogni elemento del nostro quotidiano è trasformato in metallo in movimento. A partire dalla nascita di un figlio.

Rodney Copperbottom è un giovane pieno di sogni, figlio di un lavapiatti un po' distratto. Il desiderio più grande di Rodney è quello di conoscere "il robot migliore del mondo", il panciuto Bigwel, e di diventare un grande inventore. Ultimamente Bigweld, presenzialista presentatore televisivo, è però sparito dalla circolazione e qualcuno ha preso le redini della città di Robot City. E' il solito cattivaccio di turno (con una madre rompiballe) accecato dal desiderio del denaro: da questo momento è finita per i vecchi robot la pacchia di poter riciclare pezzi di ricambi usati, ora sono disponibili solamente tecnologici pezzi d'avanguardia dal costo proibitivo, prodotti naturalmente dall'azienda del maligno robot. Qualcuno deve guidare la rivolta, e chi se non il buon Rodney, eroe di latta, può combattere il "Caro Metallo"?

Potremmo raccontarvi tutta la storia, e non vi diremmo nulla. Robots ha la genialità di costruire un macrocosmo parallelo tutto "klang klang", e di riempirlo di dettagli che descrivono le giornate dei robot. Ci sono numeri alla Britney Spears, allegri chirurghi, bambini da montare, invenzioni viventi, e ancora mezzi di trasporto a rimbalzo e scivoli e danze sotto l'olio. "Tutto fa, tutto crea". Non per niente il protagonista è un giovane inventore. La parte più debole del film è il finale, con l'allegra truppa di robot che si lancia in inseguimenti mozzafiato, ma alquanto noiosi nella realizzazione. Come dicevamo è il piccolo a vincere, l'elemento che si nota e non si nota, molto di più della trama classica e buonista. Questo aspetto può far diventare Robots un lungometraggio da vedere e rivedere per cogliere le sequenze che si sono perse nella prima visione, frutto del vorticoso montaggio. Noi italiani non possiamo esimerci da criticare il doppiaggio monotòno di Dj Francesco che doppia il protagonista. Gli diamo solo la possibilità di ricorrere in appello perché non abbiamo sentito la voce in originale di Ewan McGregor.

Esisteva il "metallo urlante", oggi è arrivato il metallo che canta. Un film in scatola di montaggio tutto da gustare.