La vita davanti a sé, Sophia Loren: “Una storia di tolleranza, perdono e amore”

L'attrice torna sulle scene dopo undici anni di assenza e lo fa con un film diretto dal figlio Edoardo Ponti e basato sull'omonimo romanzo di Romain Gary, disponibile dal 13 novembre su Netflix.

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La vita davanti a se': Sophia Loren in una scena

Sono passati dieci anni dall'ultima volta di Sophia Loren su un set. Fu con Nine di Rob Marshall che salutò le scene, oggi ha deciso di tornarci e lo fa diretta dal figlio Edoardo Ponti ne La vita davanti a sé che Netflix distribuirà dal 13 novembre.
Una missione, "un film che va avanti con le braccia aperte" ed in cui la parola d'ordine è stata "la fiducia reciproca" come spiega Nicola Serra, che lo produce insieme a Carlo Degli Esposti. Adattamento del romanzo di Romain Gary, di cui c'era già stata una trasposizione da Oscar nel 1977 con una superba Simone Signoret, c'è già chi parla di Oscar per la Loren. Sarebbe il secondo dopo quello per La Ciociara nel '62, ma è un pensiero che l'attrice in collegamento dal salotto di casa suaallontana garbatamente: "Per carità, non ci voglio neanche pensare. Vediamo, ma il mio Oscar è aver lavorato per questo film", dice.

La storia di Madame Rosa e i ricordi d'infanzia

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La vita davanti a se': Sophia Loren durante un momento del film

Ne La vita davanti a sé Sophia Loren interpreta Madame Rosa, un'ex prostituta sopravvissuta ad Auschwitz che vive gli ultimi anni della vita accogliendo nel suo appartamento alcuni bambini in difficoltà, figli di altre prostitute. Tra loro c'è anche il dodicenne Momo, un ragazzo di origini senegalesi, che vive di piccoli espedienti. I due non potrebbero essere più lontani per etnia, religione ed età, ma saranno i protagonisti di una profonda e inaspettata amicizia. "È una storia di tolleranza, di perdono e amore, perché tutti abbiamo il diritto di essere visti, ascoltati e di vedere realizzare i propri sogni", spiega.

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La vita davanti a se': una scena con Sophia Loren

La sua Madame Rosa vive il trauma della deportazione come fosse ancora presente e il pensiero va inevitabilmente all'infanzia dolorosa della Loren, trascorsa tra l'incubo della guerra e la povertà, con mamma Romilda che si dava da fare con il suo piano per far mangiare lei e le sue sorelle: "Esistono cose che non si dimenticheranno mai, sono sempre molto presenti e rimangono dentro. Forse fare cinema e incontrare personaggi che mi ricordano la guerra, ha influito positivamente sulla mia recitazione - racconta - Ma quando vivi certe esperienze e sei molto piccolo non si può capire bene cosa vogliano dire la morte e la vita, solo quando crescerai capirai cosa significhi vivere la guerra da bambina". E non è un caso che questo ruolo le ricordi sua madre: "Le somiglia, era una donna che parlava molto e si faceva sentire. È stato un personaggio fondamentale per la nostra famiglia, per le cose belle che poteva fare con la sua bellezza e il suo talento".

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Il ritorno sul set

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La vita davanti a se': Sophia Loren in un'immagine

Prima di tornare a recitare le ci sono voluti quasi più di dieci anni, ma lei non se n'è neanche accorta: "Forse avevo bisogno di riposare, di silenzio, di stare con miei figli e di vederli crescere. Quindi ho deciso con loro di vivere la famiglia come una signora qualsiasi che per un po' smette di lavorare". Poi è arrivata la storia di Madame Rosa, che conosceva molto bene: "Ho fatto finta che tutti quegli anni lontano dal set non fossero mai passati. È la storia che avrei sempre voluto raccontare, mi ha intenerito moltissimo, mi ha fatto tornare ai tempi in cui cominciavo a fare cinema e a trattarlo come una cosa essenziale ed importante". Almeno tanto quanto quella della monaca di Monza, che molti anni fa le aveva proposto Luchino Visconti: "È un personaggio che ho sempre amato tantissimo e che mi sarebbe piaciuto interpretare, ma poi non se fece più nulla. Peccato!".

Il lavoro sull'adattamento: da Parigi a Bari

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La vita davanti a se': Sophia Loren durante una scena

Il lavoro di adattamento del romanzo non è stato semplice: "Come succede spesso quando si lavora alla trasposizione di un libro, non si vorrebbe sacrificare nulla, ma è difficile non farlo - chiarisce Edoardo Ponti - Alla fine ci siamo concentrati sulla storia d'amore e amicizia tra Momo e Madame Rosa, apparentemente separati da tutto per età, etnia e cultura. In realtà sono molto simili". Il cambiamento principale rispetto al libro è stata la location, trasferita da Parigi a Bari, perché era importante "trovare una città crocevia di tante etnie, mosaico di religioni e culture ed esteticamente molto calda, umana, con le luci e i colori giusti per poter parlare di un mondo di personaggi che vivono la vita pienamente. Bari era perfetta per questo ambiente". Per la Loren è stato un po' come respirare l'aria di Napoli: "I silenzi, il tempo, il mare, la spiaggia... Era come se fossi a Napoli, ce l'ho nel cuore e ed è stata la mia fortuna. L'incontro con Vittorio De Sica fu fondamentale. Sono napoletana al mille per cento, sono fiera di esserlo e non lo dimenticherò mai". Il film sarebbe dovuto uscire in sala per qualche giorno prima di approdare su Netflix, ma la nuova chiusura delle sale con la recrudescenza dell'emergenza Covid, lo ha impedito: "Le sale sono rifugi in cui ritrovarsi e capirsi meglio, la nostra salute è importante ma lo è anche quella emotiva. Dispiace tanto, ma cosa possiamo fare?", chiosa prima di ricordare che alla fine quello che conta sono le belle storie "quelle che rincuorano lo spettatore".

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