Zona d'ombra: l'anatomia della verità

Tratto da una storia vera, il film scritto e diretto da Peter Landesman racconta la scomoda scoperta di una patologia cerebrale da parte del neuropatologo Bennet Omalu. Una rivelazione talmente destabilizzante da metterlo contro un intero sistema sportivo, capitanato dalla NFL americana.

Niente spiega la morte meglio della vita. Il credo di Bennet Omalu è questo, essenziale e radicato, come le sue insolite abitudini da artista delle autopsie. Musica nelle orecchie, intense conversazioni con i defunti, atteggiamenti da scrupoloso medium che intende spiegare i motivi dietro il decesso, senza fermarsi alle modalità più scontate ed evidenti. Perché per il dottor Omalu, nigeriano che non ha ancora imparato bene l'americano e compreso l'America, la dignità e il rispetto nei confronti dell'essere umano non scompaiono mai, nemmeno davanti ad un cadavere. Poi il suo collaudato rituale, immerso nel limbo tra la vita e la morte, viene sconvolto da un caso diverso da tutti gli altri. Nonostante TAC e analisi del grande Mike Webster, ex stella del football, parlino di un uomo in salute morto di infarto, una stranezza colpisce lo sguardo meticoloso di Omalu. Sarà l'inizio di uno studio approfondito, appassionato e doveroso che porterà alla scoperta di una nuova patologia (la CTE, encefalopatia cronica traumatica) assai comune tra i giocatori di football.

Zona d'ombra - Una scomoda verità: un pensieroso Will Smith in una scena del film
Zona d'ombra - Una scomoda verità: un pensieroso Will Smith in una scena del film

Una rivelazione faticosa da rendere pubblica, perché negli Stati Uniti il gioco del football è secondo soltanto a Dio, un'istituzione semi-divina abitata da miti armati di spalle larghe e caschi, un colosso che non deve tremare mai, né sgretolarsi sotto la minaccia destabilizzante sollevata da Omalu. Ed è qui che la partita entra nel vivo: da una parte pochi, coraggiosi capitani della verità, dall'altra la NFL (la lega professionistica di football), un sistema tentacolare che ha in mano i sorrisi, le speranze, la passione e i dollari degli Stati Uniti d'America.
Un gigante che non può essere placcato. Forse.

Oltre la meta, dopo la morte

Will Smith in una scena di Zona d'ombra
Will Smith in una scena di Zona d'ombra

Ispirato ad una storia vera risalente al 2002, poi raccontata nel 2009 in un articolo della rivista GQ, Zona d'ombra - Una scomoda verità antepone al racconto dei fatti la creazione di un protagonista fondamentale a cui affidare le redini della sua storia. Will Smith, dotato di un dubbio accento afroamericano, è chiamato a incarnare un personaggio emblematico, pronto a veicolare una serie di valori determinanti per combattere una battaglia necessaria. Così il suo dottor Omalu, uomo di fede ostinato e dotato di una purezza mai davvero ingenua, ci appare come persona priva di qualsiasi filtro, controcorrente per indole e mai per scelta; nelle abitudini, nel lavoro, nella sua allergia allo stile di vita americano. Omalu stenta ad integrarsi, come se la schiettezza e l'attitudine alla sincerità fossero deterrenti per amalgamarsi nella società di Pittsburgh. Un uomo incapace di arrendersi, soprattutto quando la partita diventa molto più grande di un medico nigeriano che ha osato intercettare un'interferenza nel flusso incessante dell'intrattenimento sportivo americano, quel meccanismo perfetto in cui i dottori diventano meccanici e gli atleti veicoli da tenere a lucido, nascondendo ogni ammaccatura. Peter Landesman, attraverso una regia molto canonica che insiste molto sulle mani messe in scena, vorrebbe avere la stessa naturalezza di Omalu, ma finisce quasi per invidiarne la sincerità.

Zona d'ombra - Una scomoda verità: un pensieroso Will Smith, Alec Baldwin e Arliss Howard in una scena del film
Zona d'ombra - Una scomoda verità: un pensieroso Will Smith, Alec Baldwin e Arliss Howard in una scena del film

Questo perché Zona d'ombra fa del suo protagonista il suo punto di forza ma anche il suo punto debole, perché troppo forzatamente dipinto come icona ed elevato ad individuo esemplare, privandolo di quella autenticità necessaria in un'opera tratta da una vicenda reale. Non aiutato da una storia d'amore banale e da una retorica religiosa troppo sottolineata, Will Smith mette buon cuore nel fare della verità un bisogno eterno, quasi fosse una benedizione che non deve essere tolta nemmeno ai morti. Il suo Omalu non ama la TV e non segue il football, ma è un fan del terzo tempo, quella partita che si gioca dopo i titoli di coda, in obitorio, dove la maggior parte degli uomini smette di dare valore alla vita solo perché non c'è più.

The shock must go on

Zona d'ombra - Una scomoda verità: Gugu Mbatha-Raw e Will Smith in una scena del film
Zona d'ombra - Una scomoda verità: Gugu Mbatha-Raw e Will Smith in una scena del film

Limitato, come spesso capita, da un titolo italiano meno complesso dell'originale Concussion (commozione cerebrale, impatto), Zona d'ombra ricrea la stessa mischia traumatica e concitata del campo di football, e lo fa attraverso una rivalità di parole e dialoghi che mette una persona contro la natura stessa di un'intera nazione. Per Landesman sembra che il problema non sia solo la NFL, ma insito nella predisposizione tutta americana a creare una sua fabbrica di miti usa e getta. Il football è il campo da gioco, ma la partita si allarga verso il mondo dell'intrattenimento e dello show business, territori spietati, inariditi, però capaci di mostrare alla gente un volto sempre luccicante, fatto di vittorie e di successi. Quel mondo magico e idolatrato dove le persone sono osannate finché servono a vendere magliette e far girare bigliettoni, per poi essere dimenticate in fretta una volta che il prefisso "ex" entra nelle loro vite di glorie passate. Forse, se avesse calcato con maggiore tatto questa zona oscura popolata dagli idoli caduti, dalle star dimenticate, Zona d'ombra avrebbe fatto il salto di qualità.

Zona d'ombra - Una scomoda verità: un pensieroso Will Smith, Mike O'Malley e Albert Brooks in una scena del film
Zona d'ombra - Una scomoda verità: un pensieroso Will Smith, Mike O'Malley e Albert Brooks in una scena del film

Il film ha comunque il merito di essere interessante, di appassionare a tratti, grazie ad un racconto semplice, in grado di dare dignità al lavoro di Omalu, rispecchiandosi nel suo modo di essere: chiaro, accessibile, diretto. Il più grande pregio di un'opera che fa del coraggio un dovere etico e non qualcosa di straordinario è quello di ammettere il fascino del presunto nemico. Perché basta una scena, la migliore, per guardare il football con occhi improvvisamente nuovi e vedere scomparire di colpo l' elefantiaco e malefico sistema sportivo. Quello che resta è il gioco dentro lo sport, il divertimento al di là di ingaggi e sponsor, assieme alla consapevolezza (amara quanto inevitabile) che a volte basta vincere un match importante, perché il campionato resta qualcosa di inarrivabile.

Zona d'ombra - Una scomoda verità: Alec Baldwin e Will Smith in una scena del film
Zona d'ombra - Una scomoda verità: Alec Baldwin e Will Smith in una scena del film

Movieplayer.it

3.0/5