Recensione Saw V (2008)

La longevità della saga sta tutta in una serializzazione di tipo televisivo, attraverso la quale vengono rivisti in una nuova luce elementi che il pubblico considerava archiviati, incrementando soprattutto la possibilità di inserire nuovi personaggi con un background costruito a posteriori.

L'eredità dell'Enigmista

Morto un enigmista se ne fa un altro. Ecco come rimane in vita la saga più truculenta degli ultimi anni, capace di resistere anche alla morte del suo protagonista e di produrre un film all'anno, mantenendo sempre in attivo la casella delle entrate, rispetto a quella degli investimenti produttivi. Protagonista che muore ma non smette di essere la presenza costante di Saw, anche in un quinto episodio che ne racconta il passato, navigando tra il non visto dei precedenti film per giustificare il plot di questo Saw V. Accantonati i giochetti narrativi estenuanti dell'episodio precedente (indubbiamente il più debole fino ad ora) Saw V riparte dalla morte dell'Enigmista, raccontando il suo rapporto passato con il detective Hoffman divenuto suo complice dopo aver fatto passare una sua una violenta vendetta proprio per una delle torture di Jingsaw. Morto il suo mentore, Hoffman attira i sospetti dell'agente Strahm, salvatosi per fortuna al primo avvertimento dell'enigmista e dovrà escogitare un piano per liberasi di lui.

La longevità della saga sta tutta in una serializzazione di tipo televisivo, attraverso la quale vengono rivisti in una nuova luce elementi che il pubblico considerava archiviati. Saw infatti cambia ancora una volta rotta e aggiunge materiale narrativo come fanno gli sceneggiatori delle più celebri serie tv quando devono giustificare la scrittura di nuove stagioni. Il rischio maggiore sta nella difficoltà di arrivare a un nuovo pubblico, potenzialmente incapace di muoversi in un contesto sempre più stratificato e mai autoconclusivo. Il vantaggio però è tutto nelle potenziali ri-letture e nella possibilità di inserire nuovi personaggi con un background costruito a posteriori. Ciò allontana definitivamente la serie dalle derive slasher che gli si attribuisce per il sadismo e la violenza espositiva a cui sottopone. Derive a cui comunque ci si aggrappa in seconda istanza, quando il ruolo investigativo si esaurisce lasciando spazio a una pornografia dell'esibizione truculenta che solo dieci anni fa ci sarebbe sembrata impossibile, per un prodotto a suo modo mainstream, e che ancora oggi è il marchio di fabbrica della saga.

Stilisticamente, questo quinto episodio non si discosta minimamente dal look sporco (e francamente ormai un po' cheap) della saga. Promosso alla regia, lo scenografo dei precedenti film, David Hackl si adegua a una messa in scena scarnissima, tutta interni spogli e bui e costruita sugli usuali effettacci visivi inseriti in post-produzione a sottolineare i momenti più efferati. Anche questo quinto episodio non lesina infatti in sangue e grida, assestando numerosi colpi bassi, tra cui uno stritolamento meccanico di un corpo al limite dell'insostenibile. Ma la sensazione sparisce ben presto perché ciò che continua a mancare in Saw - e che si è fatto paradigma nella scena dell'autopsia di Saw 4 - è la capacità di generare un minimo potenziale immaginativo. Saw vive e muore nell'esibizione spudorata e acritica del sadismo più nero, sostanzialmente fuori dal regno del cinema. Prendere o lasciare.