Recensione Mucchio d'ossa (2011)

Già autore di numerose trasposizioni di altre opere kinghiane, Mick Garris stavolta riesce a confezionare un adattamento più equilibrato ed elegante, rispetto ai precedenti, anche se non del tutto riuscito.

In spirito e ossa

Dopo la morte tragica quanto improvvisa di sua moglie, lo scrittore Mike Noonan decide di ritirarsi in una casa sul lago da lui ereditata anni prima, con la speranza di ritrovare la concentrazione e l'ispirazione necessaria a scrivere il suo nuovo romanzo, che deve consegnare al suo agente entro pochi mesi, e nel tentativo di sfuggire al dolore, che si è trasformato in un blocco creativo apparentemente insormontabile. Joanna era sempre stata fonte di ispirazione e incoraggiamento per il suo lavoro di scrittore, e adesso Mike si sente perduto, fino a quando lei, dall'aldilà, non inizia a fargli sentire la sua presenza per aiutarlo in qualche modo a superare un lutto così devastante. Tuttavia, alla presenza di Joanna, discreta, gentile e ironica, se ne affianca un'altra di natura distruttiva e rancorosa, che deve essere necessariamente placata, prima che sia troppo tardi.


A tredici anni dalla pubblicazione di Mucchio d'Ossa, avvincente e intensa ghost-story di Stephen King, Mick Garris ne firma l'adattamento televisivo, una miniserie in due puntate targata A&E che vede Pierce Brosnan nel ruolo del protagonista, affiancato da Annabeth Gish nei panni di Joanna, Melissa George in quelli della solare Mattie - giovane mamma dal passato doloroso, che si trova ad affrontare una difficile battaglia legale per la custodia della sua bambina - e Anika Noni Rose, che invece presta la sua voce e il suo magnetismo al personaggio di Sara Tidwell, una cantante di colore il cui spirito continua a perseguitare i discendenti di coloro che la uccisero, verso la fine degli anni '30.

Garris, già autore di numerose trasposizioni televisive e cinematografiche (non sempre riuscite) di altre opere kinghiane - tra cui ricordiamo L'ombra dello scorpione, Stephen King's The Shining e Riding the Bullet, per citarne solo alcuni - stavolta riesce a confezionare un adattamento più equilibrato ed elegante, rispetto ai precedenti, anche se svuotato della forte componente emotiva che caratterizza il romanzo di King. Mucchio d'Ossa infatti, si concentrava soprattutto sul difficile percorso affrontato dal protagonista dopo la morte di sua moglie (almeno nella parte iniziale della storia), mentre Garris preferisce dare spazio all'intreccio di natura soprannaturale che lega Mike ad altri abitanti di Dark Lake, tra cui il perfido e ricchissimo Max Devore, nonno della piccola Kyra. I risultati, pur apprezzabili, rispetto ai precedenti lavori del regista e produttore, non convincono del tutto: la regia infatti è piuttosto convenzionale, e se per alcune sequenze (soprattutto quelle "acquatiche") fa riferimento all'horror orientale dei primi anni Zero (The Ring, in particolare) per altre scene rivela qualche difficoltà legata alla rappresentazione visiva dell'immaginario kinghiano.
Non è certamente un lavoro facile adattare un romanzo come Mucchio d'Ossa, che si sviluppa alternandosi tra realtà e incubi, presente e passato, ma una regia più creativa - magari sostenuta da una sceneggiatura più raffinata - avrebbe dato risultati migliori. Se da una parte l'atmosfera del film tv riesce ad essere convincente e a regalare qualche brivido, soprattutto nella rappresentazione della casa in cui si svolge buona parte della storia e nei "segnali" che Joanna lancia a suo marito, tra scampanellate e messaggi sul frigorifero, alcune sequenze chiave sono tradotte in modo fin troppo didascalico, come la scena dello stupro di Sara e l'epilogo sotto la pioggia battente, con l'albero che assume le fattezze della cantante grazie al digitale.
In un cast che non brilla per interpretazioni particolarmente significative, spicca la bella Anika Noni Rose - già vista nello scintillante biopic Dreamgirls - che riesce ad essere carismatica, nonostante i limiti imposti dalla sceneggiatura al suo personaggio. Brosnan è un uomo che riesce a ritrovare una ragione di vita nel proteggere una bambina da una terrificante maledizione (e quindi anche da sè stesso), mentre altri personaggi sembrano ridotti a figure di contorno, spesso mortificate da un make up non del tutto convincente, in particolare l'eterea Joanna, il malvagio Devore, la cui caratterizzazione avrebbe meritato maggior cura, considerato che si tratta di uno dei personaggi più importanti dell'intera vicenda. Nonostante questi limiti tuttavia, Bag of Bones si lascia guardare con curiosità, pur non essendo destinato a lasciare il segno nell'attuale stagione televisiva americana.

Movieplayer.it

2.0/5