Recensione Clerks II (2006)

Kevin Smith non ha volto il suo sguardo solo al presente o al futuro, ma ha fatto tesoro del passato. Perché il tempo passa, ma il passato non lo si può cancellare.

Il tempo che passa

Diciamocela tutta. Nel corso di dodici anni di carriera, Kevin Smith non è praticamente mai riuscito ad eguagliare i risultati ottenuti con il suo film d'esordio, Clerks - commessi. Un film realizzato con due soldi, pochi mezzi, ma divenuto legittimamente un cult non solo per via di personaggi e dialoghi indubbiamente memorabili, ma perché in grado di catturare con levità lo spirito e la sensibilità di un periodo storico e di tutta una generazione.
Non deve stupire quindi che l'arrivo del sequel di quel film, Clerks II, sia stato atteso con un'ansia che assume gradazioni e sfumature diverse a seconda del tipo di pubblico: mere impazienza e trepidazione per i fan più accaniti e acritici, nemmeno troppo velata preoccupazione da parte dei più nostalgici e smaliziati. Chi scrive s'iscrive (si perdoni il gioco di parole) nella seconda categoria: non solo infatti con Clerks II si correva il rischio di svilire e banalizzare i personaggi e le situazioni di culto di cui sopra, ma - ragionando cinicamente - si poteva intravedere all'orizzonte la prospettiva di un film costruito ad arte per riconquistare quel pubblico che forse, complice il flop di Jersey Girl, si stava allontanando da Smith. Ma, per quanto Clerks II non sia affatto ai livelli del suo predecessore ed abbia diversi weak spots, va riconosciuto che il regista del New Jersey è stato in grado di slalomare abbastanza efficacemente tra questi due scogli, che avrebbero facilmente potuto far naufragare il suo progetto.

Ragionamento chiave per capire e giudicare Clerks II è quello relativo ai dodici anni che sono trascorsi da quando per la prima volta Smith ha portato al cinema Dante e Randal. Clerks II è un film che mostra come 12 anni siano un periodo lunghissimo e al tempo stesso brevissimo nella vita di una persona. I Dante e Randal che incontriamo in questo film sembrano/sono esattamente gli stessi di quelli che lavoravano nel Quick Stop fotografato in bianco e nero nel film del 1994: il loro carattere è lo stesso, le loro dinamiche amicali sono le stesse, il loro modo d'interfacciarsi con il resto del mondo è lo stesso. E se sono gli stessi Dante e Randal, questo significa che anche Kevin Smith è lo stesso. Testimonianza di quanto stiamo affermando sono alcuni dialoghi esilaranti, alcune battute al vetriolo, alcune situazioni che sembrano prese di peso dal primo Clerks; fin troppo forse, e qui il sospetto di un pizzico di ruffianeria da parte dell'autore sarebbe legittimo, ma la scorrettezza politica del tutto aiuta a fugare la maggior parte dei dubbi. Però - e si tratta di una nota di merito - Clerks II ed i suoi protagonisti sono al tempo stesso qualcosa di più e di diverso rispetto a quello che vedemmo dodici anni fa. Perché anche il suo regista non è più esattamente lo stesso. Il valore aggiunto di questo sequel sta nel presentare toni e situazioni che per forza di cose nel '94 non sarebbe stato possibile inserire, o perlomeno presentare con la stessa efficacia. Se nel film Dante è pronto (?) a cambiar vita, ad accettare nuove responsabilità, se Randal trova il coraggio di parlare all'amico come mai fatto prima, se si parla di famiglia e di maturità in un certo modo, tutto questo avviene proprio perché in chi l'ha realizzato è sopraggiunta, se non una maggiore maturità, una consapevolezza nuova nei confronti della vita.

Se Clerks II si può dire un film sicuramente non eccelso né memorabile ma comunque gradevole è proprio perché Smith è riuscito a mettere in scena con successo quanto aveva tentato di fare con il già citato Jersey Girl: e questo perché, diversamente da quanto avvenuto nel film interpretato da Ben Affleck, Smith non ha volto il suo sguardo solo al presente o al futuro, ma ha fatto tesoro del passato. Perché il tempo passa, ma il passato non lo si può cancellare.