Recensione I Love Shopping (2008)

La storia di una ragazza con una compulsiva passione per lo shopping potrebbe sembrare nient'altro che un prodotto figlio dei nostri tempi, in cui il denaro e gli oggetti sono gli unici valori ammissibili. Invece Rebecca è tutt'altro che stupida e conformista, e ci insegna che a volte persino tra scarpe e borse in saldo si nasconde un po' di saggezza.

Gioie e dolori dell'acquisto

Ciascuno di noi ha un proprio personale rimedio contro la tristezza: c'è chi ammorba gli amici con lunghi monologhi farciti di autocommiserazione, chi si butta su alimenti ad alto contenuto calorico, chi cerca la catarsi attraverso l'arte o presunta tale, e naturalmente chi si dedica allo shopping. Potremmo dire che Rebecca Bloomwood appartenga a quest'ultima categoria, ma così facendo si sminuirebbe la titanica portata del rapporto morboso che la lega all'atto dell'acquisto: per Rebecca il comprare non è soltanto una cura, è anche un metodo di prevenzione del dolore e della noia, una necessità connaturata nel suo essere come e più del dormire e del mangiare, in generale un diritto inalienabile dell'essere umano. E non si parla dell'ovvio bisogno di soddisfare i bisogni più elementari, o i comuni sfizi che tutti noi, ordinari esseri umani, amiamo concederci ogni tanto: perchè quando la vetrina chiama, con il suo ammiccante luccichio di specchi, la sensuale armonia di un corpo scolpito nella plastica, e il cartello "saldi" le rammenta una rinnovata promessa di felicità, non c'è armadio pieno di scarpe che tenga, non c'è guardaroba strabordante che possa fermare la corsa della protagonista di I Love Shopping all'ennesimo oggetto inutile e allo stesso tempo indispensabile.

Se possedere ben dodici carte di credito rende oltremodo orgogliosa Rebecca, non altrettanto si può dire del suo lavoro, che consiste nello scrivere articoli niente affatto glamour per una rivista di giardinaggio. Ma la giovane giornalista non è certo nella condizione di poter fare la schizzinosa, visto che la disprezzabile testata rappresenta la sua unica fonte di guadagno, grazie alla quale riesce a mantenere in equilibrio instabile il proprio complicato sistema finanziario. Il fallimento della rivista si rivelerà però più catastrofico del previsto quando Becky scoprirà non soltanto di doversi cercare un nuovo lavoro, ma soprattutto di dover trovare più di sedicimila dollari, in modo da colmare i debiti accumulati con le fide compagne carte di credito, cosa ovviamente impossibile in mancanza di entrate. La fortuna arriverà però in aiuto della ragazza, sotto forma di Luke Brandon, caporedattore della rivista "Far fortuna risparmiando", impressionato dall'originalità e dall'immediatezza di un articolo di Becky che, originariamente indirizzato alla prestigiosa rivista di moda Alette, finirà fortuitamente tra le sue mani. Rebecca, nonostante le iniziali reticenze, dovute tanto al disgusto quanto all'ignoranza nei confronti della materia trattata, entrerà a far parte della redazione del giornale e per lei non tarderanno ad arrivare i successi: con il proprio stile eccentrico riuscirà a fare della finanza un argomento comprensibile e interessante per tutti, tanto che "la ragazza con la sciarpa verde", lo pseudonimo da lei utilizzato, arriverà ad essere un nome di riferimento per tutti i piccoli risparmiatori. Purtroppo però le soddisfazioni della vita lavorativa, e i batticuore che riserva quella privata, non sono sufficienti ad allontanare da Rebecca l'ombra famelica del suo più acerrimo nemico: si tratta di Derek Smeath, impiegato presso una società di riscossione crediti, ad ogni costo determinato a venire in possesso di quanto dovuto, fino all'ultimo quarto di dollaro.

Rebecca Bloomwood è un personaggio che colpisce, che piace e che diverte, e anche chi non ha letto i volumi di Sophie Kinsella, da cui la pellicola è tratta, potrà facilmente intuire i motivi del successo della serie. Una ragazza con un'insana passione per l'acquisto, che la porta a gesti irresponsabili e persino a mettere a repentaglio i propri rapporti affettivi, potrebbe non sembrare un soggetto meritevole di attenzione ai fanatici della sostanza e della profondità a tutti i costi, ed essere liquidata come l'ennesimo prodotto commercialmente ineccepibile ma per il resto vuoto e sterile. Invece Rebecca, nonostante la frivolezza e la natura sconsiderata, è tutt'altro che stupida, e quantunque il suo metodo di decodificazione del mondo sia poco ortodosso, basato su similitudini tra vita e cappotti di cachemere, su opportunità e paia di scarpe, bisogna ammettere che funziona: Rebecca arriva al cuore degli altri, dentro e fuori dallo schermo, e ci suggerisce che uno sguardo alternativo sulle cose spesso serve, che cambiare punto di vista ci può salvare dai nostri errori e dalle nostre manie. Ineccepibile la macchina produttiva che sta dietro alla realizzazione della pellicola: dalle mani di Jerry Bruckheimer raramente esce qualcosa che non si trasformi in oro, e questo anche grazie ad un dispiegamento di forze non indifferente.
Dai costumi alle location, dalla colonna sonora alla scelta degli attori, tutto è perfettamente intonato allo spirito della pellicola, e fa di I Love Shopping un prodotto del tutto ineccepibile nel suo genere, grazie al quale si sorride alle simpatiche gag e ci si cruccia quando tutto sembra andare storto, pur consapevoli che nulla potrà rovinare il meritato lieto fine. Sicuramente la trasposizione su celluloide delle disavventure di Becky non scontenterà i fan di lunga data, e riserverà una gradita sorpresa a coloro che si avvicinano alla commedia ormai con una certa diffidenza, dovuta ai molti prodotti opachi e approssimativi che Hollywood, nonostante l'indubbia esperienza in materia, non esita a sfornare. Nemmeno in questo caso c'è molto di nuovo, ma quello che c'è se non altro è realizzato come si deve.

Movieplayer.it

3.0/5