Frankie, la recensione: un’ultima vacanza tra parenti

La nostra recensione di Frankie, dramedy americano con Isabelle Huppert presentato in concorso al Festival di Cannes 2019.

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Frankie: Isabelle Huppert in un momento del film

Scrivendo la recensione di Frankie, settimo lungometraggio del regista americano Ira Sachs, abbiamo a che fare con l'oggetto che ci ha maggiormente spiazzato all'interno del concorso del 72° Festival di Cannes. Spiazzato non per questioni puramente qualitative, ma per il suo essere il più modesto e anonimo dei lungometraggi selezionati nella competizione principale del prestigioso evento cinematografico francese. Questo perché, in mezzo a tanti titoli di cineasti che, nel bene e nel male, hanno un'impronta stilistica forte (Ken Loach, di cui potete leggere la nostra recensione di Sorry We Missed You, Quentin Tarantino con C'era una volta a...Hollywood, Pedro Almodóvar con Dolor y gloria e via dicendo), il film di Sachs risulta piuttosto anonimo, e al di là della parziale fama del regista, che esordisce a Cannes dopo anni di frequentazione della Berlinale, del cast da red carpet (Isabelle Huppert in primis) e del pedigree non indifferente dei due produttori Said Ben Said e Michel Merkt, non ci si spiega più di tanto la collocazione nella vetrina principale della kermesse di un lungometraggio che, nel migliore dei casi, avrebbe meritato uno slot fuori gara.

Portogallo, ultima meta

Ira Sachs, abituato a raccontare storie ambientate nella sua New York, principalmente in ottica gay (vedi I Toni dell'Amore - Love Is Strange, l'unico film del regista ad aver avuto una certa presenza in sala al di fuori del circuito festivaliero), si sposta per l'occasione in Portogallo, per l'esattezza nella città di Sintra, coadiuvato alla sceneggiatura dal sodale Mauricio Zacharias, la cui famiglia è originaria di quella zona.

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Frankie:Isabelle Huppert in una scena del film

E proprio di famiglia si parla in Frankie, titolo che deriva dal nomignolo della protagonista, l'attrice transalpina Françoise Crémont (Isabelle Huppert). Gravemente malata, la donna decide di riunire l'intera famiglia a Sintra per un'ultima vacanza insieme: i figli (tra cui Jérémie Rénier), l'ex-coniuge (Pascal Greggory) e l'attuale marito (Brendan Gleeson). Presente anche Ilene (Marisa Tomei), truccatrice di fiducia di Frankie sui set, accompagnata dall'amico Gary (Greg Kinnear).

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Il cast che interagisce a coppie

Il cast di Frankie è corale, ma la struttura si avvicina a quella dei film precedenti di Sachs, dove quasi tutte le interazioni sono tra non più di due persone alla volta: brevi conversazioni che approfondiscono il passato dei personaggi, con toni spesso malinconici ma a volte anche esilaranti (il figlio Paul ha uno spassoso monologo su una relazione finita male), una serie di spaccati di vita che conducono verso l'inesorabile meta finale, aspettando l'addio di Frankie e il silenzio definitivo che prima o poi arriverà. Un tema tutt'altro che leggero, che però in mano a Sachs, tra incantevoli paesaggi portoghesi e la naturale simpatia degli attori (senza dimenticare il dono innato della Huppert per il sarcasmo), assume contorni più leggeri, quasi fiabeschi, una parentesi irreale prima che irrompa la crudele realtà.

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Una simpatica vacanza, drammaturgicamente esile

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Frankie: una scena con Brendan Gleeson

Nel giro di un'ora e mezza di durata, questo ultimo viaggio sembra un po' una vacanza collettiva degli attori, di cui vediamo alcuni frammenti, talvolta con pose quasi da cartolina. L'ombra delle implicazioni più serie aleggia costantemente, ma Sachs si ferma al primo livello, come se una sorta di pudore gli impedisse di spingersi nei territori più apertamente drammatici della premessa. Una scelta senz'altro coraggiosa, che però non trova il suo riscontro a livello strutturale e registico, trasformando il non detto tra i personaggi in un'approssimazione che, per quanto complessivamente gradevole da vedere e ascoltare, penalizza un oggetto che, in altre circostanze (forse nella New York tanto cara al cineasta, che qua risulta un tantino spaesato), avrebbe potuto generare ben altri risultati.

Conclusioni

Arrivati al termine della nostra recensione di Frankie, i dubbi rimangono soprattutto sul risalto mediatico dato al film con la sua collocazione nel palinsesto di Cannes, il che ha caricato di un peso eccessivo l'esistenza di un'opera graziosa, delicata ma anche un po' esile, che si regge interamente sulle spalle di Isabelle Huppert e delle sue talvolta brillanti interazioni con il cast di contorno. Si sorride il giusto, ma l'approccio un po' superficiale smorza la componente più drammatica.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
2.0/5

Perché ci piace

  • Isabelle Huppert domina la scena con la solita grazia tagliente.
  • Il cast secondario è affiatato e coinvolgente.
  • Il paesaggio portoghese è davvero incantevole.

Cosa non va

  • La scrittura è piuttosto superficiale.