Recensione Il gatto e il cappello matto (2003)

Anche se a lungo andare la pellicola può risultare inutilmente fracassona, non si riduce ad essere esclusivamente, come c'era da aspettarsi, un interminabile assolo ad opera dell'ottimo e truccatissimo Mike Myers.

E vissero felini e contenti

"Devo ammettere con tutta sincerità che sognavo da una vita di interpretare il Gatto". Questa affermazione appartiene a Mike Myers, pluriosannato talento comico, memorabile interprete dei due Fusi di testa e della trilogia Austin Powers, che, dal giorno 18 giugno 2004, sarà sugli schermi cinematografici italiani con Il gatto ...e il cappello matto, diretto da Bo Welch e scritto da Alec Berg, David Mandel e Jeff Schaffer, che si sono ispirati a The cat in the Hat (1957) di Theodor S. Geisel (alias Dr. Seuss), ancora oggi tra i dieci libri più venduti negli USA.

Del cast fanno parte anche Alec Baldwin (Talk Radio), Kelly Preston (Jerry Maguire), Amy Hill (Sol levante) ed i piccoli Dakota Fanning (Mi chiamo Sam) e Spencer Breslin (Ti presento i miei), mentre gli effetti speciali di trucco sono del talentuoso Steve Johnson, responsabile delle eccellenti creature trasparenti di Abyss, nonchè della surreale morte di Freddy Krueger in Nightmare 4 - Il non risveglio.

Sally e Conrad Walden sono figli di Joan, agente immobiliare in carriera che viene continuamente corteggiata dal viscido vicino di casa Lawrence Quinn, il quale, visto il comportamento indisciplinato del piccolo, suggerisce alla donna di spedirlo eventualmente in un collegio militare.
Un sabato, mentre la mamma è fuori per lavoro, i due bambini si trovano soli in casa con la baby-sitter Kwan, la quale sprofonda in un sonno interminabile. A spezzare la noia giunge il Gatto, l'animale più casinista del mondo, il quale insegna ai due che "divertirsi va bene...ma devi sapere come farlo!".

Dopo i loghi della Dreamworks e della Universal disegnati con lo stile del classico cartone animato, una voce narrante comincia a raccontare questa pazza e movimentata favola moderna che, se nella varietà cromatica delle squadrate scenografie di Alex McDowell (Minority Report) ricorda Edward mani di forbice, strizza fortemente l'occhio a Beetlejuice - Spiritello porcello, sia per quanto riguarda il ritmo frenetico, sia per la presenza del logorroico e scatenato Gatto, che introduce una dimensione pseudo-onirica in cui il non-sense la fa da padrone, con invenzioni a raffica e personaggi che sembrano usciti da Alice nel paese delle meraviglie (vedi "Coso 1" e "Coso 2"). Non a caso il regista Bo Welch, qui al suo esordio dietro la macchina da presa, è stato proprio lo scenografo dei succitati classici burtoniani (e teniamo anche conto del fatto che il direttore della fotografia è Emmanuel Lubezki, lo stesso di Il mistero di Sleepy Hollow), ed a quanto pare, pur non avendo realizzato un'opera che rimarrà nella storia delle immagini in movimento, dimostra di avere una certa padronanza del mezzo tecnico, soprattutto per quanto riguarda i tempi della narrazione, nel mettere in scena questa vicenda che, in un certo senso, fa riflettere sull'abbandono e la mancanza di divertimento da parte dei bambini, i quali, trascurati spesso e volentieri dagli adulti, ricorrono in tutti i modi possibili all'immaginazione pur di ricercare lo svago in maniera sempre più originale (nessuno di voi ricorda il cartoon Muppet Babies?).

Anche se a lungo andare la pellicola può risultare inutilmente fracassona, non si riduce ad essere esclusivamente, come c'era da aspettarsi, un interminabile assolo ad opera dell'ottimo e truccatissimo Myers (due ore e mezza di seduta al giorno) e, pur rivolgendosi per lo più ad un pubblico under 12, riesce a far sghignazzare perfino gli adulti, soprattutto nei momenti giocati sull'effetto sorpresa (che non sono pochi).
Occhio al cameo di Clint Howard, fratello del più noto Ron, nonchè interprete di un'infinità di b-movies (qualcuno lo ricorderà sicuramente come gelataio assassino de I gusti del terrore), nei panni di Kate il ristoratore.