Caleb, la recensione: Roberto D’Antona e il mito del vampiro

La recensione di Caleb, il nuovo film horror di Roberto D'Antona e ispirato al mito del vampiro che lo vede ancora una volta nei panni di regista e protagonista.

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Caleb: una foto del film

Iniziamo a scrivere la recensione di Caleb, il nuovo film di Roberto D'Antona, mossi da una doppia nota positiva: in primo luogo perché è tra i titoli che segna il ritorno al cinema, insieme ad altri titoli posticipati mesi fa e finalmente disponibili; il secondo luogo per ciò che rappresenta di per sé, come tappa di un percorso di crescita, sia in termini di pure e semplici risorse a disposizione che di ambizioni ed esiti artistici, che ha portato l'autore ad affrontare diverse declinazioni del genere e l'ha condotto a mettersi alla prova con una delle figure iconiche dell'horror: il vampiro.

Benvenuti a Timere

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Caleb: Roberto D'Antona durante una scena del film

La storia di Caleb ci porta a Timere insieme alla protagonista Rebecca, giornalista sulle tracce della sorella, improvvisamente scomparsa mentre indagava a sua volta su degli eventi misteriosi. In quel luogo isolato dal mondo, Rebecca trova persone disposte ad aiutarla, come uno stravagante scrittore in viaggio con la moglie o il custode della chiesa locale, ma anche una figura fuori dal comune, un individuo ricco ed elegante, quanto enigmatico e tenebroso: Caleb, figura di spicco del luogo, rispettata e in qualche modo idolatrata dagli abitanti di Timere, dietro la quale si cela un terribile segreto.

Faccia a faccia col mito

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Caleb: Roberto D'Antona, Daniele Marcheggiani in una scena del film

In Caleb Roberto D'Antona affronta una prova delicata, perché il mito del vampiro è stato trattato in ogni possibile variante nel corso del tempo, non per ultima quella in chiave romantica diventata popolare da Twilight in avanti, e la strada scelta non è certo delle più semplici, sia per la volontà di non limitarsi a una storia essenziale e di costruire un film ricco e articolato, sia per l'impegno plurimo derivante dall'aver scritto, diretto e interpretato il mostro.

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Caleb: un'immagine del film

Se per l'ultimo aspetto D'Antona si dimostra un vampiro magnetico e credibile, confermando l'ormai provata alchimia con il suo gruppo di lavoro storico che, pur con qualche innesto, lo affianca anche in questa nuova avventura, è in qualità di regista che si nota un deciso passo avanti: la messa in scena di Caleb sorprende e travolge per fotografia e composizione dell'immagine, per il coraggio di scelte estetiche ricercate, impegnative, di derive oniriche affascinanti e una passione che spinge il risultato ben oltre i mezzi a disposizione.

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La forza del gruppo

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Caleb: Annamaria Lorusso in una scena del film

Merito di un gruppo di lavoro solido e rodato, dalla socia e co-produttrice Annamaria Lorusso, al disimpegno e i tempi comici di Francesco Emulo, passando per le musiche di Aurora Rochez. Se D'Antona azzarda e tenta la via della costruzione narrativa ambiziosa per il suo Caleb, andando oltre le due ore di durata per una storia dalle diverse anime, è perché queste certezze lo hanno fatto sentire con le spalle coperte. Da Wicked Gift, passando per Fino all'inferno e The Last Heroes: Gli Ultimi Eroi, è evidente la crescita del Roberto D'Antona autore, un progresso che lascia ben sperare per il futuro, purché tutto il team al servizio della L/D Productions sia in grado di seguirlo con altrettanta convinzione.