Recensione Ma l'amore... sì (2006)

La visionarietà che qui si vuole rappresentare è mal raggiunta: troppi stili differenti che confondono e non creano unità nello stile del film che, in tal modo, si trasforma in un gran pasticcio.

Calabria - Svezia: 0 - 0

Nonno Alcide, una vita da coltivatore e raccoglitore di peperoncini nelle soleggiate terre della sua calabria, tira le cuoia il giorno del suo compleanno a causa della festa a sorpresa organizzata dalla sua famiglia, gli Jorio. L'ingente lascito del nonno, spinge i due figli di Alcide a traslocare le loro due famiglie, composte di mogli e giovani figli, a Roma dove entreranno in affari con l'apertura di un ristorante calabrese... Angelina (Marina Lomosani), lunga treccia nera, si trasferisce all'università La Sapienza dove, grazie ad una trasgressiva nuova amica, impara a conoscere se stessa e a ribellarsi al padre (Andrea Tidona) che la vede ancora come una bambina. Sviluppando la sua tesi di laurea sulla Ikea, Angelina entra in contatto col giovane svedese Lars, dirigente Ikea. I due si innamorano, con sgomento della famiglia e del padre in particolare. Intanto Carmelo (Lorenzo Balducci), fratello di Angelina, trova lavoro come commesso in un negozio Pinko gestito da una "checca isterica" chiamata Princes. Ad una festa gay incontra Mirko, giovane fotografo che diviene il suo ragazzo. Mamma Annuccia (Anna Maria Barbera), dopo aver rinunciato, in Calabria, alla corte del suo medico (Alessandro Haber), è costretta a fare i conti con l'omosessualità del figlio accettandola lei per prima e spingendo anche il marito a capire.

Commedia grottesca e soprattutto surrealista, Ma l'amore... sì, di Tonino Zangardi e Marco Costa inizia con una bella inquadratura in bianco e nero sulle mani di un uomo che raccoglie dei peperoncini calabresi rossissimi. L'idea è quella di realizzare un film italiano sulla scia di East is East e Sognando Beckam, una commedia sul confronto etnico tra svedesi e calabresi e tra romani e calabresi. Il punto di partenza non è banale e anche i personaggi non sono male, se siamo disposti a concedere qualcosa all'inverosimiglianza di un ragazzo calabrese dall'involontario accento romano e ad una ragazza calabrese che a venti anni suonati porta ancora la treccia sino ai piedi.
L'inserimento di aspetti grotteschi e surreali ha il suo effetto positivo e in parte innovativo, ma la visionarietà che qui si vuole rappresentare è mal raggiunta: troppi stili differenti che confondono e non creano unità nello stile del film che, in tal modo, si trasforma in un gran pasticcio. Alcune scene del film sembrano, poi, esser state ideate ad esclusivo uso e consumo dei personaggi secondari che intervengono nella commedia. Alcuni ruoli, come quello di Rodolfo Laganà, e alcune scene connesse a questi ruoli, potrebbero essere tagliate dal film e senza incidere sull'economia del racconto. Il doppiaggio, inoltre, è alle volte imbarazzante. Di risatene strappa solo la storia di questa famiglia calabrese trasmutata a Roma, e il confronto etnico su cui i registi e gli sceneggiatori tengono tanto a porre l'accento arriva troppo tardi, alla fine del film, quando, invece, poteva essere sfruttato ben più largamente, cancellando molte banalità presenti nel primo tempo.

Ciò che più cattura l'attenzione e a cui meglio si partecipa è la storia del figlio, Carmelo, che scopre e affronta la sua omosessualità. Le reazioni materne, in questo caso, offrono ad Anna Maria Barbera la sua migliore occasione di recitazione. Il film forse era lì: doveva essere la storia di questo giovane. Gli sceneggiatori hanno sfiorato il punto, ma non l'hanno colto sino in fondo. L'intervento di Haber, nella prima parte del film, sembra nuocere molto all'interpretazione di Anna Maria Barbera che, accanto al grande attore, non riesce a scrollarsi di dosso il personaggio televisivo di Sconsolata ("diretta parente" della Annuccia che qui interpreta). Col procedere del film, invece, la Barbera rinuncia alle battute che l'hanno resa celebre in tv, improntate sull'uso errato e approssimativo della lingua italiana, per regalare al suo personaggio una comicità e una profondità di sentimenti ben più valide e godibili. Le riserve sulla commedia e sul suo sviluppo si concentrano soprattutto sul primo tempo, ambientato in larga parte in Calabria. Migliore, nettamente, dal momento in cui ci si sposta a Roma.