Armageddon Time, James Gray: "Il cinema soffre e noi registi vogliamo fare film personali finché possiamo"

Intervista a James Gray che con Armageddon Time racconta la sua storia personale, come hanno fatto Cuarón, Sorrentino, Iñárritu, Branagh, Spielberg: ecco perché i registi di Hollywood hanno deciso di raccontarsi.

Armageddon Time, James Gray: 'Il cinema soffre e noi registi vogliamo fare film personali finché possiamo'

Dopo il passaggio al Festival di Cannes 2022 e alla Festa del cinema di Roma, Armageddon Time di James Gray esce nelle sale italiane il 23 marzo. Come hanno fatto in questi ultimi anni altri registi prima di lui, l'autore ha deciso di raccontare la propria storia personale.

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Anthony Hopkins in Armageddon Time

Dopo Cuarón, Sorrentino, Iñárritu, Branagh e Spielberg anche James Gray ha portato sul grande schermo la sua famiglia: per interpretare i suoi genitori ha scelto Anne Hathaway e Jeremy Strong, mentre il ruolo del nonno è stato affidato a Anthony Hopkins. Per se stesso adolescente invece ha puntato su Michael Banks Repeta.

Siamo a New York, più precisamente nel Queens, negli anni '80: oltre a raccontare le idiosincrasie dei propri familiari, il regista ricorda anche il razzismo di quegli anni, ancora mai superato davvero, incarnato dal rapporto con l'amico Johnny (Jaylin Webb), da cui cercano continuamente di allontanarlo soltanto perché nero.

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Armageddon Time: James Gray racconta la sua famiglia

Cosa fa più paura? Andare nello spazio e nel cuore della giungla, o raccontare i propri genitori? Fa molta più paura andare a casa. Lo spazio e la giungla presentano difficoltà fisiche e logistiche: magari devi portare l'attrezzatura su per una montagna. Nella giungla ci sono gli insetti. Ma il lavoro più difficile è cercare di essere onesto con te stesso. E fare un ritratto non sempre bello della tua famiglia. Ti fa sentire esposto, vulnerabile.

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Una scena di Armageddon Time

Cos'è questa fissa dei registi che raccontano la propria storia? Cuarón, Paolo Sorrentino, Iñárritu, Kenneth Branagh, tu, Steven Spielberg... Perché? Che sta succedendo?

Forse stiamo tutti diventando vecchi! Cerchiamo di recuperare la nostra giovinezza. Penso sia dovuto a due fattori. Il primo è che è una lunga e bella tradizione. Meravigliosa: ti permette di essere personale, mettere una parte di te nel lavoro. L'altra cosa, e so che forse è un po' deprimente, è che il cinema si trova in una situazione precaria, difficile. La pandemia ha fatto molti danni. Molti di noi, e lo so perché conosco molto bene Iñárritu, siamo ottimi amici, li conosco quasi tutti, sentono che il cinema ci sta sfuggendo di mano. Quindi vogliamo fare film personali finché possiamo. So che è una risposta un po' triste, ma è la verità.

Armageddon Time: il cameo di Jessica Chastain

C'è un bel cameo nel film: Jessica Chastain è Maryanne Trump. È interessante: hai detto di ricordare quel discorso benissimo. Ti ha lasciato impressa l'idea del privilegio?

È una storia buffa quella del discorso che citi. Anche mio fratello era tra il pubblico. L'ho chiamato e gli ho detto: "Ed, puoi scrivere tutto quello che ricordi di quel discorso? "Lo faccio anche io e vediamo quanto si somigliano". Lui l'ha fatto, io l'ho fatto ed erano identici. Il che mi fa pensare che sia piuttosto accurato. Quando, a 12 anni, l'ho sentita parlare ho pensato che fosse ridicola. Quella donna che parlava aveva un patrimonio di centinaia di milioni di dollari e tutto quello che stava facendo era dire quanto avesse dovuto lavorare. Ho pensato che fosse folle, che non avesse idea di quello che diceva. Se vuoi definirla una consapevolezza del privilegio va bene, ma ricordo che da bambino ho pensato fosse follia.

Armageddon Time e il razzismo nell'America degli anni '80

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Un frame di Armageddon Time

Hai scritto il film prima del 2020, è arrivato il movimento Black Lives Matter: perché in America il razzismo è ancora così presente secondo te?

È impossibile raccontare la storia non solo degli Stati Uniti, ma del mondo, senza imbattersi nei problemi di classe sociale e razza. Sono temi che preoccupano il paese da tempo, fin dalla sua nascita. Nemmeno dalla tratta degli schiavi, ma da quello che è successo delle popolazioni indigene. Raccontare la storia del mio paese senza parlare di queste cose significa ignorare il proverbiale elefante nella stanza. Dovevo farlo. Ma hai ragione: il contesto e la storia cambiano continuamente.Ho scritto il film nel 2019: chissà come viene accolto dal pubblico oggi.

Armageddon Time e le cene in famiglia

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Una scena tratta da Armageddon Time

Sono italiana quindi capisco bene l'importanza delle cene in famiglia. Come hai reso vere quelle scene? Il cibo, le parole: com'è stato per te ricreare quei momenti?

All'epoca quelle cene in famiglia mi sembravano molto importanti. Diventavano sempre caos. Cominciavano in modo ordinato: mia madre annunciava la cena e a un certo punto, di solito per colpa mia, ero proprio un cretino, dicevo cose del tipo: non mi piace quello che hai preparato, ordino un'altra cosa, e all'improvviso tutto diventava folle. Ho cercato di ricordare tutti i dettagli possibili di quelle cene. Ho fatto una lista delle cose che succedevano: mio padre soffiava sempre sul suo caffè. Beveva caffè durante il pasto: una cosa che non ho mai capito! Mangiava gli spaghetti con il pomodoro e beveva caffè: era disgustoso per me, non lo capivo. Ho cercato di inserire tutti questi dettagli perché un'opera d'arte, se posso dirlo, vive davvero nei dettagli. Senza dettagli non significa nulla: un film si riduce alla trama e non sai se è buono o no. Le cose importanti sono come si vestiva mia madre, come posava il piatto. I gesti che mi faceva mio fratello, i calci che mi dava sotto al tavolo. Doveva esserci tutto.