Recensione Krokodyle (2010)

Un'autobiografia in forma macabro-fantastica realizzata con l'aiuto dei suoi più stretti collaboratori, confezionata all'interno di un film atipico, totalmente sperimentale e strettamente autoriale.

Appunti e ossessioni di una mente pericolosa

Kaspar Toporski è un giovane regista che vuole a tutti i costi lasciare un segno nella storia realizzando un film che racconti il suo macabro mondo fantastico. Ossessionato dai suoi bizzarri progetti cinematografici Kaspar trascorre le sue giornate intrappolato in una sorta di dimensione parallela i cui confini sono delineati unicamente dal suo immaginario. Il suggestivo e spaventoso universo che ispira ogni suo lavoro è, in poche parole, la sua unica ragione di vita. Scrive, disegna, filma, cattura istantanee e inventa un mondo che giorno dopo giorno diventa sempre più vicino alla realtà, arrivando a fondersi pericolosamente con essa fino a sfiorare la pazzia. Ad accompagnarlo sin da bambino la sua passione per i coccodrilli, da egli considerati come esseri perfetti in grado di controllare lo scorrere del tempo e rappresentare l'immortalità.
Suoi inseparabili 'compagni di viaggio' l'amico Bertolt, collega filmaker che ha non è mai riuscito a superare la delusione causata dal fallimento della sua opera prima rovinata dalle influenze esterne da parte dei produttori, e con l'amica Helix, una fotografa ossessionata dalla morte e dalla decomposizione del corpo umano, della quale è anche platonicamente innamorato.

Kaspar frequenta inoltre un misterioso e inquietante personaggio, un sarto che incarna le sue tanto amate teorie sulla creazione e sui manichini elaborate dallo scrittore polacco Bruno Schulz.
Per riuscire in qualche modo a fermare il tempo e le sue idee Kaspar decide così di realizzare un diario filmato delle sue giornate, una sorta di taccuino di appunti cinematografici, fatto di disegni, citazioni, immagini catturate d'istinto e brevi animazioni, una sorta di macabra autobiografia fatta di suoni, parole e musica. Sogni, incubi e personaggi che si fondono in un unico oscuro e folle autoritratto di una mente potenzialmente molto pericolosa impresso su pellicola.

Uno sfogo artistico di quelli più viscerali, in questo sintetico concetto può racchiudersi la genesi di Krokodyle, opera seconda di Stefano Bessoni, cineasta rimasto visibilmente traumatizzato dalle controversie nate con la produzione in occasione dell'uscita del suo promettente film d'esordio Imago Mortis. Deluso dalle dinamiche del mercato cinematografico italiano, Bessoni decide di dedicarsi ad un progetto totalmente diverso, di dare libero sfogo ai suoi istinti artistici lasciando uscir fuori tutto il suo inespresso potenziale.
Girato a Torino con il contributo della Film Commission Torino Piemonte, Krokodyle uscirà tra qualche giorno in dvd con un numero speciale della rivista Dark Movie ad esso interamente dedicata. Un canale distributivo alternativo dunque, dopo l'esperienza ad alto budget di Imago Mortis, opera largamente rimaneggiata rispetto alla versione originale del suo autore, con lo scopo di conferire maggiore appetibilità presso il grande pubblico.

Trasuda frustrazione Krokodyle, ma allo stesso tempo una grande leggerezza calligrafica da parte di Bessoni, che si è lasciato cullare dai suoi deliri visuali e dalla sua (inconscia?) paura di non riuscire ad esprimere tutte le sue idee nell'immediato futuro. Un'autobiografia in forma macabro-fantastica realizzata con l'aiuto dei suoi più stretti collaboratori, confezionata all'interno di un film atipico, totalmente sperimentale e strettamente autoriale, che non ha alcun futuro in sala tanto meno può sperare negli incassi home-video, ma che ci restituisce uno Stefano Bessoni in tutta la sua estrema vigoria orrorifica.

Una cifra stilistica e visionaria davvero impressionante quella mostrata da Bessoni, ricca di riferimenti all'immaginario magico e fiabesco dei paesi dell'est, alle scienze biologiche, all'anatomia e alla zoologia. Omaggi a Wim Wenders e Peter Greenaway, due grandi 'poeti' contemporanei che hanno ispirato tutti i suoi lavori e la sua visionarietà.
"Il cinema è nato morto perchè nell'arco di un secolo non si è mai veramente evoluto", sostiene Bessoni che in Krokodyle alterna riflessioni sull'evoluzione della materia a considerazioni sul cinema italiano sulle note tristi e malinconiche di un'armonica.

Movieplayer.it

3.0/5