Un giorno in pretura 2019: bufera sulla trasmissione dopo la puntata dedicata al caso Vannini

Un giorno in pretura 2019 è finita nella bufera dopo la puntata sul caso di Marco Vannini per via della vicinanza espressa dalla conduttrice alla famiglia Ciontoli.

La trasmissione di Rai3 Un giorno in pretura 2019 è finita nella bufera dopo la puntata andata in onda domenica 28 aprile, dedicata all'omicidio del giovane Marco Vannini. Un post della conduttrice Roberta Petrelluzzi e la puntata in sé stessa hanno fatto letteralmente insorgere il pubblico sui social network.

Cosa è successo in breve: gli utenti pensano che la trasmissione si sia schierata a favore della famiglia Ciontoli, accusata di aver preso parte, in misura diversa, all'omicidio del giovane. Nel venerdì precedente alla messa in onda è apparso sul profilo Facebook della conduttrice, Roberta Petrelluzzi, un post di sostegno a Martina Ciontoli, figlia del principale sospettato ed ex-fidanzata di Marco Vannini. Nel testo si esprime la propria contrarietà verso l'attacco mediatico di cui la ragazza e la famiglia Ciontoli sono vittime da anni.

Durante la messa in onda molti spettatori hanno percepito troppa vicinanza emotiva nei confronti della famiglia Ciontoli, da qui è derivato il vero e proprio fiume di tweet a commento della serata. Gli autori si erano evidentemente già posti il problema, tanto che la conduttrice aveva specificato in un passaggio della puntata: "Noi crediamo però che solo le vittime, spinte dalla propria disperazione, hanno il diritto alla protesta, anche a quella più rumorosa. Crediamo anche che il troppo clamore spinge tutti a radicalizzare il proprio convincimento e non contribuisce a fare giustizia". Non è servito, però, a placare gli animi: al contrario, le parole della Petrelluzzi sono state benzina sul fuoco per commenti ancora più indignati. La Rai per il momento non ha commentato la vicenda, se non con un tweet che informava sugli incredibili dati social e di ascolti.

Il caso di Marco Vannini

Marco Vannini è morto il 18 maggio 2015 in ospedale a Ladispoli dopo essere stato ferito da un colpo di pistola partito dall'arma del suocero, Antonio Ciontoli. L'uomo è stato di recente condannato in secondo grado e la sua sentenza è stata ridotta a 5 anni di reclusione, dopo aver rimediato una condanna a 15 anni in primo grado. Il crimine è stato derubricato da omicidio volontario a omicidio colposo, mentre per gli altri familiari c'è stata la conferma della pena. "In questo secondo grado Ciontoli è stato riconosciuto colpevole di omicidio colposo con l'aggravante della colpa cosciente - ha spiegato uno dei legali della famiglia Vannini - Quello che è sconvolgente, è l'inadeguatezza della pena. E' sconcertante non aver previsto nessuna aggravante".

La sentenza di appello ha infatti creato scalpore e polemiche mentre i difensori della famiglia Ciontoli hanno dichiarato che faranno ricorso in Cassazione per gli altri tre condannati, ovvero i fratelli Martina e Federico e la madre (e moglie di Antonio) Maria Pezzillo, tutti condannati a tre anni per non aver prestato soccorso a Marco nonostante avessero compreso la gravità delle ferite.