Nel corso di un'intervista con Il Corriere della Sera, i Fratelli D'Innocenzo hanno parlato a viso aperto del loro cinema, dello scontro con Gabriele Muccino e del passato vissuto in periferia.
A proposito del loro passato, i Fratelli D'Innocenzo hanno raccontato di aver scelto di frequentare l'istituto alberghiero perché "era la scuola che richiedeva meno abnegazione, così avevamo più tempo per le cose che ci interessavano: lettura, scrittura, musica".
I due registi però hanno ridimensionato le tante leggende che girano sulla loro adolescenza. I D'Innocenzo infatti, sono descritti spesso come figli di un pescatore e giardiniere che scriveva sceneggiature e, a quanto pare, avrebbero avuto morti ammazzati e droga in famiglia. A tal proposito Fabio e Damiano hanno commentato: "Abbiamo notato con un po' di divertimento questo travaso di informazioni o cose mai dette. Abbiamo avuto casi laterali in famiglia di perdite legate ad abusi di droghe negli anni 70 e 80, ma di qui a farne una narrativa... Papà ha fatto tanti lavori e ha scritto sceneggiature in copia unica a mano, solo per farle leggere a moglie e figli e questo è un atto di grandissima vitalità. Mamma è stata sempre a casa, ma ha scritto poesie bellissime. Essere arrivati dal nulla ha fatto sì che circolassero esagerazioni".
C'è invece una silente fazione, più pericolosa, che vuole che il cinema resti vecchio e, se può farti arretrare, lo consente
Lo scorso marzo, Gabriele Muccino ha dichiarato di non aver apprezzato Favolacce, che fece incetta di premi in Europa. A proposito di questo scontro a distanza con il regista di Sette anime, i D'Innocenzo hanno raccontato: "Solo il fatto che l'abbia detto in modo così plateale rende la sua affermazione giovanile, nel senso che gli sbagli testimoniano lo stare in vita. Dopo, ci siamo abbracciati, ne abbiamo sorriso. C'è invece una silente fazione, più pericolosa, che vuole che il cinema resti vecchio e, se può farti arretrare, lo consente".
In che modo Fabio D'Innocenzo descriverebbe la sua adolescenza? Il regista ha risposto: "L'aggettivo che mi viene in mente è pudore. Ricordo a 14 o 15 anni, nel controcampo, la mia schiena curva che scriveva e io che non volevo deludere il giudizio più importante: quello di mio fratello. Ricordo la sana emozione quando ci consegnavamo i copioni a vicenda: il suo 'non è buono' mi avrebbe fatto cambiare idea".
Infine, a proposito del loro futuro progetto, Fabio D'Innocenzo ha commentato: "Ora, lavoriamo a una serie per Sky Europa in sei puntate, Dostoevskij, di cui è prematuro parlare". Due giorni fa, i Fratelli D'Innocenzo sono sbarcati in libreria con Trilogia, edito da La Nave di Teseo. Questa trilogia dei margini vede il maschile messo in crisi a colpi di silenzi, stordito, sfalsato, con la scrittura dei D'Innocenzo che analizza con feroce dolcezza gli sbagli di una somma di generazioni (l'infanzia creativamente lugubre di Favolacce, l'adolescenza febbrile e scarica de La Terra Dell'Abbastanza e l'età adulta pietrificata, sconfitta e raggelante di America Latina) tracciando un filo invisibile e stupefacente tra il lirico e l'orrifico che determina la coppia di gemelli come tra i più lucidi narratori di questo secolo. Con sceneggiature più simili a romanzi i D'Innocenzo spalancano le porte della loro visione del mondo, si perdono in dettagli labirintici, si dileguano dal già visto, si scansano sia dalla prevedibilità quanto dalla scoraggiante imprevedibilità.