La Mostra Internazionale del Cinema di Venezia crede nella realtà virtuale. È ormai un fatto con la conferma anche in Venezia 76 di una sezione apposita come Venice VR, con un suo spazio identificabile e autonomo, un concorso e la esaustiva panoramica di un settore sempre più sviluppato. A questo scopo è di nuovo stata dedicata l'area del Lazzaretto Vecchio, una cornice suggestiva in cui immergersi ancor prima di indossare il visore e lasciarsi trasportare nei mondi virtuali, tra suggestioni oniriche, proiezioni astratte e fascinazioni artistiche. La conferma di una sezione che va di pari passo con quella dell'evoluzione del mezzo che sta raccontando di anno in anno, tra diverse anime che spaziano dalla linearità di fruizione più passiva al versante opposto dell'interattività più spinta, sovrapponibile a quella del videogame. Con un piccolo extra che si trova al di fuori della sezione VR, nell'ambito delle Giornate degli autori, di cui vi parliamo nella nostra recensione di Segnale d'allarme - La mia battaglia, di Omar Rashid ed Elio Germano.
La piccola rivoluzione lineare
Una intera sezione di Venice VR è dedicata a quelle produzioni che sfruttano l'immersività offerta dal visore per portare lo spettatore all'interno della storia. In questo tipo di produzioni linear, il fruitore può scegliere cosa e dove guardare, ma non può che lasciarsi trasportare dalle scelte narrative degli autori. È un ramo della realtà virtuale che innova e sperimenta meno, ma può ugualmente offrire motivi di grande interesse quando riesce a sfruttare il mondo virtuale per dare spessore al messaggio che vuole veicolare. Un esempio su tutti VR Free, unica opera italiana di questa edizione, che ci porta nel carcere di Torino per proporci uno spaccato degli spazi angusti degli ambienti della prigione e della sua vita, proponendoci, parallelamente, le reazioni di alcuni detenuti a un programma che sfrutta proprio il VR per farli partecipare a situazioni collettive della vita da uomini liberi che non è più accessibile a loro.
Ugualmente efficace The Waiting Room di Victoria Mapplebeck, che racconta la storia del cancro al seno della regista, facendoci vivere con lei i drammatici momenti della malattia, dalla diagnosi alla cura, concentrandosi su una opprimente ultima sessione di chemioterapia per nove minuti a 360 gradi. Ci sono ovviamente anche esperimenti più leggeri, tra i quali il nuovo episodio dedicato a Ghost in the Shell, frenetico e dinamico sulla falsariga di quello presente lo scorso anno, o più sperimentali, come l'affascinante Passenger, un suggestivo viaggio animato in stop motion sul sedile posteriore di un taxi, che continua con l'arrivo in un nuovo paese in cui vivere, che diventa sempre più bizzarro e surreale. Un'opera che ci ha affascinati per il modo in cui riproduce con efficaci effetti visivi lo smarrimento che si prova quando si arriva in un luogo sconosciuto.
Arte interattiva
Il passo in più della settore della realtà virtuale è però dato da quei progetti che associano all'immersione anche un dose più o meno abbondante di interattività, che differenzieremo tra quelli che si affidano al solo visore per ottenere l'effetto desiderato e quelli che supportano l'esperienza con una vera e propria installazione, e quindi richiedono una fruizione in ambienti dedicati e difficilmente riproducibile sul divano di casa. Diversi gli esempi del primo caso, dall'adorabile falò su un pianeta alieno di Bonfire a produzioni più vicine al videogioco come l'horror Pagan Peak VR o Doctor Who: The Edge of Time, ispirato alla popolare serie britannica. Una ambito nel quale ci sentiamo di segnalare l'interessante preview di Glimpse, corto animato che ci porta nella mente di un panda di nome Herbie con le voci di Taron Egerton e Lucy Boynton, il piacevole Wolves in the Walls: It's Over, tratto da un'opera a fumetti di Neil Gaiman, ma soprattutto il toccante e profondo A Linha (The Line), raccontato da Rodrigo Santoro.
Questa capacità di trasportare l'utente in un altro mondo è ulteriormente sostenuta da quei progetti che si avvalgono del supporto di componenti fisiche di varia natura, che accolgono lo spettatore ancor prima che indossi il fatidico visore. Pensiamo per esempio a Inori, resa visiva dell'opera dell'artista giapponese Miwa Komatsu, arricchita da una componente scenografica evocativa che anticipa la suggestiva resa del mondo virtuale; o all'affascinante viaggio visionario di To the Moon, firmato da Laurie Anderson e ispirato all'opera di un antico pittore cinese; oppure ancora a Cosmos Within Us, viaggio nella memoria diretto da Tupac Martir reso vivo e profondo dal punto di vista sensoriale grazie all'uso della musica suonata dal vivo e il supporto di componenti fisiche, da stimoli olfattivi e materiali.
In particolare, quest'ultima opera è fruibile anche in una interessantissima modalità Behind the Scene che permette di assistere alla prova di un'altra persona che indossa il visore, dando modo di godersi l'eccellente lavoro di tutto lo staff, dai musicisti che eseguono la musica in tempo reale a chi i occupa di proporre odori e altri effetti al partecipante. C'è poi un caso diverso, come può essere quello dell'altra opera che più ci ha colpiti, The Key, che mescola teatro immersivo e realtà virtuale: ad accogliere il partecipante/spettatore è infatti un'attrice che accompagna il suo ingresso nel mondo virtuale onirico in cui dovrà affrontare decisioni difficili e il senso di perdita, fino a un finale spiazzante che stupisce ed emoziona. Un viaggio metaforico di importante valenza sociale del quale ci resta anche un prezioso ricordo: una chiave, donataci al termine dell'esperienza, che portiamo gelosamente con noi.
Primi passi verso il futuro: La realtà aumentata
Novità di quest'anno è la presenza di primi titoli in realtà aumentata, per i quali va fatta una doppia precisazione: da una parte va detto che i visori usati, ottimi e non ancora in commercio, promettono grandi possibilità per un futuro che non vediamo l'ora di approfondire; dall'altro lo stato dell'arte di questa tecnologia è in una fase di sviluppo, potenzialità e resa visiva arretrato rispetto alla controparte virtuale. C'è tanta strada da fare, ma i primi passi sono promettenti. Facciamo due esempi tra le opere visionate qui a Lido in Venice VR: Tónandi, che ci immerge in una scenografia fisica su cui vengono proiettate forme, tre mondi fatti di vegetazione e creature, con cui possiamo interagire direttamente con le nostre mani, alla scoperta del cuore delle suggestioni sonore dei Sigur Ros. Non è un caso che il titolo significhi proprio spirito del suono, perché è quello che sperimentiamo interagendo con l'ambiente dell'installazione. Non dissimile tecnicamente These Slepless Nights, che usa le proiezioni dello spatial computing per permettere ai visitatori di ascoltare le testimonianze di persone coinvolte nella crisi americana degli espropri.