L'approdo di Michele Santoro a La7 sta facendo e farà discutere. Dopo i buoni risultati del suo Servizio Pubblico nella formula "multipiattaforma" dello scorso anno, il popolare conduttore ha stretto un accordo con la rete (ormai quasi ex) Telecom Italia Media, che gli permetterà di proseguire la sua avventura in totale autonomia e, a detta sua e della rete, senza limitazioni o censure. Un approdo che sembrava naturale, dopo quello degli altri "transfughi" Rai Serena Dandini e Sabina Guzzanti, e che già l'anno scorso fu a un passo dal realizzarsi. Santoro, così, conferma squadra e formula (con qualche aggiornamento e novità) che l'anno scorso portarono al successo il suo talk-show, erede di quell'Annozero che fu imposto alla Rai dalla sentenza di un giudice, e che ogni settimana faceva tremare i timorosi e timorati vertici di Viale Mazzini. La vera novità emersa dalla conferenza stampa di stamattina, alla quale hanno partecipato, oltre al conduttore, i suoi collaboratori Sandro Ruotolo, Giulia Innocenzi e Vauro, oltre al direttore di rete Paolo Ruffini, è però il possibile abbandono di Santoro dopo il termine di questa stagione: il conduttore ha infatti lasciato intendere che, malgrado l'esperienza della trasmissione, e della realtà editoriale e imprenditoriale che rappresenta, sia destinata ad andare avanti, dalle prossime edizioni vorrebbe ritagliare per sé altri ruoli, forse cambiando anche ulteriormente la struttura del contenitore. Sia quel che sia, Santoro è un fiume in piena, con giudizi netti e come al solito taglienti sulla politica, la società e la televisione italiana, orgoglioso nel rivendicare il suo ruolo di pioniere di un certo tipo di talk show in Italia, e profeta di un possibile, radicale sconvolgimento degli equilibri (e dell'assetto stesso) dell'informazione televisiva nel nostro paese.
"Sono molto orgoglioso della presenza di Servizio Pubblico su La7", ha esordito Ruffini. "Attraverso una modalità diversa da quella ipotizzata lo scorso anno, riusciamo a compiere un'operazione che volevamo da tanto tempo, completando una piattaforma informativa che ha una sua continuità. E' un modo diverso di fare servizio pubblico, da parte di un'emittente privata. C'è libertà totale garantita a Michele da parte dell'editore, e questa spero sia la base di un rapporto lungo. Ci abbiamo lavorato con impegno e passione, credendoci: lo consideriamo un progetto, e non una cosa casuale. La nostra rete si differenzia da altre perché lavora a progetti con una loro organicità, e questa è la caratteristica che fa la sua forza.""Chi mi segue da tanto tempo sa che considero La7 una delle chiavi per un possibile cambiamento del sistema televisivo italiano", ha detto poi Santoro. "Questa rete può davvero candidarsi a un ruolo per agire in questo terremoto in atto nel sistema televisivo e politico. Il paradosso in cui viviamo è che siamo alle soglie di un grande cambiamento, ma nello stesso tempo siamo anche zavorrati dal passato: ma credo che prima o poi questo cambiamento esploderà. Il paese è attraversato da scoramento, delusione, repulsione; ma è anche diviso tra gettare la spugna e disinteressarsi, oppure scegliere l'opportunità di operare una trasformazione vera e più profonda. Prima era complicato sondare le opinioni ed averle in tempo reale, ma ora, con la rete, è tramontato il tempo della maggioranza silenziosa: oggi c'è una maggioranza che si esprime, prende coscienza dei suoi diritti e del suo ruolo, e la sua opinione è sempre sondabile. Al centro della stagione, infatti, ci sarà un esperimento teso proprio a questo, che sarà condotto da Giulia". Il discorso si sposta inevitabilmente sulla situazione politica attuale, e sui fermenti che la percorrono: "Facciamo questo mestiere da decenni, abbiamo vissuto tutte le trasformazioni del paese; io faccio fatica ad accettare il termine rottamazione, non credo sia questo il problema e non credo si risolva così il ricambio del paese. Noi, con la battaglia referendaria dei primi anni '90, volevamo che la gente potesse esprimersi direttamente, con collegi che fossero espressione degli elettori. Nella polemica con Renzi, trovo insopportabile che D'Alema dimentichi che il problema non è la sua età o la sua permanenza in parlamento, ma il fatto che la sua elezione derivi o meno da un collegio elettorale. Da questo tradimento dello spirito del referendum sono arrivati tutti i nostri guai, che hanno portato dalla richiesta di una 'faccia' da mettere in gioco alla dinamica dei partiti personali: così si è consolidata una casta di professionisti della politica, che hanno creato rigetto nella popolazione. Comunque, se non ci fossero stati Renzi e Beppe Grillo, il paese sarebbe ancora preda di stagnazione, visto che loro hanno comunque agitato le acque e provocato uno shock: niente potrà essere più come prima. Come ospite della prima puntata avrò proprio Renzi, spero di avere prima o poi anche Grillo, se si rende conto che la TV non fa poi così male. Ora siamo un po' come ai tempi di Tangentopoli: il sistema televisivo appare più libero di quello che effettivamente è, ma le condizioni che ne determinavano la dipendenza dalla politica non sono state rimosse. E' stata data una certa versione del nostro rapporto con La7, dicono che non vediamo l'ora di tornare in Rai; ma io, semmai, non vedo l'ora che la Rai non abbia più barriere per nessuno, che si chiamino Santoro, Adriano Celentano, Daniele Luttazzi, ecc. La televisione deve anticipare il cambiamento e disordinare la realtà. La cultura non è fatta di desideri teorici ma di scelte concrete: Luttazzi e Celentano li vuoi o no? Vuoi una tv ordinata e beneducata, o una che faccia discutere il paese? Chi è che si spaventa se il paese discute? Se c'è chi si spaventa, io voglio vederlo in faccia, non voglio che si nasconda dietro ai tecnici." Il discorso si sposta poi sul "derby" con Corrado Formigli, conduttore di Piazza Pulita, con cui la trasmissione di Santoro farà una sorta di staffetta nel corso della stagione (il programma di Formigli tornerà in onda subito dopo Natale, per poi essere di nuovo rimpiazzato da quello di Santoro a metà marzo). "Questa è un'altra cosa che viene presentata in modo banale", ha detto il conduttore, "Io, quando vedo Formigli, mi riempio di orgoglio, visto che il primo a dire che lui poteva andare in onda da solo sono stato proprio io. La7 col nostro arrivo fa un totale di cinquantaquattro trasmissioni di approfondimento: è una cosa così negativa? Il cosiddetto derby è iniziato l'anno scorso: togliendo a Corrado il concorrente, il risultato è che il giovedì la sua trasmissione ha un ascolto migliore. Se l'operazione porta a La7 mezzo punto di share in più, ciò vale in termini economici da 20 a 25 milioni di euro. Se porta un punto di share, sono 50 milioni di euro in più. Poi, può darsi che la Rai scopra che il giovedì sera c'è un buco, e magari faccia intervenire in quella fascia Gianni Minoli: allora, lì ci divertiremmo davvero."
Poi, la dichiarazione più importante: "Io non penso di fare questo mestiere per tutta la vita, anzi, questo è l'ultimo anno in cui vorrei fare una trasmissione come questa: poi, mi piacerebbe dedicarmi ad altro. Dev'essere chiaro, comunque, che il nostro incontro è quello tra una produzione indipendente e una rete televisiva: noi manteniamo la proprietà totale dei nostri contenuti, a differenza di quanto è successo con Rai e Mediaset, abbiamo libero accesso ad essi negli archivi. Nella prima puntata, oltre a Renzi ci sarà anche un esponente della vecchia guardia come Fini; come terzo incomodo, avremo Diego Della Valle. Il titolo provvisorio è Ladri di stato: un titolo che non si riferisce solo alle ruberie, ma anche al fatto che ai cittadini è stata sottratta la fiducia nelle istituzioni." La parola è passata poi a Giulia Innocenzi: "Anche quest'anno la Rete sarà centrale nella trasmissione, e ciò avverrà in due modi. Innanzitutto, avremo una partecipazione dal basso con il progetto del 'partito liquido': ogni cittadino che voglia evidenziare un particolare tema, avrà a disposizione la piattaforma liquid feedback, usata dai pirati tedeschi: originariamente era una piattaforma chiusa, noi la renderemo aperta e accessibile a tutti. Inoltre, avremo la ricerca del leader: abbiamo otto leader che metteremo in sfida, attraverso il voto del pubblico, ogni settimana. La rete ogni volta deciderà chi andrà alla sfida a due, e poi il televoto eliminerà uno dei due: alla fine, un leader nel corso dell'ultima puntata si scontrerà con Monti."
A riprendere la parola è stato poi il conduttore, che a una domanda diretta ha parlato della controversa questione delle scalette delle singole puntate: "Io non ho mai detto che le scalette sono riservate: Ruffini può chiamare quando vuole e chiedermi quello che vuole. Io do tutte le informazioni che mi vengono richieste, ci mancherebbe altro: ma noi ovviamente siamo autonomi. La nostra collaborazione, seppur da un punto di vista di autonomia e non di dipendenza, è totale. Io ritengo che un editore debba lavorare insieme ai suoi collaboratori, ma bisogna vedere il motivo di questa collaborazione: se è per censurare è un conto, ma se è per aiutare il collaboratore e seguirlo, non c'è nulla da eccepire. Se l'editore fa l'editore, il rispetto è massimo." Qualcuno chiede poi a Santoro perché non abbia deciso di proseguire l'esperienza, rivelatasi positiva, di una trasmissione che ha nel web la sua piattaforma principale: "L'esperimento dell'anno scorso, partito nell'ultima fase del potere di Berlusconi, raccoglieva l'onda della reazione a questo potere. Noi eravamo vittime di una censura, e le firme e le donazioni che ci hanno rimesso in onda derivavano proprio da ciò. Siamo partiti sulla Rete, ma non abbiamo mai fatto un prodotto per il web: era impossibile restare solo sulla Rete con quei costi. Inoltre, i partiti non capiscono la lezione venuta dalla Rete: questa costituisce il senso comune. Il nostro però è un prodotto televisivo, e ciò è importante; noi, a differenza di Grillo, non abbiamo mai deciso di uscire dalla TV. Grillo avrebbe avuto lo stesso successo se l'argine nei suoi confronti da parte della televisione non si fosse abbassato? Da quando abbiamo costruito questa realtà, comunque, nessuno potrà più dire 'di questo argomento non si parla'. Mi piace pensarci come persone che vendono giornali, eroi 'di carta'." A una domanda sul suo possibile ritiro, e sui motivi, Santoro precisa ulteriormente la questione: "Questo contenitore ha sicuramente i segni del tempo: quando abbiamo iniziato, questo genere non c'era, l'apertura della tv alle piazze era una cosa inconcepibile. Ora, è diventata una cosa che fanno tutti. In questo momento ci vorrebbe un contenitore che faccia incontrare la tv d'inchiesta stile Report con ciò che facciamo noi, ma non è facile: per pensare bene un prodotto del genere, bisognerebbe staccare per un anno o due." Alla domanda, immancabile, se senta la mancanza del suo nemico storico Silvio Berlusconi, Santoro risponde dapprima come una battuta: "A me no, non manca affatto... magari provate a chiedere a Ruby, può darsi che a lei manchi. Io comunque ho sempre riconosciuto il valore della persona, l'attitudine al comando, la prontezza con cui è intervenuto sulla scena italiana. Ma non si può sentirne la mancanza, perché questi anni bui sono dipesi da lui, dalla sua presenza anche a livello culturale. Voi vi scordate spesso di scrivere che io ero famoso quando lui ancora non lo era: un sondaggio che lui stesso ha commissionato prima di scendere in campo, mostrò che tra le personalità più conosciute in Italia lui era al decimo posto, mentre ai primi c'erano Giuseppe Ayala, Maurizio Costanzo ed io." Poi, una battuta sulla docufiction, con riferimento al suo possibile ritorno in Rai con progetti di questo genere: "E' uno dei generi che potrebbero contribuire al rinnovamento della televisione. Il problema è che noi continuiamo a produrre a bassissimo costo, escludendo grandi eventi come Sanremo. Questo ha determinato per un periodo il successo degli informativi a scapito degli altri generi. Tra tre anni, secondo me, la televisione sarà completamente cambiata, irriconoscibile. Vogliamo consentire a qualche pattuglia di esplorare il futuro?" La conclusione è di nuovo sulla situazione politica attuale, e sul suo parallelo con quella del 1992, post-tangentopoli: "Il tradimento del movimento referendario che fu attuato allora, spianò la strada a Berlusconi. Oggi la situazione è diversa, c'è la rottamazione oppure il cambiamento totale di Grillo. Io credo che entrambi abbiano una forte vocazione democratica, quindi mi sento tranquillo. Temo però che loro passino come meteore, per farci poi trovare in una situazione tipo Weimar. Credo comunque che anche lo sguardo delle persone possa cambiare la società: le persone vanno coinvolte. Il nostro compito è raccontare, ma dobbiamo farlo in modo talmente avvincente così che un numero alto di persone ci guardi: è così che si evita di creare una zona grigia di disinteresse".