I commissari passano, ma Il commissario Rex resta sempre lo stesso. E il pubblico che ha imparato ad amare il cane poliziotto in TV può tirare un sospiro di sollievo anche nella sesta stagione (la sedicesima totale, la sesta da quando la produzione è anche italiana), in onda su Rai Due in prime time a partire da lunedì 24 febbraio per cinque serate in anteprima italiana.
La serie, creata da Peter Hajek e Peter Moser, ripropone una formula ormai collaudata ma con un passaggio di testimone: al posto di Ettore Bassi arriva Francesco Arca, il nuovo commissario Marco Terzani, appena trasferito nella Capitale. Il passaggio di testimone sembra quasi del tutto indolore perché la vera star della storia resta il miglior amico dell'uomo, capace di oscurare qualsiasi collega in divisa.
Le indagini si svolgono principalmente a Roma, ma hanno anche qualche appendice fuori sede e fanno incursione nelle location più diverse, da un campus universitario online al nord al parco di divertimenti Magicland. La squadra incaricata di risolvere i vari casi resta la stessa: Domenico Fortunato dà il volto all'imbranato ispettore Alberto Monterosso e Pilar Abella alla collega ispettrice Katia Martelli. Li supervisiona Augusto Zucchi, l'integerrimo questore Filippo Gori. I metodi, si sa, spesso vengono modellati, invece, sulla personalità e sulle abilità del commissario.
Il vicequestore aggiunto Terzani ha un passato affascinante. La sua peculiarità riguarda la lotta al narcotraffico in Sud America, dove ha trascorso gli ultimi anni, che rende la carriera piuttosto sui generis e gli fornisce una serie di competenze insolite e quindi utilissime durante le indagini. È abituato a lavorare sul campo sotto copertura e non ha alcuna remora a tornarci per accelerare il processo investigativo. Passa con disinvoltura da un personaggio all'altro convincendo istantaneamente l'interlocutore della propria buona fede. A suo dire è bravo in due campi: "Tirare di box e riconoscere le droghe". In realtà le sue doti vanno ben oltre la preparazione atletica, anche se uno dei suoi momenti preferiti della giornata è proprio l'allenamento al sacco, che ha installato nella nuova casa. Casa galleggiante, per essere precisi, visto che ha deciso di trasferirsi su un barcone del Tevere con un piano dedicato interamente alla palestra personale. Di origini toscane, schietto e buongustaio non ha il minimo problema d'inserimento in caserma. Conquista le colleghe donne con uno sguardo sornione ed entra in sintonia con Monterosso alternando le lezioni teoriche di spagnolo a quelle pratiche di cucina. "Noi toscani teniamo al nostro passato", dice in una scena in cui sciorina uno dei detti locali.
Il questore, invece, cerca di tenerlo in riga con frasi del genere: "Sulle Ande le avventurette da 007 ci potevano stare". Prova, insomma, a fargli seguire metodi più ortodossi e meno pericolosi, ma non sempre ottiene lo scopo. Aria di novità
Un aspetto fondamentale nella riuscita della serie resta il legame tra Rex e il commissario: dalle prime puntate si nota una buona affinità di coppia, basata sul gioco e sulle coccole. Francesco Arca punta sull'aspetto da duro del personaggio, mentre il collega a quattro zampe riesce a tirar fuori da Terzani un lato quasi tenero. L'interazione tra i due convince e appassiona lo spettatore già affezionato alle dinamiche investigative delle passate stagioni.
Non si notano bruschi cambi di rotta né imbarazzi: il racconto procede spedito su nuovi binari senza troppe spiegazioni. Un metodo collaudato
Il "prodotto Rex", quindi, non riserva sul resto particolari colpi di scena né sorprese. Persino le indagini si adagiano sui luoghi comuni della fiction poliziesca e non poteva mancare, ad esempio, la battuta di Terzani a cui gli spettatori sono abituati dopo anni e anni di visioni: "Certe volte - dice guardando un vuoto sulla parete dell'ufficio della vittima - quello che manca è più importante di quello che c'è".
La sesta stagione prosegue una gloriosa tradizione, con i ritmi rassicuranti e la solita enfasi drammatica accentuata dalla fotografia carica e dalla colonna sonora satura di pathos. Le puntate sono un appuntamento fisso irrinunciabile, come la cena con i parenti con cui a volte si litiga: non sono perfetti, è vero, ma restano comunque la tua famiglia.