Uscire dalla zona di comfort. Sfidare se stessi, sfidare i percorsi già tracciati e quindi perdersi, ammaliati da un viaggio unico. Lo dice direttamente l'autrice, raccontando il suo libro di debutto: "volevo una vacanza insieme al mio compagno Mauro. Qualcosa di facile. E invece mi sbagliavo: Bali è stata un'esperienza inaspettata e imprevedibile". Chiara Milani, che lavora come script supervisor (o se volete come segretaria di edizione) sui set di grandi produzioni (da Paolo Genovese a Ferzan Ozpetek) ha raccolto le sue trasvolate intercontinentali in un libro, Questa non è una guida a Bali (edito da Solferino).

Un'opera d'avventura, ritmata dagli incontri, dai luoghi descritti, dalla spiritualità e dalla bellezza. Un cammino che non può prescindere dalla scoperta, e quindi legandosi ad un mistero che ha pochi legami con il turismo di massa. "C'è una critica implicita ad un certo turismo, e ad una certa voracità", dice Chiara Milani, durante la nostra intervista. "Viviamo esperienze senza metterci in discussione, ed è un turismo che corrode. Quando viaggi lasci un impronta. Sentendomi responsabile in qualche modo ho scritto un libro per placare il senso di colpa. Sono stata a Bali sette anni fa, per poi tornarci più volte. Ho visto pezzi di giungla spariti negli anni. È stata una sensazione forte, le scelte che facciamo sono determinanti rispetto al luogo che scegliamo di visitare".
Questa non è una guida a Bali: intervista a Chiara Milani

Un turismo ossessivo, che poco si sposa con il concetto di viaggio, e quindi con l'idea di rallentare e ragionare, rimarcata dal libro di Chiara Milani. "Il desiderio di voler rallentare e staccare è un desiderio, poi però finiamo sempre per pianificare le giornate. Ma spesso le cose non vanno secondo i piani perfetti, soprattutto durante i viaggi. Il meteo, gli imprevisti, o uno stato d'animo. Durante il mio viaggio mi sono ritrovata fare i conti con un senso di inadeguatezza, ma Bali si è mostrata per quella che è. Uno specchio che ti restituisce te stesso".
E ancora, "Non è stata un'esperienza come credevo sarebbe stata. Cercavo una vacanza, una fuga con l'aria condizionata. Ma nel viaggio, se sei fortunato e predisposto, accade qualcosa che non avevi previsto. Bali mi ha permesso di sperimentare che il cambiamento non può essere facile. Cambi quando affronti il disagio. Quando vai dall'altra parte del mondo comprendi anche la fortuna di essere nata in un Paese che offre agio, tutto sommato. Bisogna però imparare a vivere l'inaspettato".
Una continua scoperta, Bali: "Nonostante andassi lì da anni, indossavo in modo sbagliato il sarong, un indumento sacro, che è una sorta di pareo colorato. A Bali hanno una spiritualità umile ma concreta. Indossavo il sarong legandolo in vita. Un ragazzo poi mi ha spiegato come indossarlo, ovvero: va stretto attorno alla vita. Perché quando si entra in un luogo sacro dobbiamo tenerci per noi il bagaglio di negatività. Se pensi a come viviamo, sfogandoci sugli altri, è qualcosa di forte".
Il mestiere del cinema

Chiara Milani, classe 1989, ha lavorato e tutt'ora lavora attivamente su diversi set (da Diamanti alla serie I Leoni di Sicilia) e conosce bene il significato di sacrificio e impegno. "Vivo con orgoglio la mia generazione, perché rispetto a quella precedente ha faticato di più per ottenere qualsiasi cosa. Difficoltà che non ho solo io, ma anche i miei amici che fanno altri lavori, con altri stipendi. Penso banalmente al mutuo che non ti viene dato. Ci avviciniamo ai quarant'anni in modo molto affaticato, senza concederci il gusto del tempo. Se diventi mamma non puoi lavorare, per dire. Ma questo non vale solo per le donne. Fatica chiunque. La nostra è una generazione sacrificata, e proprio per questo è una generazione più consapevole. Vedo con quanta fatica i miei coetanei hanno costruito qualcosa nelle loro vite. E questo mi rende orgogliosa".
Ancora più difficile se poi il mestiere svolto ha a che fare con l'arte, non propriamente inteso come un vero e proprio lavoro. "Non è responsabilità di nessuno se il cinema non è considerato un vero lavoro, credo sia ignoranza. Ci sono persone che non conoscono la fatica dietro il set. Quando mi trovo a girare in piccoli centri il primo giorno sono tutti un po' scettici, poi passano i giorni e mi dicono: "non sapevo che questo lavoro fosse complicato". Si conosce poco il mestiere. Un lavoro profondamente legato all'aspetto artigianale, un lavoro fatto di rinunce, avendo poco tempo libero. Se inizi a vent'anni devi essere disposto a rivoluzionare la tua vita. E una scelta di vita non è mai semplice".
La responsabilità di una segretaria di edizione
Tutt'altro che semplice il suo lavoro: la segretaria di edizione ha il compito di monitorare la continuità del film, dalla sceneggiatura fino ai piani di lavorazione e la messa in scena. "Il livello di attenzione deve essere costante", confida. "Se si tratta di una serie, poi, il livello di attenzione lo devi tenere per sei mesi. Mentalmente è una delle figure con le più grandi responsabilità. La segretaria di edizione ha poco riconoscimento. E ti posso assicurare che molte persone sul set non conoscono gli aspetti che questa figura deve coprire. Un aiuto regista non è per forza un buon regista o viceversa, ma la segretaria può esserlo, perché segue tutte le fasi della produzione del film. Un livello d'attenzione che mi porto nella vita di tutti i giorni". Il passo, quindi, è un possibile debutto come regista? Prima di rispondere, Chiara Milani fa una breve pausa e dice: "Bali mi ha insegnato una cosa: non bisogna fare programmi".