Paul Vecchiali al Napoli Film Festival 2012: Corpo, cuore, cinema

Il pubblico del Napoli Film Festival ha incontrato oggi Paul Vecchiali, che ci ha parlato di uno dei suoi film più importanti e amati: quel 'Corpo a cuore' che parla dell'amore, della morte, dell'ossessione e della potenza del sentimento.

Un amore totale, disperato, totalizzante, è il centro attorno a cui ruota tutto Corpo a cuore, una delle opere più intense e significative della cinematografia di Paul Vecchiali, oggi ospite al Napoli Film Festival per la rassegna Parole di Cinema. L'autore francese, estremamente prolifico ma praticamente sconosciuto dalle platee internazionali, a fronte di un generale apprezzamento tributatogli dai cinefili e dai colleghi registi, ci ha introdotto alla sua poetica cinematografica. Il suo è un cinema ricco di suggestioni, che gli provengono sì dalla sua esperienza personale, ma sono soprattutto scaturite dalla convinzione che l'arte debba lasciare qualcosa in sospeso, perchè sempre passibile di interpretazione, e trovi il suo senso anche negli occhi di chi guarda, in contrapposizione con quel cinema americano degli ultimi decenni dominato dall'ansia di spiegare tutto. Un giovane irruento che forse per la prima volta scopre il vero amore, una donna matura, indipendente, restia a farsi trascinare in basso dalla passione, temendo lo squallore della mancanza di sentimenti o forse, ancora di più, la possibilità di essere felice, sono i protagonisti che hanno conquistato la platea di Napoli e che, proprio per la loro natura ambigua e profondamente umana, hanno scatenato un appassionato dibattito.

Come è nato questo film?
Paul Vecchiali: Questo è un film per me molto importante, e voglio iniziare dicendovi che un film è un po' come la pittura: quando guardiamo un quadro noi vediamo una sintesi, di cui possiamo fare un'analisi. I film non vengono ben letti se non da finiti. L'istinto dello spettatore è quello di fare un'analisi a poco a poco, mentre si guarda, invece è un atteggiamento molto pericoloso: meglio aspettare.

Come lo ha pensato e immaginato nella sua mente prima di iniziare le riprese?
Paul Vecchiali: Le riprese sono durate nove mesi, e per realizzarlo praticamente non avevo soldi. L'idea del film è venuta perché a me, che ho un passato da ingegnere, era stato chiesto di fare un film "industriale". Ma lo spunto mi è venuto dopo aver immaginato una scena che per me era essenziale: quella in cui Jeanne Michelle invita Pierrot a cena e gli dice "ti ho invitato a cena, non a venire a letto con me": Lei è una donna con una forte personalità, femminista, che sa di avere il diritto di fare le proprie scelte, e di non concedersi quando lo vuole l'uomo. Nel film poi lo dirà anche: "ho sempre voluto essere indipendente, ma forse avevo torto".

Forse il suo atteggiamento è anche dovuto all'irruenza di lui, che le dice "ho bisogno di toccarti"?
Paul Vecchiali: Si, ho voluto mettere una certa distanza tra loro. Anche se Pierrot per me si avvicina alla figura di Cristo, anche attraverso le immagini, come ad esempio quella in cui è in lacrime, e la prostituta si prende cura di lui. In un film ritengo essenziale la scrittura: è un aspetto per me fortissimo, non riesco ad immaginare un film senza la scrittura. Fare campi e controcampi su di lui, anche questo mi interessa: ma sempre preservando una coerenza con la scrittura, che è armonia e disarmonia, e infatti dà vita a scene brevi, ritmate, per poi arrivare ai piani sequenza. E' come nella musica, è questo spirito che mi ha guidato.

La storia è in parte autobiografica?
Paul Vecchiali: Io ho vissuto una scena quasi uguale a quella del "sesso interrotto" a casa di Jeanne Michelle. Dopo quel momento ho pensato che dovevo rimettermi in corsa, e che quell'avventura era stata per me molto importante, perché prima non conoscevo affatto le donne.

Perché Jeanne decide di morire per avvelenamento, e quindi volontariamente?
Paul Vecchiali: Noi non sappiamo niente su questa morte, avevo scelto di non spiegarla. Forse perché il suo amore si è rivelato troppo forte, per questo ha deciso di morire. O forse non voleva farsi vedere morire, se era veramente malata come sosteneva, o forse aveva paura del dolore, o forse ancora della vecchiaia. Ci sono tante possibilità: il finale è aperto. Io dico sempre che lo spettatore deve portarsi un po' di lavoro a casa.

Ha parlato di armonia e disarmonia, ma nel film è forte anche il tema dell'amore contrapposto alla morte.
Paul Vecchiali: Si, per me l'amore va aldilà della morte, tanto che Pierrot rivede Jeanne viva, non ne accetta la morte, fa rientrare la donna amata nella vita così come succedeva nell'antichità. Io credo che quando qualcuno vive nella memoria di un altro, in realtà non muoia. Non è possibile giocare con la memoria, però, senza tenere conto del presente, che crea una memoria diversa ogni giorno.

Nel suo film ha voluto fare un ritratto delle diverse emozioni della vita?
Paul Vecchiali: Si, infatti l'armonia e la disarmonia non sono solo all'interno della storia, ho cercato di usarle anche nello stile del film, nella messa in scena. Ad esempio quando lei esce dal negozio, si vede in controcampo con questo bel vestito lilla: è una scena di grande armonia. Poi arriva alla sua macchina, che è di un arancione orrendo, e il contrasto è stridente. Lì c'è una forte disarmonia, e infatti anche l'operatore non capiva il perché di quella scelta. Lo stesso vale nel caso della scena in cui Jeanne danza per la casa, poi apre la porta e si trova faccia a faccia con Pierrot travestito da mostro. Tutto il film è così, ci sono momenti comici e poi si piange, ci sono le contraddizioni: "corpo a cuore" può essere anche un colpo al cuore, a seconda di quello che lo spettatore deciderà.

Quali sono i suoi legami con i cineasti francesi della Nouvelle Vague?
Paul Vecchiali: Io amo molto Jean-Luc Godard, che si è basato molto su Corpo a cuore per il suo Passion. Ha ripreso la stessa musica, gli stessi movimenti di macchina. In senso generale, io credo che questo sia il tipo di critica più vero: per fare la critica di un film, bisogna fare un altro film.

Lei è molto amato dai registi, da Truffaut a Godard a Pasolini. Come vive questa ammirazione, in contrasto con il suo essere poco conosciuto dal pubblico?
Paul Vecchiali: Quando facevo l'ingegnere ero nel Genio Civile, e il mio mestiere era quello di aprire le strade. Nel cinema si è rivelata la stessa cosa. E' significativa in questo senso la storia di Femmes femmes, di cui Pasolini e tanti altri registi erano entusiasti, ma che ha fatto pochi incassi, forse perché era troppo avanti.

Il suo film è anche un'affermazione dell'amore, una sorta di sfida alla donna emancipata che viene vinta dall'amore di lui? C'è anche, verso la fine, una predominanza del bianco, quasi fosse una luce che illumina i loro ultimi momenti insieme.
Paul Vecchiali: E' molto bella questa interpretazione, e non so se posso rispondere, perché l'argomento è molto complesso. All'inizio il film è legato al rosso, poi al blu, e alla fine al bianco, che è un colore che non esiste, è il colore dell'assenza, della morte. Io nei film amo la dialettica. Come nella scena in cui i due amanti sono in spiaggia, e lui le muove delle critiche molto dure sul suo aspetto, dicendole che ormai è vecchia, mentre la telecamera si sposta lungo il corpo di Jeanne Michelle che invece è magnifico. Lui potrebbe essere ironico, ma anche comportarsi così per proteggere i suoi sentimenti. E' questo quello che mi piace nel cinema, il fatto di non sapere mai la verità, né del testo né delle immagini. Una volta un critico ha intitolato un articolo che aveva scritto su di me "Sconvolgimento e terremoto", ed è una definizione che per il mio cinema mi piace moltissimo. Il film di Godard era lineare, senza incertezze, invece nei miei film i dubbi ci sono sempre.

Quanto ci mette di suo nei propri film, in termini di musica e dialoghi?
Paul Vecchiali: Non c'è nulla di autobiografico, a parte la scena di cui ho già parlato. Per il resto è tutta immaginazione. La prima scena che ho pensato è stata quella della morte, e quindi prima di tutto musicalmente è venuto il Requiem. Il film si è trasformato a poco a poco, all'inizio tutte le scene girate nel sud della Francia dovevano essere in periferia, ma poi sono riuscito ad avere un po' di soldi e a trasferire la troupe. Nel frattempo stavo facendo dei lavori nella mia villa, Mayerling, e per girare li interrompevo, in modo che non disturbassero: questo è un film molto legato alla mia casa.

Nel film c'è anche un discorso sociale? Aldilà dei due protagonisti, che appartengono a due ceti diversi, Marcelle parla di un mondo che sta finendo.
Paul Vecchiali: Non credo di aver mai fatto un film senza partire da un punto di vista sociale. Ci sono due significati: proprio quelli che hai detto tu. I personaggi della strada sono quelli di Prévert, o del cinema francese del passato. Quel mondo stava effettivamente finendo: la vita di quartiere, quella complicità non sarebbe più stata possibile nei grandi complessi residenziali.

Un po' come la riflessione di Jacques Tati sulla scomparsa della comunicazione?
Paul Vecchiali: Si, mi piace molto questo accostamento.

Perché ha scelto di rappresentare l'amore in un modo così distruttivo? E come mai Pierrot si innamora di una donna molto più grande di lui e non di una coetanea?
Paul Vecchiali: L'amore non si può spiegare, forse Pierrot si innamora di Jeanne Michelle perché lei rappresenta un universo per lui irraggiungibile. E' un colpo di fulmine il suo, e probabilmente all'inizio lui crede di amarla solo per il desiderio che prova per lei, per poi innamorarsene veramente con il tempo. L'amore è più forte quando non è ordinario e banale.

L'atteggiamento di Jeanne non è forse troppo crudele? Lei a un certo punto ammette anche di aver manipolato Pierrot: perché deve togliergli la gioia del loro amore?
Paul Vecchiali: L'amore è crudele, in generale. Se l'amore può essere vissuto nel tempo, allora diventa più dolce, e forse lei ha paura proprio di questa dolcezza, ha paura dell'amore assoluto di Pierrot. La sua cattiveria è una forma di protezione nei confronti di se stessa, o forse anche nei confronti di Pierrot, per impedirgli di soffrire per lei.

Pierrot è un personaggio che vive nel presente, mentre Jeanne gli nega di essere imprevedibile. E' questo che lo attrae in lei?
Paul Vecchiali: Si, è proprio così. Pierrot è un dongiovanni, amato da molte donne. Quando lei lo rifiuta, allora fa scattare in lui la voglia di possederla, e Pierrot cerca di difendersi da questo sentimento attraverso le altre donne, correndo dalle sue ex, facendo loro e facendo a se stesso del male. Cerca di dimenticarla, ma non ci riesce. E il suo amore totale fa sì che anche le persone intorno a lui scoprano qualcosa sugli altri: come quando si solleva un sasso in giardino, e il terreno, sotto, è pieno di vermi.