Il documentarista francese Luc Jacquet è passato anche per Roma per presentare La marcia dei pinguini, e ha risposto alle domande dei cronisti incuriositi da questo piccolo "caso" cinematografico. Il film, come ormai in molto sanno, racconta le singolari e spaventose peripezie che i pinguini imperatore devono affrontare per riuscire a riprodursi.
Per prima cosa, Jacquet si dichiara molto soddisfatto del "doppiaggio" del film (l'audio-commento di Rosario Fiorello) e ringrazia la distribuzione italiana.
Come è nata l'idea per questo film?
Il mio interesse per questa storia è nato dodici anni fa, quando feci il mio primo viaggio in Antartide e scoprii il popolo dei pinguini imperatore: un'esperienza che mi cambiò la vita, perché mi decisi ad abbandonare la biologia per diventare documentarista e raccontare questi pinguini. Per diversi anni ho parlato di questa epica "marcia" in diversi documentari.
Ci sono state difficoltà nelle riprese subacquee e non?
Beh, le difficoltà sono state soprattutto quelle nello scovare chi ci finanziasse: considerato il soggetto non era facile convincere un produttore. Per quanto riguarda le riprese, sicuramente l'Antartide non è un ambiente facile, e realizzare il film non ci sarebbe stato possibile se nza l'aiuto dell'Istituto Polare francese che ci forniva cibo, rifugio e soccorso medico qualora necessario.
Questo non è stato girato come gli altri film, perché non siamo mai stati noi a decidere quando e cosa girare ma l'Antartide e i pinguini. Eravamo in balia del clima, in particolare il problema era il vento, che a tratti impediva di tenere in piedi l'attrezzatura, e anche camminare era difficile. Le riprese sottomarine sicuramente hanno rappresentato un mondo a parte: la temperatura dell'acqua era più alta quindi abbiamo spesso potuto immergerci, anche se i nostri cameramen non erano certi di poter riemegere quando avessere deciso di farlo. Le riprese non sono affatto ritoccate, è tutto reale, anche la velocità incredibile delle creature natanti.
Nel film sono presenti scene molto drammatiche e cruente - che sono la realtà e quindi vanno mostrate - ma non pensa ci sia troppa violenza per un film destinato alle famiglie?
Io stesso ho visto il film con mia figlia di cinque anni, quindi ho avuto un immediato riscontro. Non bisogna nascondere le cose hai bambini,; tra l'altro succedono cose ben più violente di quelle che sono mostrate nel film. Spero di essere riuscito a trovare un equilibrio senza nascondere la realtà della morte ai bambini.
La ripresa (impressionante) delle fauci dell'otaria come è stata girata?
Grazie a un cameramen molto coraggioso che si è avvicinato all'otaria. Conosco bene anche questa specie, a cui pure ho dedicato un documentario. Bisogna rimanere nell'acqua insieme all'otaria per un'ora ed evitare i suoi attacchi. Passata un'ora, inizia a "rispettare" l'uomo, diventa docile e si lascia avvicinare.
Mi è sembrato un po' invadente il commento parlato che banalizza la metafisica dell'immagine, e mi sembra che a volte scada nel linguaggio televisivo e gergale. La versione originale è con tre commentatori...
La scelta dell'adattamento è importante perché la voce narrante era necessaria per questa storia in qualche caso non bastano le immagini: senza una spiegazione lo spettatore non potrebbe capire quali distanze percorrono i pinguini, o quanto tempo digiunano. Senza nulla togliere alla poesia delle immagini. La scelta di un unico narratore ricalca quella americana, in cui il commento è di Morgan Freeman.
Lei sia aspettava un successo simile per questo film?
Ancora mi chiedo come sia stato possibile. E' vero però che questa è una storia potente e bellissima, e il pinguino è un animale dotato di una simpatia naturale, che ha sempre attratto gli esseri umani.