Torna con la terza e ultima stagione la spiazzante comedy cinica sull'amore, Love, creata per Netflix da Judd Apatow, Paul Rust e Lesley Arfin. E siamo convinti che moltissimi di noi, nel vedere quella locandina da fiaba metropolitana e la promessa di un ritorno a breve, scalpitavano per sapere se Gus e Mickey sarebbero riusciti a rimanere insieme. Due giovani non particolarmente simpatici, che forse non vorremmo come amici, ma a cui non possiamo non appassionarci fino all'ultimo minuto dell'ultimo episodio.
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Mickey e Gus ci provano
E c'inteneriamo nel constatare come facciano del loro meglio per far crescere la loro coppia apparentemente così mal assortita. Mickey, una diafana e addolcita Gillian Jacobs, non tocca una bottiglia da mesi, e si presenta nel suo gruppo di sostegno come dipendente dal sesso e dall'amore. Quando declina con sensibilità la proposta di Gus di un amplesso, perché nella bicocca in cui li ha portati l'amico Randy le lenzuola potrebbero essere infette, capiamo che è cresciuta. Adesso la sua priorità sembra quella di confessare sempre tutto all'altro, dall'alitosi mattutina al bicchiere di vodka tonic, ordinato in un attimo di debolezza e poi rifiutato. Sarà per quest'onestà perseguita a tutti i costi che Mickey, ovunque vada, è accompagnata dai drammi, e che le serate con lei finiscono sempre con grandi scenate: è il motivo addotto da un'ex amica di dipendenze, neomamma, che adesso evita la sua compagnia.
Gus invece, uno scoordinato e timoroso Paul Rust, nella vita sembra essersi prefisso lo scopo opposto: quello di evitare i drammi. Sfruttato e bistrattato, acconsente a qualsiasi richiesta lavorativa; e sul pullman che lo porta in giro per le case dei film horror si chiede se la telefonata di Mickey malata non sia in realtà un test di coppia, e se debba tornare di corsa a casa per assisterla. Intrappolato tra l'incapacità d'imporsi e il desiderio di compiacere l'altro (e in fondo anche di farlo stare meglio), Gus sembrerebbe cresciuto meno rispetto alla compagna. È premuroso, ma mai nel modo opportuno: torna con il Gatorade sbagliato e col peluche di un delfino a cui presta una vocina che non fa ridere. "Scusi, faccio lo scemo per far ridere la mia ragazza". "Non funziona". "Lo so". In questo buffo e malinconico scambio con un negoziante che l'ha redarguito, qualche episodio più avanti, è racchiusa la personalità di Gus. Eppure Mickey a tratti sembra intenerita dalla sua goffaggine: a lei riesce più naturale, imprevedibilmente, la parte della fidanzata, perché se concede il suo affetto non lo fa per piaggeria o insicurezza. Ed è vero che il pressapochismo di lei e la pedante ipocondria di lui cozzano spesso, ma se dopo aver vomitato si ritrovano seduti sul pavimento del bagno a dirsi: "Ti amo", per di più nel bel mezzo di un litigio, significherà pure qualcosa. Semplicemente, il loro romanticismo segue altri schemi.
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Anche gli amici s'impegnano
Senza dubbio un personaggio per il quale il romanticismo segue altri schemi è Randy (Mike Mitchell), l'amico di Gus obeso e indolente, perdutamente innamorato di Bertie (Claudia O'Doherty) ma in grado di dirle, nella magica seratina a sorpresa per il suo compleanno, che ha dovuto aggiungere qualche candela profumata per coprire "l'odore di merda", dato che si sta preparando a una colonscopia. E mentre Bertie lo guarda sconsolata russare con la bocca aperta, pensa che non è questa la vita che avrebbe voluto: pensa che non se n'è andata dall'Australia per ritrovarsi in una situazione meno soddisfacente, e che vorrebbe infrangere la propria "comfort zone", provare emozioni nuove. Magari con Chris (Chris Witaske), il loro amico muscoloso e sempliciotto, che le ha fatto trascorrere un compleanno insolito davanti a un incontro clandestino di wrestling, prima di decidere su incoraggiamento di Bertie di partecipare anche lui e di farsi picchiare con gioia.
Non sono particolarmente ambiziosi i personaggi di Love, ma nascondono tutti lo slancio a mirare un po' più in là della loro suddetta comfort zone: e diventare stuntmen, o dirigere un film anziché seguire le direttive di altri, o provare banalmente ad avere una relazione normale. Così Gus prova a girare un "dark thriller erotico" con gli amici, e al rumore di trapano del vicinato reagisce con la sportiva considerazione che il trapano in fondo può rappresentare un'allusione al sesso. Ma poi racconta a Mickey di non essere soddisfatto del risultato, e lei lo incoraggia a trattenere gli amici finché il lavoro non sarà veramente pronto. "Mi hai insegnato a fare il culo a tutti". "E tu mi hai insegnato a leccarglielo". Quanta gratitudine nel riconoscere la loro complementarità, e anche come un difetto dell'uno possa diventare un pregio per l'altra. Mickey insegna a Gus tante cose: per esempio, che spacciarsi per chi non si è non porta lontano, soprattutto con la propria famiglia; e che chiedere scusa quando si è superato il limite può essere liberatorio.
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Tutti a un certo punto impazziscono
Commentati dalle canzoni degli Eels e di altre band sempre appropriate, i personaggi di Love sono tutti significativamente uniti dallo stesso bisogno: quello di amare e di essere amati. E dalla continua tendenza all'autosabotaggio: Mickey teme di mandare tutto in malora con Gus, e Gus ha paura di risultare "come un piatto di maccheroni", che piace all'inizio ma poi risulta indigesto. E quasi tutti a un certo punto della serie sembrano avere un crollo emotivo. Il Dottor Greg Colter (Brett Gelman), il viscido psicologo che elargisce consigli petulanti alla radio in cui lavora Mickey, alla presentazione del proprio libro finisce per essere lui quello psicanalizzato, in una delle scene più gustose di questa stagione. E la giovane attrice Arya (Iris Apatow), viziata come i colleghi coetanei che ordinano cibo senza glutine e recitano con lei nella serie horror adolescenziale "Wichita", a un certo punto ha "una crisi isterica su Instagram", e pubblica selfie disperati a ripetizione. Bertie, uno dei personaggi più sfiziosi e surreali di Love, sbraita contro gli amici addirittura nel primo episodio. Gus insulta con urla e inseguimenti un autista che guarda il cellulare al volante; la sua ex fidanzata (Vanessa Bayer), incontrata dopo anni a un matrimonio, si ubriaca e canta sguaiatamente le Bangles, per poi confidare la sua tristezza a Gus prima di addormentarsi, in uno dei finali più teneri della stagione.
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Tutti i personaggi, dall'autista del tour horror ai registi di "Wichita", sembrano trattenere un astio e una frustrazione che alla fine li fanno esplodere. E in questo sfogo generale la più equilibrata è Mickey: proprio lei, l'ex alcolista dipendente dal sesso e dall'amore, capisce che per integrarsi con la famiglia di Gus deve cantare a squarciagola in chiesa; ma rivendica comunque il valore dell'onestà, così come il suo continuo sforzo a migliorarsi. E nella paura costante di sabotare sé stessa, finisce per fare il contrario.
In questa stagione, forse più romantica e meno graffiante delle precedenti, si continua a ridere del disagio di tutti; a volte si ripetono situazioni già tratteggiate, ma la maggiore coralità consente che ci si affezioni di più a ognuno e che si dedichi più spazio a personaggi meravigliosi come Bertie. E ridendo dell'inadeguatezza di Mickey come adulta, di Gus come regista, di Randy come fidanzato e di Greg come psicologo, esorcizziamo i nostri obiettivi mancati, la nostra ritrosia a crescere, il nostro rimanere avviluppati nella comfort zone di anni e anni. Ridiamo di noi stessi, imperfetti e immaturi, e forse è per questo che di Love abbiamo bisogno.
Movieplayer.it
4.0/5