È stato uno dei fenomeni della scorsa annata televisiva: magari non dal punto di vista critico (del resto, limiti e difetti di questa serie saltano all'occhio fin da subito), ma di sicuro sotto il profilo degli ascolti, con nove milioni di spettatori negli Stati Uniti per gli ultimi episodi e un season finale, È tutta colpa mia, che non ha risparmiato al pubblico colpi di scena a profusione ed un clamoroso cliffhanger proprio nella sequenza di chiusura.
Quasi sette mesi più tardi, ripartiamo proprio da lì: dall'omicidio di Rebecca Sutter (Katie Findlay), la "ragazza del mistero" soffocata a morte nello scantinato della villa di Annalise Keating (Viola Davis), dopo che gli allievi/assistenti dell'avvocato di Philadelphia avevano sequestrato e legato la giovane, a conoscenza di segreti che avrebbero potuto rovinare le esistenze di tutti i membri del cosiddetto Keating Five. Un cadavere ingombrante, quello di Rebecca, provvidenzialmente fatto sparire su ordine di Annalise dal suo braccio destro, Frank Delfino (Charlie Weber), all'insaputa degli studenti della professoressa Keating... ciascuno dei quali con un ottimo motivo per essere in preda al panico.
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Il club del delitto
A It's Time to Move On spetta il difficile compito di riprendere le fila del discorso interrotto con È tutta colpa mia innestandovi però i nuovi subplot su cui sarà basata questa seconda stagione de Le regole del delitto perfetto, con quindici nuovi episodi suddivisi in due sezioni. E Peter Nowalk, creatore del serial sotto l'egida della produttrice Shonda Rhimes, nonché sceneggiatore della prima puntata, riesce con discreta abilità ad amalgamare, in poco più di quaranta minuti, una pluralità di sottotrame, di personaggi, di sospetti e di rivelazioni. Del resto, la principale ragione di fascino de Le regole del delitto perfetto rimane proprio la sua natura da puro divertissement a tinte gialle: la serie della ABC, in fondo, non è che una gustosa rivisitazione televisiva del gioco Cluedo, in cui l'indagine canonica risulta costantemente complicata da un'infinità di nuovi elementi e di variabili impazzite.
Almeno un mistero, comunque, gli autori decidono di scioglierlo fin da subito (e non è certo un mistero da poco): l'assassinio di Rebecca. Mentre i membri del Keating Five tentano di contenere l'ansia e si interrogano sulle prossime mosse della ragazza, credendola viva e vegeta e in fuga, Annalise studia attentamente la situazione fino a scoprire la verità: a uccidere Rebecca è stata Bonnie Winterbottom (Liza Weil). Sì, proprio lei, l'indimenticabile Paris Geller di Una mamma per amica, stretta collaboratrice di Annalise ma anche figura infida e sfuggente, ritenuta fino all'ultimo la più probabile colpevole per la morte di Lila Stangard. E già qui It's Time to Move On desta le prime perplessità: perché se un'eventuale colpevolezza di Bonnie per il precedente omicidio sarebbe stata coerentissima con le motivazioni del personaggio, l'omicidio di Rebecca appare un avvenimento forzato e non necessario... insomma, un semplice colpo di scena per lasciare con il fiato sospeso gli spettatori. Ma a destare abbondanti dosi di scetticismo è soprattutto la seguente considerazione: sia Frank che Bonnie, entrambi gli "alfieri" di Annalise, sono degli assassini. E d'accordo che ci troviamo in un murder mystery, ma i criteri della signora Keating nello scegliere i propri colleghi appaiono quantomeno discutibili (per non parlare poi della scelta dei suoi assistenti...).
Ritorno di fiamma per Annalise
E proprio su Annalise è giusto soffermarci: d'altra parte, è lei l'anima de Le regole del delitto perfetto, in primo luogo in virtù della sua interprete. Viola Davis, lo sappiamo tutti, è un'attrice formidabile, e in più occasioni, nella passata stagione, ha sopperito alle carenze di scrittura del personaggio con l'intensità e la finezza della sua performance, capace di suggerire molto più di quanto non dicano le battute del copione. Una prova, quella della Davis, coronata pochi giorni fa dalla storica vittoria dell'Emmy Award come miglior attrice di una serie drammatica, la prima volta per un'interprete afroamericana (come la stessa Viola ha sottolineato nel suo discorso di ringraziamento). In It's Time to Move On, fin dalle prime sequenze, la sua Annalise si trova coinvolta in un serrato "braccio di ferro" con il suo allievo prediletto, Wes Gibbins (Alfie Enoch): fra i due è sempre intercorso un rapporto speciale, e la scena in cui Wes sfida apertamente Annalise, nel bel mezzo di un'aula universitaria, è un momento di notevole tensione.
Anziché reagire con la consueta durezza, questa volta la vedova Keating si dimostra fin troppo conciliante verso il ragazzo, invitandolo a seppellire i suoi rancori. E l'inflessibile avvocato, in un impulso di benevolenza a dir poco bizzarro, arriva addirittura a trascinare l'intero team in una folle notte in discoteca, con atteggiamenti, nei confronti di Wes, pericolosamente vicini a un flirt (ancora una volta, un sottotesto pseudo-erotico che gli autori buttano lì senza una vera ragion d'essere). Molto più convincenti delle "notti brave" di Annalise & company sono invece le sequenze che vedono la nostra "regina del foro" faccia a faccia con una sua conoscenza del passato: Eve Rothlow, una rinomata penalista a cui presta il volto Famke Janssen, new entry della seconda stagione. Fin dai loro primi dialoghi i conflitti irrisolti fra i due personaggi sono palpabili, e il duetto recitativo fra la Davis e la Janssen si fa apprezzare proprio per la capacità, da parte delle due attrici, di non strafare, mantenendosi su un registro che conferisce maggiore credibilità alla loro storyline. Ovviamente, pure su questo versante non manca il twist: un twist che si consuma con un bacio appassionato fra le due donne, che scopriamo essere state amanti nel passato (un'inattesa svolta saffica per Annalise) e provare ancora dei sentimenti l'una per l'altra. In che modo, tuttavia, la presenza di Eve influirà sulla relazione fra Annalise e Nate Lahey (Billy Brown), attualmente sotto accusa per un omicidio che non ha commesso?
Il Keating Five e il caso Hapstall
A rendere It's Time to Move On un episodio complessivamente solido e coinvolgente è l'equilibrio con cui Nowalk integra le varie componenti del racconto, riservando pure delle sequenze interessanti ad alcuni fra i membri del Keating Five. Oltre a Wes, ai ferri corti con Annalise, assistiamo alle schermaglie fra Laurel Castillo (Karla Souza) e Michaela Pratt (Aja Naomi King); quest'ultima, nel frattempo, è impegnata a rintracciare un fantomatico contatto del cellulare di Rebecca, che si firma con un sibillino Eggs911 (un ulteriore elemento di mistero con un buon potenziale per i prossimi sviluppi). All'ex seduttore Connor Walsh (Jack Falahee) sono dedicati invece un paio di momenti di romantica intimità con il fidanzato Oliver Hampton (Conrad Ricamora), affetto dal virus dell'HIV (benché tale subplot rimanga in sostanza scoordinato dal resto della trama). A far storcere il naso, invece, sono una regia (a cura di Bill D'Elia) connotata da virtuosismi un po' stucchevoli e il solito montaggio a tratti ipercinetico, che su un piano stilistico rimangono i punti deboli di una serie che non brilla per la raffinatezza della messa in scena. In It's Time to Move On, inoltre, ritorna il "caso della settimana", ma con un'apprezzabile variante: non più un plot verticale da esaurire nell'arco di una manciata di scene, ma una vera e propria storyline destinata a proseguire nelle prossime puntate.
Si tratta del processo a carico di Caleb e Catherine Hapstall (Kendrick Sampson e Amy Okuada), una coppia di fratelli adottivi accusati del massacro dei loro genitori. Tutti gli indizi sembrano puntare contro di loro, ma Annalise decide di assumerne la difesa (non prima di un'abile mossa per mettere fuori gioco il precedente avvocato) e verso la fine della puntata la principale testimone dell'accusa, Helena Hapstall (Joan McMurtrey), viene ritrovata assassinata nella sua auto. Per essere un singolo episodio, insomma, sembrerebbe esserci già molta carne al fuoco, ma non è finita qui: l'ultimo minuto, infatti, ci riserva ancora un'altra sorpresa, di sicuro la più spiazzante...
Un salto nel futuro, all'ombra di Damages
La prima stagione de Le regole del diritto perfetto era strutturata su un duplice piano temporale: fin dal pilot, la narrazione principale si alternava ad alcune sequenze in flashforward, creando così un meccanismo a puzzle volto a stuzzicare le attese del pubblico e ad alimentare la suspense. Un'impostazione molto intrigante che Nowalk ha replicato anche in questa seconda stagione, con una drammatica prolessi inserita in chiusura: pochi istanti in cui osserviamo Wes, visibilmente spaventato, allontanarsi di notte dalla maestosa dimora degli Hapstall. Uno stacco di montaggio ed eccoci all'interno del salotto della villa, con Annalise riversa sul pavimento, agonizzante, in un bagno di sangue. Chi ha tentato di uccidere Annalise e perché? È il nuovo mistero al cuore di una seconda stagione che riconferma la principale fonte di ispirazione per la serie della ABC: in termini di diacronie applicate ai canoni del thriller, infatti, il modello insuperato rimane senza dubbio Damages, il capolavoro televisivo con Glenn Close che proprio dall'ingegnoso utilizzo dei flashforward traeva gran parte della propria potenza narrativa. Le regole del delitto perfetto non può certo ambire ad eguagliare il magistero di Damages, ma questo colpo di scena conclusivo regala comunque ulteriori motivi di interesse nei confronti delle vicende di Annalise e dei suoi giovani assassini in erba...