Affezionato della laguna e amatissimo dai suoi avventori, Takeshi Kitano torna a lottare per il Leone d'oro alla Mostra del cinema di Venezia, dopo la presenza fuori concorso lo scorso anno con Glory to the Filmaker! Con Achilles and the Tortoise, il maestro giapponese chiude un'ideale trilogia autobiografica, cominciata nel 2005 con Takeshis', anch'esso presentato alla kermesse veneziana, che non gli ha certo portato fortuna: i primi due film non hanno infatti trovato una distribuzione italiana, nonostante il folto seguito che Kitano ha dalle nostre parti, e a questa sua nuova, folle opera tocca finora la stessa sorte, a meno di possibili premi che aprirebbero certamente nuovi scenari.
Dopo aver raccontato sé stesso e i suoi mestieri di regista e comico tv nelle due opere precedenti, con un estro rimasto per lo più incompreso, Kitano porta stavolta sullo schermo la sua passione per l'arte, raccontando la storia di un pittore, dall'infanzia all'età adulta, con evidenti accenni autobiografici e soprattutto con la presenza massiccia e fondamentale delle opere da lui stesso realizzate durante la sua vita. Risate e brividi alla proiezione veneziana di Achilles and the Tortoise che riconferma vitalità e creatività del maestro nuovamente in grado di esprimersi al meglio, in un film che dietro l'umorismo nasconde una proverbiale amarezza e che rappresenta una dichiarazione d'amore totale all'arte e un invito a esprimere sé stessi al di là dei giudizi altrui. Mai così convincente nelle sue ultime opere, la stella di Kitano torna a brillare al Lido, dov'è giunto accompagnato dalla co-protagonista, Kanako Higuchi, che nel film interpreta il ruolo della moglie fedele e partecipe della sua ossessione. Presente a Venezia anche con un altro film, Monster X Strikes Back: Attack the G8 Summit!, dove presta la voce a un dio buono invocato affinché salvi la Terra da uno spietato mostro gigantesco, il biondissimo Kitano ha quindi incontrato la stampa per parlare di Achilles and the Tortoise, accompagnato da Kanako Higuchi avvolta in un elegante kimono.
Signor Kitano, con Achilles and the Tortoise conclude una personale trilogia che ha visto protagonisti i suoi mestieri e le sue passioni. Com'è nata l'idea di questo artista maledetto che in un'intera esistenza non riesce mai a vedersi riconosciuto il proprio talento?
Takeshi Kitano: Nei miei precedenti film ho descritto il mio conflitto personale come regista e come personaggio televisivo. Stavolta, invece, volevo parlare d'arte, approfondire il rapporto che ho con la mia inclinazione artistica. Mi piacciono l'arte e i quadri e ho scelto per questo un pittore come protagonista di questa storia. I quadri presenti nel film sono tutte opere mie, quindi non sono affatto belli e non hanno alcun valore economico. Ho voluto utilizzare cose che ho dipinto io perché pensavo fosse più interessante e perché così rientravo in un budget basso. Volevo inoltre dimostrare che non serve avere successo come pittore, l'importante è che uno faccia quello che gli piace fare. In questo film ho voluto parlare della crudeltà dell'arte. Per il mio personaggio l'arte è una droga e per sentirsi realmente un artista ha bisogno di confrontarsi anche con la morte, ma questo non è affatto necessario affinché un artista sia tale.
Nel film torna spesso l'immagine della gallina. Attribuisce qualche significato particolare a questo animale?
Takeshi Kitano: Volevo che il film fosse caratterizzato da una tonalità di giallo e perciò la gallina mi è tornata utile, così come la stazione di servizio, i girasoli e gli altri elementi di questo colore che ho utilizzato. In questo senso mi sono lasciato ispirare dalla sensibilità di Van Gogh. La gallina è un animale domestico, ma non è il classico cane o gatto. Certo avrei potuto scegliere anche i canarini, ma poi ho optato per la gallina!
Se uno volesse acquistare uno dei suoi quadri come dovrebbe fare?
Takeshi Kitano: I miei quadri non godono certo di una buona reputazione, figurarsi se uno possa mai essere interessato a comprarli! Comunque sia, di tanto in tanto faccio una lotteria tra i miei amici e regalo le mie opere ai vincitori. D'altronde, molti dei dipinti che ci sono nel film mi sono stati prestati dagli amici ai quali li avevo regalati.
In patria è conosciuto soprattutto come comico televisivo, all'estero è osannato per i suoi lavori cinematografici. Cosa pensa lei di Kitano regista?Takeshi Kitano: Quando ho cominciato a fare questo lavoro ero interessato ad avere successo economico e delle buone critiche e ho quindi fatto di tutto per diventare un bravo regista. Ora invece mi trovo a un punto in cui mi sento semplicemente fortunato a fare quello che faccio. In Giappone i miei film non hanno successo, ma la mia casa di produzione non è certo sull'orlo del fallimento e se continuo a girare film significa che qualcosa riesco pur sempre a guadagnare anche lì.
Nutre speranze per una possibile vittoria del Leone d'oro con il suo film?
Takeshi Kitano: Sono stato quattro volte alla Mostra e ho già ricevuto un premio per la regia e un Leone d'oro. Sono perciò onorato anche solo di parteciparvi ancora una volta, un privilegio concesso a pochi registi al mondo. La Mostra di Venezia è diventata quasi un appuntamento fisso nella mia agenda annuale, ma questo dipende solo da una serie di coincidenze e dal fatto che il ciclo di produzione dei miei film fa sia che siano pronti sempre in concomitanza con la partenza del festival. Non pago nessuno sottobanco per essere presente qui, perciò ringrazio i selezionatori che mi hanno scelto ancora.
Kanako Higuchi, cosa ne pensa del suo personaggio?Kanako Higuchi: Quando ho letto la sceneggiatura non potevo credere esistesse una moglie così ubbidiente, mi sembrava ridicolo quel personaggio. Poi ripensandoci ho provato grande tenerezza per questa donna che segue il marito fino in fondo. Per me questo ruolo rappresentava un'occasione unica, perché non mi sarebbe mai più capitata la possibilità di lavorare con uno come Kitano.
Com'è stato lavorare con lui?
Kanako Higuchi: E' la prima volta che vengo a un festival internazionale con un mio film e ne sono lusingata e contenta. Questo è stato possibile solo grazie a Kitano. Sul set è un regista che non dice nulla agli attori, e perciò spesso ci troviamo in difficoltà perché non sappiamo che fare. Comunque, alla fine, se sono oggi qui è solo grazie a lui perciò non posso che ringraziarlo.