L'ultimo ospite del Lucca Film Festival 2023 è Kim Rossi Stuart. L'attore romano, notoriamente schivo, ha chiuso la kermesse lucchese ritirando il premio alla carriera e introducendo la sua terza fatica da regista, il western contemporaneo Brado, in cui interpreta un padre che si troverà costretto a riallacciare il rapporto col figlio dopo un infortunio. Ma l'attesa è grande per la serie heist Everybody Loves Diamonds, che debutterà il 13 Ottobre su Prime Video, in cui si racconta la storia del Colpo di Anversa, un eccezionale furto di diamanti messo a punto da una banda di ladri capeggiata da un criminale dalla mente fina (Rossi Stuart appunto), ma per il momento sullo show le bocche sono cucite così come per Il gattopardo, colossale adattamento del romanzo di Tomasi di Lampedusa targato Netflix.
Non è un mistero per nessuno che Kim Rossi Stuart sia approdato a ruoli più seri dopo una lunga militanza nei panni del bel principe Romualdo nella serie Fantaghirò, interpretata al fianco di Alessandra Martines, che gli ha dato il grande successo. Dopo varie stagioni, ci è voluto un po' prima che l'attore spiccasse il salto definitivo verso il cinema drammatico con Senza pelle di Alessandro D'Alatri, seguito da Cuore cattivo, successo di teatro che diventa un film di Umberto Marino. "Senza pelle è stato una svolta" spiega l'attore. "Venivo da Fantaghirò, però non mi divertivo a fare Romualdo. Non era quello che volevo fare da grande, ho anche pensato di smettere, di fare un altro mestiere. Sono passati sei mesi ed è arrivato il film di D'Altri che sembrava fatto su misura per me e per le mie necessità espressive. Me l'ha fatto sudare, c'era una certa resistenza. Ho dovuto sostenere un sacco di provini, ho resistito sei mesi, ho fatto un lavoro sulla postura che mi ha lasciato un tremendo mal di schiena. Ma alla fine li ho convinti".
Da Fantaghirò ai drammi d'autore
La bellezza è un dono, ma all'inizio della carriera Kim Rossi Stuart l'ha vissuta come un handicap, cercando di dimostrare il proprio talento al di là del suo bell'aspetto. "Ogni attore deve confrontarsi con il proprio aspetto estetico, altrimenti è complicato, ma da ragazzino non è stato facile" confessa. "Al provino Bellocchio me lo disse chiaramente: 'Hai questa bellezza...' Vaffanculo la bellezza, io volevo fare l'attore. A me poi sono sempre piaciute le persone scure, a cinque anni volevo essere africano".
Per scrollarsi di dosso l'immagine del ragazzo bello e bravo, l'attore romano ha scommesso su ruoli borderline, personaggi ambigui o affetti da problematiche psicologiche, cercando di trovare uno spazio nel cinema d'autore italiano. D'altronde, come spiega, "l'Italia è il paese in cui la bellezza canonica - i Brad Pitt o i DiCaprio per intenderci - non fa breccia. L'unico a cui non puoi dire niente è Vittorio Gassman. Gli altri, da Mastroianni in poi, non erano belli in senso canonico. Anche i successi di Gassman sono I mostri, L'armata Brancaleone, le caratterizzazioni in cui si prendeva in giro. Dietro la maschera Gassman dava il meglio, si sentiva più sicuro".
Brado, Kim Rossi Stuart: "Racconto una storia di liberazione"
Un sogno nel cassetto? La chiamata di Matteo Garrone
Nel 2006 Kim Rossi Stuart ha spiccato il salto scrivendo e dirigendo Anche libero va bene. Il film segna un'ulteriore evoluzione nella sua carriera artistica, ma questo è un passo che Kim aveva maturato da tempo: "Mi sono presentato dai produttori con un manoscritto che avevo sviluppato di notte, quando non esistevano ancora i computer. Ho la regia dentro più della recitazione, infatti non volevo recitare nei miei film, ma alla fine ho dovuto farlo per questioni produttive. Ma avendo lavorato con registi generosi, come Amelio e Luchetti, mi era capitato di cambiare le battute o di scrivere i miei monologhi. Per Cosa sarà Francesco Bruni mi ha dato tantissimo spazio, tra l'altro quella era la sua storia".
Un altro grande successo popolare è arrivato nel 2005 con Romanzo Criminale, diretto da Michele Placido, che è tornato a lavorare con Rossi Stuart cinque anni dopo in un altro crime movie, il biografico Vallanzasca - Gli angeli del male. "Voglio bene a Michele perché abbiamo trascorso tanto tempo insieme e ho imparato a conoscerlo veramente" spiega. "Ma di solito vado d'accordo con tutti, difficilmente sul set ho avuto problemi con qualcuno. Da giovane dicevano che ero un orso perché non parlavo con nessuno, me ne stavo lì come un avvoltoio. Comunicavo poco, ma col tempo mi sono un po' sciolto". Tra i registi con cui ha collaborato, manca qualche nome all'appello? "Matteo Garrone, senza dubbio Dovevo collaborare con lui a un film, avrei dovuto interpretare Fabrizio Corona, ma il progetto è caduto nel vuoto. Spero che un giorno mi chiami. Mi piace pensare che ruoli come Vallanzasca abbiano ampliato il mio raggio d'azione".