Grande amico di Leonardo Sciascia e Gian Maria Volonté, Andrea Camilleri ha incontrato il pubblico per una lezione di cinema al Teatro Petruzzelli ed ha ricevuto sabato sera il Federico Fellini Platinum Award for Artistic Excellence, ma non si è risparmiato perché nel pomeriggio ha concesso ad un numero ristretto di giornalisti un'intervista esclusiva, di quelle che raramente si dimenticano e che vi raccontiamo con grande emozione. Autore de Il commissario Montalbano, un fenomeno letterario, editoriale e televisivo senza precedenti, ma anche attore, insegnante, autore televisivo e regista teatrale, Camilleri ha sempre mostrato una certa fascinazione per le storie di gangster, per gli intrighi di potere e per il giallo e le storie narrate nei suoi racconti ne sono la riprova. Accolto da lunghissimi applausi e salutato dal pubblico del Teatro Petruzzelli con una standing ovation, Camilleri ci ha parlato, con il sarcasmo che lo contraddistingue da sempre, del suo passato, del presente e della sua visione del futuro.
Cos'ha provato stamattina sul palco del Petruzzelli quando il pubblico si è alzato in piedi per applaudirla lungamente?
E' senz'altro meglio che essere ingiuriati (ride), io non mi so spiegare il motivi reali del mio successo ma posso dire con assoluta sincerità che lavoro senza barare, soprattutto quando scrivo, forse sarà questo che arriva alla gente. Io so quello che valgo e se mi stimano così tanto forse c'è qualcosa che non va (ride).
Credo che il racconto perfetto di storie di mafia lo sappiano fare, meglio di chiunque altro, i poliziotti che talvolta in un italiano non proprio perfetto scrivono sui loro rapporti cos'è veramente la mafia e cos'è realmente un mafioso. L'unica eccezione negli ultimi è stato Gomorra, l'unico romanzo in cui ho trovato una giusta distanza narrativa tra i fatti e lo scrittore. Quando seppi che Bernardo Provenzano mandava i cosiddetti 'pizzini' ricordo che pregai la Procura di Palermo di mandarmi una copia di questi foglietti, volevo capire il meccanismo mentale del boss, il suo modo di scrivere, e loro me li mandarono, a parte due o tre che erano forse compromettenti. Ricordo che uno dei pentiti di mafia raccontò di aver accompagnato Provenzano in una sala stracolma di spettatori a vedere Il Padrino al cinema, disse che non aveva mai smesso di ridere, dal primo all'ultimo minuto. Chi meglio di lui poteva giudicare il film, forse il miglior spettatore che film potrà mai avere (ride).
Stasera riceverà il Premio Fellini per l'Eccellenza Artistica, ha mai conosciuto Fellini o visto qualche suo film?
Non ho mai avuto il piacere di conoscere di persona Federico Fellini, il mio ricordo di lui è quello che può avere qualsiasi spettatore dei suoi film, è legato strettamente alle sue opere.
Mi avvicinai al cinema grazie a Monica Vitti e fu un'esperienza non proprio fortunata. Lei era in procinto di girare L'Avventura, il film di Michelangelo Antonioni e per la sceneggiatura serviva qualcuno che traducesse in siciliano stretto i dialoghi. Io accettai, lei mi presentò Antonioni che era un regista meticoloso che cambiava i dialoghi ogni giorno e ogni giorno mi mandava quelli nuovi. Dopo le riprese di Deserto rosso a Monica venne l'idea per una commedia e mi chiese di scriverla insieme a Antonioni e noi ci provammo ma più le situazioni si facevano comiche e più Michelangelo si sentiva a disagio, vi dico solo che il film avrebbe dovuto intitolarsi La donna che t'ama proibisce il pigiama. Ad un certo punto Antonioni sbottò e mi disse "giralo tu" e io ero agli inizi non avevo ancora fatto televisione e non ci capivo niente di come si faceva un film e lui aggiunse una frase che non avrebbe mai dovuto dire "ti sto dietro io, ti aiuto". Fu in quel momento che dissi di no, immaginate cosa avrebbe potuto significare per me avere alle costole uno come Antonioni... (ride)
Quali sono i suoi progetti per il futuro? Sta scrivendo qualcosa?
Il mio futuro è a giorni (ride), è appena uscito il mio nuovo romanzo Inseguendo l'ombra (Sellerio Editore), che racconta la storia di un personaggio realmente vissuto nella Sicilia di fine '400, un ebreo che si convertì e fece più danni che mai. Sto scrivendo il solito Montalbano televisivo ed uscirà a maggio con Utet una raccolta di pensieri miei e di altri, poi c'è il Montalbano letterario perché sempre a maggio, per celebrare il ventennale del personaggio, riescono sempre con Sellerio tutti i libri della collana ad un costo accessibile e ogni romanzo avrà la prefazione di un autore italiano, da Michele Serra a Fabio Volo passando per vari giornalisti e scrittori.
Quello che mi sorprende è il giudizio di innocenza, quando un ragazzo disarmato viene ucciso a botte o con un'arma da fuoco io non riesco ad accettare che non venga fatta giustizia. Se li avessi davanti a me li condannerei, le mele marce devono essere eliminate altrimenti infettano tutto il resto. Ci fu un momento in cui Il commissario Montalbano letterario pensa di dimettersi per i fatti di Genova e del G8, e fu proprio in quel periodo che il sindacato di polizia mi invitò a presenziare una riunione degli iscritti al Piccolo Eliseo. Di quel giorno ricordo una frase in particolare "la democrazia ha bisogno di una manutenzione quotidiana" na frase che è importante tenere sempre in mente altrimenti si sbarella e andiamo per aria.
Le dà più gioia leggere un giornale o leggere un libro?
Sono due cose diverse ma mi danno comunque un enorme piacere soprattutto per uno come me che non ha tanta fantasia. Un giorno incontrai il figlio americano di Georges Simenon, John, che disse di volermi conoscere e mi disse una frase che io avevo sempre pensato di me, disse "Io non ho fantasia, non so inventare di sana pianta le cose, ho bisogno di un input, di una pedata...". E' per questo che i racconti di Montalbano nascono tutti da fatti di cronaca nera che io trasformo in modo da renderli irriconoscibili, a volte mi è capitato di prendere anche spunto da qualche libro di storia, da qualche vicenda che mi ha colpito in maniera particolare. Io e lui, come penso molti altri scrittori, sappiamo benissimo ricamare su un fatto di partenza ma la fantasia iniziale non c'è.
Senz'altro sarebbe una commedia 'buona', sentimentale perché sono stato sposato per 56 anni con la stessa donna, una donna di quelle che non esistono più al giorno d'oggi, e sono sempre stato di idee comuniste. Vorrei un mondo migliore di questo ed ho sempre desiderato che ci fosse un punto di partenza uguale per tutti e che tutti potessero avere la possibilità di studiare e di lavorare. Oggi purtroppo non è più così, oggi il lavoro non c'è e se una volta potevi dire "ah, maledetti padroni!", oggi non puoi dire neanche questo.