La giornata che il Far East puntualmente dedica agli horror provenienti dall'Estremo Oriente è stata, negli ultimissimi anni della manifestazione, triste teatro di una parabola discendente, geometricamente opposta a quella registrata nel periodo invece più fecondo che vedeva il Giappone patria internazionale ed incontrastata del genere. Probabilmente compiuto il suo corso, la new wave iniziata da registi come Hideo Nakata e Takashi Shimizu è andata via via affievolendosi per svariate e più o meno palesi ragioni, e nonostante alcuni nomi che tutt'oggi rimangono rappresentativi come quello di Kiyoshi Kurosawa, o le incursioni nel genere di Takashi Miike. Tant'è che in tempi più recenti l'attenzione si è (ri)spostata in Occidente dove tra il talento di Rob Zombie e le ancora poco note produzioni francesi il discorso sul cinema dell'orrore ha trovato nuova linfa, lasciando ad Hollywood il primato su un'identità ormai costruita unicamente sulla mancanza di idee. E proprio perché reduce, come molti altri purtroppo, dalla trasferta statunitense un po' lo si aspettava al varco il regista di Ringu, il cui Kaidan era stato scelto per aprire l'Horror Day. E ben poca meraviglia ha suscitato questo risultato in costume del ritorno in patria di Nakata, film di fantasmi anche volendo elegante nella forma, quanto disomogeneo e noioso.
La giornata non cambia di molto rotta con Altar del filippino Rico Maria Illarde, lavoro a bassissimo budget girato in digitale che non riesce a decollare e coinvolgere nonostante la firma interessante del suo regista; ma l'Horror Day è destinato ad "illuminarsi" nel pomeriggio con il primo dei tre horror thailandesi in programma: The Screen At Kamchanod, pellicola che purtroppo si dimena alla ricerca di una soluzione nella seconda parte risultando fastidiosamente confusa, e quel che è peggio non più spaventosa, rimane comunque appiccicata al cervello per una buona prima metà e per una sequenza in particolare, ambientata all'interno di una sala cinematografica, che meriterebbe una nota nei manuali di semiologia.
È la volta della Corea che al solito non si smentisce per una qualità estetica troppo spesso fine a se stessa e una già avvertita conseguente standardizzazione. Black house e The guard post, rispettivamente di Shin Terra e Kong Soo-chang, si inseriscono perfettamente in questo insieme, per quanto il regista R-Point metta ancora una volta in piedi un film di genere solido e nel complesso convincente; di foggia militaresca analoga a quella del primo lavoro la buonissima costruzione di The guard post, coerente nel ritmo e perfetto nell'ambientazione, non sopperisce ad una noia incalzante - quanto i confusi flashback che si sommano nel film - e che in troppi momenti rischia di sostituirsi all'attenzione.
Altre due ghost stories thailandesi per chiudere a dovere l'Horror Day, che una volta di più confermano lo spostamento geografico del genere, almeno di quel filone che tratta di fantasmi e le loro trame di vendetta, verso Sud: se, pur sperando che non sia definitivamente così, non è più al Giappone che dobbiamo rivolgerci in tema di fantasmi, si tenga invece d'occhio la produzione del vecchio Siam che da qualche anno a questa parte sta sfornando lavori interessanti, per quanto ancora troppo spesso ingarbugliati su intrecci e meccanismi collaudati da altre cinematografie e già da tempo trasformati in clichè. Body è un horror psicologico sceneggiato dal bravo Chukiat Sakveerakul, ispirato ad un tragico fatto di cronaca che vide come protagonista un medico accusato di aver fatto a pezzi la moglie. Malgrado una regia inutilmente tamarra che fa troppo spesso ricorso alla computer graphic e a trovate visivamente fastidiose, Body convince nel soggetto e nella messa in scena di alcuni snodi essenziali (l'ultimissima scena su tutte, senza la quale il film si sarebbe chiuso con la peggiore delle varie soluzioni registiche), rivelandosi la miglior proiezione di una giornata che si chiuderà poi con Sick Nurses, slasher ambientato tra sale operatorie e corridoi di un ospedale, di impianto completamente diverso dal film che lo precedeva in cartellone; il posizionamento a tardissima ora faceva sperare forse in qualcosa di più, ma la storia di Tahwan e sexy-colleghe diverte nelle sue dinamiche surreali e in più di qualche punto convince pure per le trovate visionarie.