Il Comicon 2023 si conferma un palcoscenico su cui si intersecano tutte le declinazioni dello spettacolo e della cultura pop. All'Auditorium abbiamo avuto la fortuna di poter assistere a un dialogo a briglia sciolta, che si è rapidamente trasformato in un two-men show, tra Gianni Pacionotti, in arte Gipi, fumettista, pittore e regista, e Valerio Mastandrea, che abbiamo potuto ammirare da poco nuovamente nei panni dell'ispettore Ginko nell'ultimo Diabolik - Ginko all'attacco!.
Le nostre vite disegnate
Una volta introdotti sul palco dal direttore artistico del Comicon, è bastato pochissimo a Gipi e Mastandrea per catturare il pubblico, partendo dagli aneddoti legati al come si sono conosciuti.
Secondo Mastandrea, la lettura del capolavoro di Gipi La Mia Vita Disegnata Male ha cambiato il suo approccio alla lettura delle graphic novel, prodotto a cui si è comunque ha confessato di essersi approcciato tardi, dopo i vent'anni. Gipi, invece, dal canto suo ha sottolineato come sia difficile gestire il rapporto con un attore perché, in qualche modo, ti sembra di conoscerlo da sempre attraverso i suoi ruoli, un po' come un amico, anche se nella realtà non ci si è mai incontrati. Il primo incontro professionale è stato ricordato da entrambi con estremo divertimento: coinvolto (suo malgrado, a quante pare) nelle riprese di uno dei cortometraggi comici che all'epoca dirigeva Gipi, mastandrea ha partecipato alle riprese salvo poi scoprire ch, per un errore, non era stato registrat ol'audio. "E quindi il nostro primo incontro è stato un omaggio al cinema muto", ha scherzato Mastandrea.
Ma evidentemente la scintilla era scoccata, tanto che Mastandrea ha voluto fortemente entrare nel cast de La terra dei figli, tratto da un altro libro di successo di Gipi, al punto di "scambiare" il ruolo con un altro attore, pur di riuscire a essere presente alle riprese.
Pagina e schermo
"Inutile negarlo: i libri sono meglio dei film..." ha detto Mastandrea parlando del rapporto di interconnessione tra i due media. Anche per Gipi la relazione tra i due mezzi espressivi è complessa: ricorda il suo iniziale amore per il cinema, nato quando il padre lo lasciava giocare con le cineprese e le macchine fotografiche che vendeva. Con quelle Gipi si divertiva a girare storie, coinvolgendo i suoi amici dell'apoca, fino a che non si è reso conto che aveva il potere di creare quele stesse storie, con ancora più potenza epressiva, usando"solo" un foglio e una penna. Da quel momento è iniziato il percorso da fumettista di Gipi. Una vita, come lui stesso precisa, fatta di solitudine e malinconia: quello del fumettista è un mestiere che vive una profonda contraddizione. Da una parte c'è l'esaltazione nel creare e plasmare un mondo, nel rendersi tramite di voci interiori che prendono il controllo della storia e la indirizzano. In questo senso, nota Mastandrea, Gipi è un artista vero, capace di immergersi completamente nella storia che realizza. Lui, invece, nella carriera d'attore c'è inciampato. Non si è mai considerato un artista, né un attore di quelli che subiscono il proprio ruolo. Lui, piuttosto, ha compiuto il suo cammino professionale inizialmente con titubanza e poi, dopo essere finalmente venuto a patti con la propria identità professionale, come una fortuna, un'esperienza che, oltre a garantirgli un introito economico, ha anche imparato a usare per gestire alcuni lati del suo carattere e aspetti della sua vita.
Io sono più regista di te
Un'altra cosa accomuna Gipi e Valerio Mastandrea: entrambi sono stati registi. "Anche se", ci tiene a precisare Gipi, "io ho diretto più film... tutti flop". Ma, ammette, l'esperienza da regista in sé è stata meravigliosa, confrontata all'isolamento in cui normalmente un fumettista vive. Un film invece è un atto di artigianato condiviso, un momento di condivisione tra numerose personalità e professionalità che insieme collaborano per portare a casa il risultato. Dirigere un film è stato per Gipi bello come una gita scolastica, esperienze che, seppur non siano state successi al botteghino, gli hanno lasciato esperienze umane e ricordi meravigliosi. Anche Mastandrea condivide questa riflessione, con l'aggiunta della sua lunga e variegata (e di successo, aggiungiamo noi) esperienza da attore. In fondo anche quello del cinema è un mestiere che vive di contraddizioni: una tra tutte, fingere (recitare) per far credere che quello che si vede sullo schermo sia reale. Il discorso poi torna sulla definizione di Artista, una definizione che Gipi accetta di buon grado ma più come una condanna che come un pregio. Per lui essere un artista capace di trasmettere emozioni attraverso le sue opere è come avere una gamba più corta dell'altra: una condizione in cui ci si ritrova alla nascita, e che si può solo accettare. "Una costrizione a un destino", conclude. Ma l'ultima battuta spetta a Mastandrea che, alla domanda se lui si consideri un artista, risponde laconico (e divertito): "No."