On the day the wall came down/ They threw the locks onto the ground/ And with glasses high we raised a cry for freedom had arrived
In A Great Day for Freedom, uno dei brani tratti dal loro album del 1994 The Division Bell, i Pink Floyd rievocavano uno degli eventi-spartiacque del ventesimo secolo, la caduta del muro di Berlino: le immagini degli abitanti di Berlino Est che, nella serata del 9 novembre 1989, si riversavano finalmente dall'altra parte della città, dopo una separazione durata ventotto anni, fecero subito il giro del mondo, diventando la prova tangibile dell'inizio di una nuova era che sarà raccontata anche in vari film. La "cortina di ferro" si era lacerata, con uno strappo talmente ampio che non sarebbe più stato possibile tornare indietro: poco meno di un anno più tardi, il 3 ottobre 1990, la Germania Est e Ovest avrebbero ripreso dopo oltre quattro decenni ad essere un unico stato, sancendo così il tramonto della Guerra Fredda.
Se sull'impatto politico della caduta del muro di Berlino sono stati scritti interi volumi, il suo valore culturale e mediatico è almeno altrettanto profondo: per la forza iconica delle sequenze girate fra le strade della capitale tedesca, entrate da allora nel nostro immaginario collettivo; per quel gigantesco spettacolo musicale intitolato The Wall - Live in Berlin, messo in scena da Roger Waters il 21 luglio 1990 con una diretta in mondovisione e la partecipazione di ospiti quali Joni Mitchell, Bryan Adams, Van Morrison, Cyndi Lauper e The Band; e perché l'idea stessa di una metropoli divisa in due, quasi una cupa distopia trasformata in realtà, ha intaccato il codice genetico dell'Europa della Guerra Fredda, rendendo quel muro un simbolo inciso nella storia del Novecento.
Un simbolo che ha fatto capolino più e più volte nella letteratura, nella musica (dalla struggente Heroes di David Bowie alla celebrativa Wind of Change degli Scorpions) e, ovviamente, nel cinema, immediatamente pronto a lasciarsi ispirare da quella barriera invalicabile eretta nel cuore dell'Europa. Anche in maniera inusuale: basti ricordare l'incipit di Hedwig - La diva con qualcosa in più, tratto nel 2001 dal musical Hedwig and the Angry Inch, in cui la protagonista, ragazza transgender nata a Berlino Est per poi trasferirsi in America, rievoca un'adolescenza vissuta dal lato 'sbagliato' del muro nella canzone d'apertura, Tear Me Down. E in occasione del trentennale dalla caduta del Berliner Mauer, ripercorriamo in ordine cronologico alcuni film sulla Guerra Fredda e sulla drammatica divisione della città tedesca...
Il muro della paura (1962)
Subito dopo la costruzione del muro, la MGM decise di mettere in cantiere un thriller che potesse sfruttare l'immensa risonanza di questo avvenimento e affidò il progetto a uno dei maestri del noir, il regista tedesco Robert Siodmak: già nel 1962 arrivò quindi nelle sale Il muro della paura, un film basato su un reale tentativo di fuga da Berlino Est verificatosi nel gennaio di quell'anno. La pellicola di Siodmak, che rievocava il progetto di scavare un tunnel in grado di ricollegare le due parti della città, riuscì a far leva sulla scottante attualità al fine di capitalizzare l'attenzione del pubblico.
La spia che venne dal freddo (1965)
Nell'ampio filone dei thriller spionistici degli anni Sessanta che sfruttano l'atmosfera di inquietudine della Guerra Fredda, uno dei più celebrati rimane senz'altro La spia che venne dal freddo, diretto nel 1965 da Martin Ritt dall'omonimo romanzo di John le Carré. Un magistrale Richard Burton, premiato con il BAFTA Award e candidato all'Oscar come miglior attore, interpreta il ruolo di Alec Leamas, un agente dell'MI6 con problemi di alcolismo che viene avvicinato dai servizi segreti della Germania Est e coinvolto in un complesso intrigo internazionale in cui sarà trascinata anche la sua fidanzata, la giovane attivista Nan Perry (Claire Bloom). La spia che venne dal freddo è diventato un classico del cinema di spionaggio, con un indimenticabile epilogo che si consuma proprio davanti al muro di Berlino.
Spia e lascia spiare: gli intrighi orditi da John le Carré sullo schermo
Il silenzio dopo lo sparo (2000)
La Guerra Fredda e il clima infuocato degli "anni di piombo" si intrecciano in uno dei film più apprezzati di Volker Schlöndorff (il regista de Il tamburo di latta), Il silenzio dopo lo sparo. La storia è quella di Rita Vogt (Bibiana Beglau), terrorista della RAF che dopo aver commesso un omicidio trova rifugio nella Germania Est, con la complicità della Stasi, e qui si ricostruisce una nuova esistenza; ma un decennio più tardi, il collasso della Repubblica Democratica Tedesca farà riemergere il suo cruento passato. Schlöndorff fonde tensione e melodramma in un film che ripercorre un capitolo cruciale nella storia della Germania (e della Germania Est e Ovest), e che al Festival di Berlino del 2000 è stato ricompensato per le interpretazioni di Bibiana Beglau e Nadja Uhl.
Good Bye, Lenin! (2003)
A differenza di quasi tutti gli altri film sul muro di Berlino e le due Germanie, Good Bye, Lenin! si è distinto per l'ironia con cui il regista e sceneggiatore Wolfgang Becker ha saputo raccontare l'argomento, trasformando la riunificazione del paese e la fine della Repubblica Democratica Tedesca in spunti per scene irresistibilmente comiche. Accolto nel 2003 da un enorme successo in patria, ma rivelatosi un fenomeno anche nel resto del mondo, Good Bye, Lenin! è ambientato proprio nel cruciale biennio 1989-1990 e vede Daniel Brühl nel ruolo del giovane Alex Kerner. Quando sua madre Christiane (Katrin Saß), strenua socialista, si risveglia da un coma in precarie condizioni di salute, il ragazzo, pur di non procurarle un altro shock, farà di tutto per tenerle nascosti i cambiamenti che, nel corso di una manciata di mesi, hanno letteralmente rivoluzionato il loro paese.
Le vite degli altri (2006)
Nel 2006 è un'altra produzione tedesca, Le vite degli altri, straordinaria opera prima di Florian Henckel von Donnersmarck, a imporsi fra la critica e il pubblico internazionali, fino ad aggiudicarsi il premio Oscar come miglior film straniero. Ambientato in Germania Est nel 1984, Le vite degli altri ricostruisce l'atmosfera di sospetto e inquietudine e la violazione delle libertà personali nella Repubblica Democratica Tedesca ad opera della Stasi, i cui agenti tengono sotto sorveglianza alcuni intellettuali sospettati di collusione con la Germania Ovest, adottando il punto di vista di un ufficiale della polizia segreta, Gerd Wiesler (Ulrich Mühe); ma l'elemento da spy thriller diventa il veicolo per una lucida riflessione morale nel confronto del protagonista con la propria coscienza. La storia tedesca, inclusa la divisione della Germania, è stata trattata da Donnersmarck anche l'anno scorso nel suo ultimo film, Opera senza autore.
Recensione Opera senza autore: l'arte, l'amore e la storia
Il ponte delle spie (2015)
La costruzione del muro di Berlino, che all'improvviso fa assumere forma e dimensioni alla "cortina di ferro", è il momento fatidico intercettato dall'avvocato statunitense James B. Donovan, interpretato da Tom Hanks, ne Il ponte delle spie, acclamato film a sfondo storico diretto nel 2015 da Steven Spielberg e basato sulla reale vicenda di Rudolf Abel (Mark Rylance), una spia sovietica arrestata e processata negli Stati Uniti, ma 'adoperata' in uno scambio di prigionieri fra la CIA e il KGB: uno scambio programmato in una Berlino divisa in due, proprio negli stessi giorni in cui viene eretto il muro. Il ponte delle spie è valso a Mark Rylance l'Oscar e il BAFTA Award come miglior attore supporter.
Atomica bionda (2017)
Dalla graphic novel The Coldest City nel 2017 è stato tratto l'action movie Atomica bionda, diretto da David Leitch e ambientato alla vigilia della caduta del muro di Berlino. Nel film Charlize Theron presta il volto a Lorraine Broughton, un'agente dell'MI6 che nella prima, fatidica settimana del novembre 1989 viene incaricata di recarsi a Berlino per recuperare una lista con i nomi di tutti gli agenti segreti presenti in città. L'ultimo atto della Guerra Fredda diventa dunque la cornice per un'adrenalinica avventura ad alta tensione, che fra l'altro sfrutta l'opportunità di rendere omaggio al variegato immaginario musicale del pop/rock degli anni Ottanta attraverso una strepitosa colonna sonora.