A sessantun anni Fanny Ardant irrompe al Festival Internazionale del Film di Roma in una veste per lei inedita. Dopo aver debuttato un anno fa dietro la macchina da presa col sorprendente Cendres et sang, la musa di Truffaut si è prestata a dirigere un cortometraggio commissionato nell'ambito della campagna organizzata dal Consiglio d'Europa per cambiare l'immagine preconcetta che molti popoli hanno dei Rom. La Ardant si è gettata a capofitto nella campagna Dosta realizzando Chimères Absentes, corto poetico e appassionato girato a Formello in cui compare nella duplice veste di regista e interprete, affiancata da Francesco Montanari e da un gruppo di veri Rom. Con la stessa passione, la bella attrice si presenta al pubblico romano accompagnata da una delegazione Rom a cui viene data la parola per chiarire una volta per tutte molti dei pregiudizi che i popoli occidentali nutrono nei confronti degli zingari. Un indizio per capire lo spirito ribelle della straordinaria attrice ci viene fornito dalla prima richiesta da lei fatta una volta giunta a Roma: avere un distintivo dei 100 autori. Ancora una dimostrazione di solidarietà al movimento di protesta che ha paralizzato il red carpet inaugurale della kermesse, ancora un elemento che ci permette di scoprire di che pasta è fatta la volitiva 'signora della porta accanto' che ci racconta con tono appassionato in un ottimo italiano la genesi del suo cortometraggio. "Quando mi hanno chiesto di fare un lavoro sulla tolleranza ho scelto di occuparmi di qualcosa che amavo. Ho sempre subito la fascinazione della cultura nomade e della libertà di vivere privi di vincoli. Il termine 'zingaro' per me è legato a un senso di libertà, a un'idea di danza; non ho mai pensato di usare questo termine con un'accezione negativa. Il mio cortometraggio è ambientato a Formello, ma anche se avessi girato in Francia la situazione non sarebbe cambiata. La differenza principale riguarda, forse, la scuola pubblica che nel mio paese è considerata uno dei pilastri della nazione. Mi serviva qualcosa di equivalente e a Formello ho trovato un palazzo antichissimo, imponente, che simboleggiasse l'autorità, ma allo stesso tempo immerso nella natura. Un luogo selvaggio, lontano dalla cività. Un contrasto che mi piaceva".
Chimères Absentes è un lavoro intriso di un profondo idealismo e, nonostante la fascinazione della presenza dell'ombroso zigano Zarko (Francesco Montanari), il lavoro suscita più di uno spunto di discussione scatenando un dibattito dai toni accesi che coinvolge il pubblico presente in sala. La discrepanza tra ciò che la Ardant mostra sul grande scherno e la realtà dei fatti non tarda a farsi percepire. La scolarizzazione dei bambini Rom è un problema serio, in Italia è sempre più difficile tenere i bambini Rom a scuola, aiutarli a integrarsi e far si che una volta conclusi gli studi trovino un impiego.L'immagine dell'insegnante che abbandona il proprio lavoro fisso per educare i figli dei Rom appare utopistica, ma la Ardant spiega di essersi ispirata a un'esperienza reale vissuta da un gruppo di docenti francesi che hanno scelto di seguire i Rom per insegnare ai bambini a leggere e scrivere senza forzare la loro natura nomade, senza obbligarli a risiedere in un unico posto. "La collaborazione con il Consiglio d'Europa mi ha aperto le porte del mondo dei Rom. Il cinema è come un gioco e loro hanno accettato immediatamente di giocare, con grande libertà. Registi moderni come Emir Kusturica o Tony Gatlif sono profondamente influenzati dal senso di libertà della cultura Rom, tutto è stato già raccontato da tutti. Io volevo fornire un punto di vista diverso, più romantico perché credo che chi è libero sia un vero principe. Chi è libero non ha paura di niente. Questo film non è un documentario, ma è un atto d'amore. Ho preferito mettere in scena la visione ideale, l'utopia. Il mondo può essere mosso solo da un grande sogno". Nella Francia di Fanny Ardant il governo Sarkozy ha applicato una misura pesante come le espulsioni dei Rom dalla nazione. Una presa di posizione dura, per molti crudele e propagandistica, malvista da gran parte della popolazione. Con un tema così scottante tra le mani, la Ardant evita però di prendere posizione ribadendo di essere solo un'attrice e non una donna politica, di non avere altro scopo all'infuori dell'arte. "Anche se tutto è politica io non parlo a nome di un governo, non ho una soluzione alternativa alle misure applicate. Non mi esprimo né a favore né contro. Io posso solo far riflettere con la mia opera. E' per questo che mi sono schierata con la protesta del cinema italiano. La cultura serve a far riflettere, a far sognare, a far crescere un popolo. Senza cultura una nazione è morta". L'ultimo ricordo è dedicato al maestro Francois Truffaut, di cui la Ardant è stata a lungo compagna e di cui porta avanti l'eredità artistica anche con la scelta di passare lei stessa dietro la macchina da presa. "Il marchio di un grande regista è l'entusiasmo, la passione per quello che fa, l'energia. Truffaut possedeva quest'incredibile energia e non si perdeva un minuto del suo lavoro. Questa è la lezione più grande che mi ha tramandato".Fanny Ardant: 'Sogno una vita nomade'
Bella e idealista, Fanny Ardant ha scosso il festival di Roma facendo discutere con il suo cortometraggio a favore della cultura nomade e dei Rom. Una scelta coraggiosa per un'artista da sempre fuori dagli schemi che di recente ha scelto di passare dietro la macchina da presa.