Scrivere di Diego Armando Maradona da napoletano, e da napoletano che ha vissuto in prima persona i suoi anni partenopei, è allo stesso tempo facile, di una semplicità disarmante, e impossibile. I ricordi si affollano, le immagini scorrono veloci, le parole si intrecciano e confondono. E' tutto lì, davanti ai nostri occhi, ma non riusciamo a pescare quello che è necessario e ha senso dire. Allora partiamo dalla fine, da questa drammatica e dolorosa notizia che ci è crollata addosso all'improvviso, mentre un altro napoletano e tifoso come noi era in diretta sul nostro canale twitch, mentre si sceglieva cosa guardare dal Torino Film Festival in corso: Diego Armando Maradona è morto. Ci aveva fatti preoccupare poco meno di un mese fa, nel giorno del suo sessantesimo compleanno, ma questa volta è vero. Il campione argentino ci lascia dopo una vita di successi e drammi, glorificata e tormentata, che sarebbe da prendere e raccontare subito al cinema... se non fosse già stato fatto più di una volta.
Il film di una vita
Perché Diego Armando Maradona è un eroe tragico ed è ovvio che il mondo dello spettacolo abbia attinto più volte alle sue gesta. Ci avevano pensato in Argentina già nel 2005; avevano ripreso l'argomento Marco Risi ed Emir Kusturica poco dopo, nel 2007 e 2008; era tornato sulle luci e ombre del mito Asif Kapadia non più tardi di un anno fa con un documentario presentato a Cannes. Nessuno era riuscito a rendere la potenza cinematografica che è già lì, pronta per essere raccontata, nell'esistenza travagliata del ragazzo partito dalla povertà di Villa Fiorito per arrivare sul tetto del mondo.
Chissà se potrà riuscirci la serie Amazon che sta ultimando la lavorazione, girata tra più paesi e continenti, coinvolgendo diversi cineasti e con un respiro narrativo più ampio che potrebbe consentire di cogliere tutte le sfumature di un personaggio così complesso. Potrebbe, ma non è solo lo spazio il limite di quanto visto fin qui, è lo sguardo: raccontare Maradona vuol dire capirlo in ogni sua aspetto e ogni sua contraddizione. Forse è per questo che confidiamo molto anche nell'altro progetto in lavorazione, quello di Paolo Sorrentino per Netflix, perché nelle mani di un autore che ha dimostrato grande affinità con Napoli e il Napoli.
Maradona e Napoli
La storia di Maradona, nel bene e purtroppo nel male, passa per Napoli. Lì si trova il crocevia di tutti i Maradona possibili, lì si incontrano lo sportivo e l'uomo, il calciatore inarrivabile e l'uomo fallace. A Napoli Maradona non è solo il campione che porta la squadra dove mai è riuscita ad andare prima, è il rivoluzionario che guida un popolo, è l'eroe che sfida i potenti e protegge gli oppressi. Difficile dire quanto consapevolmente, ma Diego a Napoli ha fatto qualcosa che pochi altri nelle sue condizioni hanno fatto: ha scelto da che parte stare, ha sposato la causa dei Napoletani per diventare simbolo di rivalsa. Ha smesso di essere un calciatore ed è diventato un mito.
Oltre il mito
Sbaglia chi critica lo sportivo in Maradona per i suoi difetti e le sue debolezze. Sbaglia in primo luogo a considerarlo alla stregua di uno sportivo, perché quello che faceva Maradona su un campo di calcio è più assimilabile al lavoro di un artista. Fidatevi di chi c'era, di chi era lì e non ha visto solo le highlights che tutti conoscono: tutto ciò che Diego Armando Maradona faceva in campo era unico e inimitabile. Non c'era passo, scatto o tocco di palla che fosse banale o prevedibile, ma opera di una mente che percepiva il terreno di gioco e ciò che vi accadeva in modo diverso da chiunque altro al mondo. Prima e dopo di lui.
Il mondo del calcio ha visto e vivrà un'infinità di campioni, da Pelè a Messi, da Cristiano Ronaldo a Cruiff o Van Basten a quelli che verranno nel futuro. Ma nessuno è paragonabile a Maradona. Non perché fosse superiore, ma perché diverso e unico: nella storia del calcio, nessuno ha interpretato questo gioco con lo stesso spirito anarchico e geniale. E nessuno lo farà mai.