Al cinema, in questi giorni, interpreta Melo La Qualunque, impacciato e adorante figlio del politicante calabrese, uno dei cavalli di battaglia di Antonio Albanese, star indiscussa di Qualunquemente, che a breve sarà presentato anche al Festival di Berlino nella sezione Panorama. Con Davide Giordano abbiamo voluto parlare di come è nato il personaggio di Melo, ma anche in che modo ha lavorato con Albanese e altri talenti comici nostrani. E di altro ancora.
A vedere Melo La Qualunque, viene da pensare (per quanto riguarda il look) ad un controverso esordiente del nostro panorama politico, figlio di un leader altrettanto discusso. E' una casualità, oppure hai preso spunto anche da lui?
E' una casualità, non mi sono ispirato a nessuno di reale. L'unica coincidenza è che Cetto chiama Melo affettuosamente pruppo, che significa polipo. Sempre di un pesce si tratta. Mi sono ispirato a tanti lungometraggi di vario genere da Up della Pixar (nello specifico nei primi trenta minuti del film) a Il papà di Giovanna di Pupi Avati. Titoli lontani da Qualunquemente, ma che mi hanno aiutato a creare Melo.
Come hai costruito il personaggio di Melo, l'hai sviluppato insieme ad Albanese, oppure hai seguito delle direttive già tracciate?
Nel film, Melo subisce una trasformazione per cui all'inizio, assieme ad Antonio - che è un papà eccezionale a differenza di Cetto - abbiamo lavorato sugli opposti: Melo ha una voce flebile, tende a tenere la testa sempre china davanti al padre e ha quasi sempre gli occhi lucidi e poi muove la bocca in modo strano, sembra quasi che ingoi le parole. Ha un passo impacciato, dovuto a delle scarpe enormi che portavo e degli occhiali da nerd anche quelli più grandi del giusto. E' stato bello rapportare tutto questo a Cetto che non si riconosce nel figlio mentre, a sua volta Melo subisce la personalità del padre, che adora.
Qualunquemente esce in un periodo decisamente delicato per la politica italiana. C'è un politico corrotto, ignorante, donnaiolo... Credi che possa spingere il pubblico a qualche riflessione, o al contrario, si propone di sciogliere un po' la tensione?
Oltre che con Albanese, hai lavorato anche con Anna Marchesini, a teatro. Due grandi talenti comici, insomma. In che modo si lavora con loro, c'è spazio per la leggerezza che regalano al pubblico, oppure l'impegno prevale sul resto?
L'impegno è alla base di questo lavoro. Ho frequentato l'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica Silvio d'Amico e lì questo concetto si impara a fondo. E poi quando lavori con due grandi maestri come Antonio e Anna capisci che alla leggerezza ci si arriva, che è un obiettivo, ma dietro c'è un lavoro enorme, profondo e in continua ascesa e discesa. Poi quando si lavora assieme ancora di più. Con Antonio ci siamo trovati benissimo, abbiamo giocato seriamente ma divertendoci davvero tanto.
Non solo comicità nel tuo lavoro, ma anche dramma. Hai interpretato e diretto uno spettacolo teatrale che si intitola P di Pinocchio, e già in passato avevi interpretato il burattino in un'altro lavoro. Come mai questa fascinazione per il personaggio di Collodi?
Il testo di Collodi assieme a quello dell'Amleto di Shakespeare è tra le mie fascinazioni più grandi. Fare Pinocchio o Amleto credo sia una delle cose più belle che ad un attore possano capitare, e poi ogni volta che li affronti, ti rendi conto che è ancora tutto da capire. E allora provi anche altri linguaggi teatrali come è stato per P di Pinocchio che in realtà, più che uno spettacolo era una performance visiva.
Cosa ti aspetta, nei prossimi mesi di questo 2011? Progetti in cantiere?
Adesso sono in tournée accanto a Carlo Cecchi con il Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare in cui interpreto Demetrio e dopo c'è un progetto di cui preferisco non parlare, almeno non cosi presto!