Quello che è andato in scena questa mattina a Villa Medici, la sede dell'Accademia di Francia nel cuore di Roma, è stato molto di più che un semplice dibattito sull'importanza ricoperta delle selezioni della Quinzaine des Réalisateurs e della Semaine de la Critique, da sempre considerate come delle vetrine di prestigio per giovani cineasti e registi affermati, in una rassegna già considerevole come il Festival di Cannes; è stato il confronto tra realtà diverse, accomunate però dal grande amore per la Settima Arte, un incontro dettagliato dai toni pacati sul valore delle sezioni parallele dei Festival Cinematografici e soprattutto sull'identità di ciascuna di esse. A qualche settimana dalla fine del 65.mo Festival di Cannes, dunque, l'autorevole Ente Culturale transalpino ha voluto che i responsabili delle sezioni collaterali della kermesse cinematografica francese si incontrassero nella Capitale per confrontare la propria esperienza con gli omologhi di italiani. Edouard Waintrop, delegato generale della Quinzaine des réalisateurs e Fabien Gaffez, del comitato della Semaine de la Critique, hanno tracciato un bilancio della loro esperienza assieme al responsabile delle Giornate degli autori - Venice Days, Giorgio Gosetti. Il Focus, moderato dal giornalista e critico cinematografico del quotidiano Il Messaggero, Fabio Ferzetti, ha raccolto così le testimonianze di coloro che anno dopo anno fronteggiano le difficoltà più disparate pur di permettere ad autori talentuosi di liberare la propria creatività e di affermare la propria visione del mondo.
"La forza della Quinzaine è che noi abbiamo l'audacia di accettare film rifiutati altrove - ha spiegato Edouard Waintrop -, ma sono comunque delle opere necessarie". "Probabilmente senza sezioni come la Quinzaine e come la Semaine il festival di Cannes non sarebbe stabile - gli ha fatto eco Gaffez -. E' fondamentale l'interazione tra questi poli differenti". Per Gosetti il discorso si fa ancora più specifico. "E' il Festival a doversi incarnare nel suo direttore, al contrario una selezione non può essere una persona, deve essere un'idea, sostenuta da una serie di portatori di sguardi il più possibile diversi - ha aggiunto -. _ E' un gioco di squadra tra avversari, più si ha gusti diversi, più il festival ci guadagna_". Quanto al proprio lavoro di selezionatori, ognuno ha rimarcato le specifiche peculiarità della sezione d'appartenenza. "Preparare una selezione con un certo numero di film non è un'operazione semplice, ci vuole una lunghissima preparazione. Quando sono arrivato alla Quinzaine l'aria che si respirava non era delle migliori, c'era una specie di smobilitazione e io ho accettato con gioia la sfida, evitando di farmi affossare. Sono stati giorni di grande lavoro, ma bellissimi", ha detto Waintrop. "Fremaux voleva cancellare la sezione, la considerava ormai superata nell'ambito di un Festival che si stava sempre di più aprendo al mondo - ha poi aggiunto -, ma è stato un bene che questo non sia successo perché il nostro ruolo è quello di essere coraggiosi. La Quinzaine è il luogo in cui cineasti del mondo si avvicinano ai colleghi francesi. Tutto questo senza formalità di sorta, anzi spingendo il pubblico ad interagire con loro, nel segno di una maggiore apertura e adattabilità"."La Semaine sceglie opere prime o seconde, per questo è ancora più difficile organizzare un programma. Non abbiamo termini di paragone quando ci avviciniamo ad un film. Abbiamo il dovere di intravedere il potenziale autore anche in opere non proprio perfette e che magari non piacciono ad un primo impatto - ha sottolineato dal canto suo Gaffez -. Non solo, ma dall'anno della sua fondazione, il 1961, sono cambiate molte cose, soprattutto in termini di quantità. All'epoca si lavorava su un numero ristretto di pellicole, per l'ultima edizione invece abbiamo dovuto selezionare circa 900 film. La scelta avviene in maniera collegiale, con un fortissimo spirito di squadra, ma dispiace quando si è costretti a lasciare fuori dei film", ha poi asserito. Se lo spirito innovativo delle sezioni collaterali rappresenta una sorta di terreno comune da cui ripartire, ci sono molti elementi che separano il festival di Cannes da quello di Venezia e uno in particolare turba Giorgio Gosetti. "Cannes ha un vantaggio che Venezia non ha - ha spiegato -, una rivelazione che viene scoperta e consacrata qui è giocabile in senso commerciale e questo è stato possibile perché le squadre organizzative sono cambiate spesso. Nella Quinzaine sono tanti i direttori che si sono succeduti, ognuno con interessi diversi. A Venezia invece sono arrivati pochi film che cercavano il trampolino di lancio. Noi delle Giornate degli Autori abbiamo avuto invece il coraggio di proporre quel tipo di autori".