Andrea Algieri, un film bellissimo che avrei voluto continuare a vedere

Un ricordo personale, poco lucido e quindi lasciato all'istinto: la condivisione di un dolore che taglia a metà tutto il cosmo del cinema italiano.

Una foto di Andrea Algieri

"Ti ho perso". Queste le parole dell'ultimo messaggio che gli ho mandato, dopo averlo visto dileguarsi appena finito il red carpet di Primavera. Troppa gente e troppo freddo per restare, l'avrei poi salutato al prossimo appuntamento, dopo aver passato tutto il pomeriggio con lui. Chissà quante altre possibilità ci sarebbero state. Sempre lì, a ridere, a prenderla alla leggera, a fare gli stupidi. Sì, la solita giornata di lavoro: conferenza stampa, interviste video a seguire, e poi ore a vuoto, da riempire, tra Instagram e quel pezzo che non vuoi scrivere. Stavo per andare via, ma poi eccolo lì, di nuovo, quel puntino colorato sbucare in mezzo a un mondo monocolore. Andrea Algieri, che Esquire definisce "il primo social media creator riconosciuto dalla Federazione Fotografi Italiani" (in un'intervista manifesto, di cui si vanta genuinamente), non c'è più. Ora è tutto relativo, è tutto assurdo, è tutto inspiegabile.

Andrea Algieri
Una foto di Andrea Algieri

Andrea è - perché è - un faro, un riferimento, la sferzata inaspettata. Smartphone in mano e Vans ai piedi. È surreale e senza senso ciò che sto scrivendo in prima persona, come un tema alle elementari, approfittando di uno spazio emotivo tutt'altro che scontato, facendo forse della retorica un giornalismo di ricordi personali che, però, si legano ad un mondo fiabesco che provo - proviamo - a raccontarvi tutti giorni, al meglio (e al peggio) delle mie - delle nostre - capacità.

Andrea Algieri, massimo comun denominatore del cinema italiano

Perché poi è questione di parole, le ultime con Andrea facendo quello che più ci piace: lavorare, provarci, lamentarci pure un poco, sperando che domani vada meglio anche se poi, alla fine, così male non si sta. Perché, folletto irrequieto dagli occhi ciano, Andrea Algieri rideva pure in faccia alle tenebre, godendosi un sabato mattina a Villa Borghese con i suoi due "canetti", o un piatto di gnocchi perché è giovedì. Il cinema, quel regno fatato di cui Andrea è massimo comun denominatore. Giornalisti, attori, fotografi, registi, pr, uffici stampa, registi, produttori.

Ogni party con il cocktail scadente, ogni red carpet sgangherato, ogni festival spaccaossa (ed è lancinante pensare che la sua certezza non ci sia più, da Venezia fino alla Festa del Cinema di Roma, luogo in cui entrambi siamo cresciuti). Lui c'è. Ma, come in ogni regno fatato che si rispetti, non mancano i mostri, non mancano le ombre, capaci di intossicare anche l'anima più leggera. Eppure, Andrea le scacciava sempre. Con un sorriso, con una battuta che fulmina e scapiglia. Anche ieri, soprattutto ieri, a chiacchierare appoggiati ad una colonna di Palazzo Barberini. "Ti rendi conto di dove siamo?", diceva, "Questo è un posto incredibile, quanta bellezza".

Un giorno bellissimo e ingiusto

Giornata bellissima e ingiusta. Un regalo doloroso, il segno di un destino che aveva già previsto tutto. Giornata strana in una Roma glaciale addobbata per Natale. Una giornata piena di cose che ora, senza logica, hanno tutto un altro significato. I consigli gentili verso una collega al primo red carpet. Lo sguardo in cerca di volti amici, io e lui, compari sproporzionati come in un film anni Ottanta. Io e lui, ormai vecchia guardia in mezzo a tante nuove facce. E ancora l'idea di far intonare le note di Vivaldi a Tecla Insolia e Michele Riondino. Idea pazza, ma portata avanti fino in fondo. Del resto, Andrea è così: l'eccezione, la credibilità fluorescente anche quando tutto è nero. E di ieri porto con me tanto, forse troppo, forse immeritatamente.

Porto con me qualcosa che non riesco ancora a capire, ad accettare. E come me tante, infinite persone. Amici, colleghi, conoscenti. Naturalmente i famigliari, che in qualche modo abbraccio, per quanto possa valere. Porto con me il tesoro di un pomeriggio beffardo, retto sugli ossimori di una vita spietata: l'ultimo red carpet con Andrea, l'ultima chiacchierata con un amico a cui volevo - volevamo - bene. "Ci vediamo alle 17.45 a piazza Barberini", mi scriveva. Alle 17.45 spaccate, un altro messaggio: "Io ci sono, notare la super puntualità".

Momenti personali, è vero, ma se il dolore è condivisione, il cerchio della vita fa il giro e abbraccia tutti. Come Andrea Algieri, che non risparmiava mai i complimenti a chi li meritava davvero. Anche ieri, soprattutto ieri. Ma oggi è già domani, che è ormai inverno, anche se poco fa, insieme, ascoltavamo la Primavera di Vivaldi. Guarda caso, un altro irregolare come lui. Quanta bellezza, quanto dolore. E forse sì, chissà per davvero, era tutto previsto, era tutto già scritto. Come in un film bellissimo che avrei voluto continuare a vedere.