Capita che per l'epilogo di una tale kermesse tornino in auge espressioni come "si è chiusa con i fuochi di artificio" o "si è conclusa in modo pirotecnico". Senza necessariamente ricorrere a un'immagine ormai abusata, possiamo comunque testimoniarvi che il weekend conclusivo del Future Film Festival ha saputo dare il giusto risalto a un evento la cui natura spettacolare è fuori discussione, quelle proiezioni in 3D che attendevamo con una certa curiosità.
A prescindere dalle tavole rotonde e dagli incontri con esercenti e con esperti del settore, che pure hanno saputo riaccendere l'interesse per un fenomeno in netta ripresa, la prova del nove era rappresentata, ovviamente, dalla visione delle singole opere. Riecco i tanto discussi occhialetti, in versione tecnologicamente aggiornata. Ed ecco soprattutto una rosa di titoli concepiti o semplicemente riadattati per essere proiettati in 3D. Significativo, in tal senso, che il gioco sia cominciato sabato sera con un paio di appuntamenti tra cui spiccava la riproposizione di Nightmare Before Christmas, con la tridimensionalità ad arricchire di suggestioni il vivacissimo immaginario burtoniano: un'ulteriore magia, il vedere le zucche volare in sala ed altri effetti equiparabili. Ma sono state le proiezioni domenicali a renderci chiaro un concetto, rompendo in parte l'incanto. La diseguale qualità delle pellicole selezionate per l'occasione ci ha infatti ricordato che il cinema, al di là di tutte le possibili innovazioni tecniche, si muove da una capacità di sedurre attraverso immagini e storie il cui esito nessun occhialetto fatato potrà mai ribaltare.
Difficile, invece, ipotizzare una distribuzione italiana per il film che ha vinto il premio più importante nel concorso lungometraggi, proiettato nuovamente domenica sera, al termine di una cerimonia di premiazione snella e dai toni informali; tant'è che tra i membri della giuria cortometraggi c'è persino chi è salito sul palco indossando una maschera da lottatore, in puro stile cosplay! Dicevamo del Lancia Platinum Grand Prize attribuito a Fierro di Liliana Romero e Norman Ruiz. Il film argentino riprende un'epica figura della tradizione locale calandola perfettamente nel particolarissimo immaginario legato alla pampa, con dolori espressi in musica e spazi sconfinati a fare da sfondo. Bellissimi i fondali, macchie di colore che epicizzano anche il cielo. Mentre qualche elemento stereotipato si affaccia solo, e in dosi ampiamente tollerabili, nella connotazione spiccatamente western del racconto. Ma è superfluo insistere sulle piccole pecche, trattandosi di un'opera disegnata e sviluppata con personalità, che difficilmente avrà un suo percorso italiano fuori dai festival; ed è quindi una ragione in più per continuare a seguire con curiosità e passione manifestazioni come il Future, sempre foriere di scoperte.