E' di scena oggi nell'ambito del quinto Festival del film di Roma una pellicola britannica che racconta, con brio e levità, una vicenda di grande rilevanza nella storia della lotta per la parità dei diritti delle donne in terra di Albione. Nigel Cole dirige la bravissima Sally Hawkins che veste i panni della portavoce delle operaie dello stabilimento della Ford a Dagenham, sul Tamigi, che nel 1968 rischiarono il proprio futuro scioperarono fino a indurre il governo a imporre ai loro potenti datori di lavoro un significativo aumento di paga, con la garanzia dell'imminente approvazione di una legge per un salario equiparato a quello dei colleghi maschi.
Abbiamo incontrato il regista, che è arrivato a Roma in compagnia di due delle vere scioperanti di Daganham, Eilieen Pullen e Sheila Douglass, e ne abbiamo approfittato per un'esaustiva intervista.
Mr. Cole, perché ha sentito il bisogno di oggi fare un film come questo?
E naturalmente volevamo anche riaprire il dibattito sull'uguaglianza professionale, che, come ben sappiamo, è ancora un obiettivo da conquistare: anche se in molti paesi la parità salariale è tutelata dalla legge, è anche vero che le donne sono spesso relegate ad alcuni ambiti con opportità più limitate. Quella di Dagenham è stata una battaglia vinta, ma la guerra è ancora da combattere.
Elizabeth Karlsen: L'argomento è molto attuale in questo momento in Inghilterra, perché i tagli al settore pubblico stanno colpendo soprattutto le lavoratrici. Per questo il taglio di decine di migliaia di posti di lavoro è considerato un atto di discriminazione.
Il film è stato girato non a Dagenham ma in Galles, come mai? Nigel Cole: E' stato necessario, perché lo stabilimento Ford ha chiuso da anni, e anche la fabbrica Hoover, dove il film è stato girato, stava chiudendo proprio in quei giorni. Nella scena di apertura di We Want Sex, molte delle donne che si vedono sono vere operaie della Hoover che avevano appena perso il posto. Questo ha aiutato molto a creare ulteriore autenticità.
Questa storia avrebbe potuto essere narrata con toni molto diversi, anche drammatici; come ha trovato un equilibrio tra dramma e commedia?
Volevamo raccontare la storia come la raccontano loro stesse, e farne un film adatto a un grande pubblico perché tutti potessero conoscere le loro storia. Una delle cose che più mi hanno colpito è stata la mancanza di vanità di queste donne, se oggi succedesse una cosa del genere i protagonisti pubblicherebbero libri o finirebbero in TV, diventando malati di popolarità, mentre loro semplicemente tornarono al lavoro. Non volevano niente per sé, ma solo ottenere ciò che era giusto.
Oltre a trasmettere questo, volevo anche fare un film commovente. E' una cosa che cerco di fare con ogni mio film. Mi dà una grande soddisfazione vedere il pubblico che ride, perché significa condividere qualcosa, essere uniti, e credo che quando si riesce a fare ridere si riesce anche a commuovere di più, è come se si abbassassero le difese. Queste donne sono naturalmente divertenti, hanno un tipico humour inglese da working class.
Già con Calendar Girls lei aveva dimostrato di amare le storie al femminile. Come mai preferisce le storie di donne? Nigel Cole: Mi piacciono le donne e mi piacciono le storie che mi ispirano, che comunicano qualcosa: e le storie di inseguimenti, sparatorie, e persone che non sanno esprimere i propri sentimenti non mi comunicano nulla. Non scelgo storie di donne, scelgo le storie che mi attirano, e capita spesso che siano al femminile.
Da dove arriva il subplot con protagonista il ministro Barbara Castle?
Nigel Cole: Abbiamo usato i diari della signora Castle, e poi giornali e documenti d'epoca. Nel film volevamo suggerire il dilemma di tanti leader del partito laburista, anche quelli attuali, conciliare le esigenze dell'economia con la necessità di salvaguardare i lavoratori. Barbara Castle fu un grande politico, e sarebbe stato bello se la prima donna Primo Ministro fosse stata lei e non Margaret Thatcher.
Una delle cose più belle dello script di Ivory è stato il parallelo tra tre donne molto diverse, l'operaia in sciopero interpretata da Sally Hawkins, la trophy wife interpretata da Rosamund Pike, e la signora Castle, nel ruolo della quale ho avuto l'onore di dirigere Miranda Richardson.
C'è un parallelo in particolare tra We Want Sex e Calendar Girls: una protagonista forte che viene coinvolta in qualcosa di grande e importante che la allontana da casa, creando grossi problemi alla famiglia. E' un problema reale per le donne che cercano di combinare qualcosa nella vita: secondo lei c'è una soluzione? O l'unica è sposare un uomo comprensivo come quello di Sally Hawkins nel film?
Il film in originale si chiama Made in Dagenham, ma in lavorazione il titolo era uguale a quello della versione italiana, We Want Sex. Perché l'avete cambiato in Inghilterra? Nigel Cole: Io ero un po' preoccupato per quel titolo, perché non mi piaceva molto l'idea di associare il sesso alle donne, dato che è una cosa fin troppo automatica. Un altro titolo in considerazione è stato Dagenham Girls, ma era troppo simile a Calendar Girls, sarebbe sembrato un sequel sui poster! Quindi abbiamo optato per Made in Dagenham, ma molti paesi oltre all'Italia hanno riadottato We Want Sex.
A tanti anni dal 1968, la parità salariale non è ancora una realtà in molti paesi, e ancor meno le pari opportunità. Prendiamo ad esempio la sua professione: come mai ci sono così poche donne registe? Nigel Cole: E' difficile rispondere a questa domanda, è vero che ce ne sono poche, ma ce n'è di più di prima. Io ho avuto diverse collaboratrici per questo film, avevamo anche una donna elettricista - e tutte erano pagate quanto gli uomini! Credo che sia legato al discorso che facevamo prima: questo è un mestiere che ti allontana troppo a lungo dalla famiglia, per me è difficile e per le donne è più difficile, ci sono troppe cose a cui bisogna rinunciare. Conosco tante donne che erano nell'industry ma per queste ragioni a un certo punto hanno dovuto abbandonare. Credo però che le cose piano piano stiano cambiando, o almeno lo spero.
Ci vuole dire qualche cosa del suo prossimo progetto? Nigel Cole: Stiamo ultimando un film intitolato Rafta Rafta, scritto dallo sceneggiatore di East is East e dedicato alla vita degli indiani in Inghilterra. E' un po' diverso per me visto il tema, ma c'è la tipica combinazione di risate e lacrime di un film di Nigel Cole...