Xavier Dolan porta a Venezia il suo Tom at the Farm

Dopo gli applausi della stampa accreditata alla fine della proiezione di Tom at the Farm, abbiamo incontrato l'enfant prodige canadese, sempre più convincente come regista, sceneggiatore e interprete.

E' il più giovane regista mai stato in concorso a Venezia, ma nonostante i soli 24 anni Xavier Dolan - che alle spalle ha già tre film passati e premiati a Cannes - sembra un autore esperto e navigato, come dimostra anche in conferenza stampa rispondendo alle domande della stampa internazionale e che ha applaudito in modo convinto questa sua quarta opera Tom at the Farm, ispirata all'omonima pièce teatrale di Michel Marc Bouchard, anch'egli presente al lido insieme agli altri tre attori del film: Lise Roy, Pierre-Yves Cardinal e Evelyne Brochu.

Dopo aver firmato tre sceneggiature da solo, per la prima volta ha collaborato con un altro autore su un soggetto non originale, com'è stato lavorare a questo adattamento?

Xavier Dolan: Nonostante avessimo previsto di scrivere questo film già da tempo, è stato solo l'anno scorso dopo la presentazione di Laurence Anyways a Cannes che ho capito che avevo bisogno di tornare subito a girare un film, ed è così che ho pensato che questo film sarebbe stato una scelta perfetta. Quindi ho chiamato Michel e gli ho detto: "Ricordi che ti avevo detto che volevo scriverlo tra due anni? Beh, ho deciso che dobbiamo girarlo tra due mesi!" ed è così che ci siamo dati una deadline molto stretta e abbiamo scritto in una sceneggiatura lampo. Siamo partiti prima dal creare la struttura narrativa del film e poi siamo passati ai dialoghi, scambiandoci continuamente idee e dandoci consigli.
Avevo visto la pièce teatrale nel 2011 e mi aveva colpito moltissimo, gli chiesi se aveva già un'idea di chi avrebbe potuto portarlo al cinema e aquel punto mi sono fatto avanti io. Adoro il modo in cui Michel scrive, è una grande ispirazione ed è stato questo che mi ha spinto a lavorare insieme a lui sulla sceneggiatura.

Michel Marc Bouchard: Il teatro è diverso dal cinema, abbiamo dovuto tener conto di queste differenze, esaminare cosa poteva funzionare e cosa invece andava necessariamente cambiato. Tutto quello che nel teatro viene semplicemente raccontato, qui andava mostrato, ed è così che da soltanto 10 scene presenti nella piece siamo arrivati ad oltre 100 nel film.

Per quasi tutto il film Tom è vittima di violenza ma non si ribella, come mai solo alla fine sembra avere la forza di abbandonare la fattoria? Xavier Dolan: In realtà il personaggio di Tom non sente la violenza che Francis commette nei suoi confronti, perché è come se facesse parte del suo percorso di elaborazione del lutto. E' solo quando gli viene raccontata quell'anedotto lugubre su Francis, su una violenza fatta su un'altra persona, che finalmente capisce ed ha una sorta di ritorno della realtà. Il personaggio sta vivendo una sorta di psicosi e solo questo racconto lo può aiutare a realizzare quanto realmente sta succedendo.

Qual è stata la maggiore sfida nell'essere al tempo stesso attore e regista?

Xavier Dolan: Oltre a portare capelli biondi e lunghi, cercare di recitare bene è stato la cosa più difficile! A parte gli scherzi, già in due occasioni avevo diretto e recitato, ma penso di incominciare a gestire meglio questo doppio ruolo, perché le volte precedenti finivo con il lasciarmi pochissimo tempo ed energie per poter curare la mia interpretazione, questa volta invece ho provato a fare il contrario, preparare prima le mie scene e lasciare più libertà agli altri attori. Probabilmente loro si saranno sentiti trascurati!

Lise Roy: In realtà la sua è stata sempre una presenza fantastica, ci aveva preparato benissimo già prima delle riprese ed è stato bellissimo averlo con noi siamo come regista che come collega di set. Io ho recitato lo stesso ruolo anche a teatro e posso dire per me è stata un'unica lunga e splendida avventura.

Come mai durante alcune scene il film cambia formato e passa al cinemascope?

Xavier Dolan: Ovviamente non ho inventato nulla, non è la prima volta che si usano espedienti del genere, volevo semplicemente soffocare i personaggi in alcuni momenti provocando un maggiore senso di intimità, prossimità ed angoscia.

La musica sembra avere un'importanza fondamentale in tutti i suoi film, com'è stato lavorare con un compositore come Gabriel Yared? Xavier Dolan: Gabriel è un'artista immenso, mi ha sempre impressionato moltissimo e penso che abbia dato al film un volume che forse non avrebbe avuto: gli elementi erano tutti lì, presenti, ma mancava qualcosa che li unisse, quasi come se aspettassero la musica. Una cosa che mi piace molto del suo modo di lavorare, è che ha alcune stravaganze anche se secondo me non è nemmeno consapevole, è eccentrico, istintivo ma sa anche benissimo di cosa ha bisogno un film, per questo è un genio sorprendente.

Quali sono i suoi modelli cinematografici? Xavier Dolan: Non ho questa cultura spropositata, ho inziato ad appassionarmi veramente al cinema solo verso i sedici anni e due dopo anni già giravo il mio primo film. Vedo i film quando posso e ci sono ovviamente alcuni che mi hanno segnato ma a volte ad ispirare è più un'atmosfera o una singola inquadratura; tra le mie influenze ci sono sono anche riviste, foto, quadri, per esempio quando vado al Moma di New York mi fermo spesso allo shop per comprare libri di fotografia. E' un'ispirazione principalmente visiva e grafica.