White Men Can't Jump, la recensione: un remake? No, solo una (statica) suggestione

La recensione di White Men Can't Jump: non bastano Los Angeles e una soundtrack ad effetto per rendere pienamente coinvolgente il reboot diretto da Calmatic, che vorrebbe attualizzare l'omonimo classico anni Novanta. In streaming su Disney+.

White Men Can't Jump, la recensione: un remake? No, solo una (statica) suggestione

No, non chiamatelo remake. Piuttosto, quello di Calmatic, è una sorta di rivisitazione. Una suggestione legata ad un vecchio titolo Anni Novanta, ricordato soprattutto per aver rivelato Woody Harrelson al grande pubblico, in quel caso affiancato a Wesley Snipes, nome ben più affermato, dopo le esperienze con Spike Lee (Mo' Better Blues e Jungle Fever) e Abel Ferrara (King of New York). Dunque, nell'epoca dominata dai reboot e dall'usato garantito, ecco l'intuizione interessante: rivedere White Men Can't Jump, e attualizzarlo in una chiave che fosse la più moderna possibile, in linea con la narrazione moderna, tra golden hour e musica R&B. Tuttavia, White Men Cant' Jump del 1992 (titolo italiano Chi non salta bianco è), e diretto Ron Shelton, risulta ancora godibile nel contesto di un cinema sportivo alternativo, più amaro e più schietto e meno patinato.

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White Men Can't Jump: Sinqua Walls, Jack Harlow in una foto

Ma i contenitori streaming, si sa, hanno bisogno di essere continuamente rimpinzati di titoli, e quindi ecco che i produttori Kenya Barris e Paul Hall portano alla luce un'idea che aleggiava già dal 2017: aggiornare l'amicizia tra Kamal e Jeremy puntando tutto sulla black culture, e sui tentativi da parte dei bianchi di imitarne stile e cadenze. Il tutto, ovviamente, all'ombra dei canestri arrugginiti di Venice Beach, cornice nonché personaggio "giocabile" del film. Tuttavia, come vi raccontiamo nella nostra recensione, White Men Can't Jump, e disponibile in streaming su Disney+, non è considerabile come remake diretto, ma come episodio a sé stante che viene suggerito dagli echi lontani di un cinema - a giudicare dal risultato odierno - senza dubbio più originale, più fresco e più coinvolgente di quello propinato (spesso, e volentieri?) oggi. Esattamente come avviene (purtroppo) per il reboot di Calmatic.

White Men Can't Jump: la trama

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White Men Can't Jump: Vince Staples, Myles Bullock in una scena del film

Per questo, White Men Can't Jump, scritto da Kenya Barris e Douglass Hall, ci lascia la bocca secca, come quando finisci la partita ma senti di non aver dato abbastanza. Ecco, accade esattamente questo: la storia di Jeremy (interpretato dal rap Jack Harlow, all'esordio come attore) e quella di Kamal (Sinqua Walls), entrambi con un passato sfortunato nel basket, sembra non prendere mai il filo diretto della storia. Diversi, ma accomunati dal bisogno di "sfangarla", i due si alleeranno racimolando soldi vincendo - in modo più o meno regolare - le sfide sui campi da basket di Los Angeles. Tutto qui? In parte, sì. Sullo sfondo, le pressioni finanziarie, un approccio diverso alla vita (appena si conoscono, Jeremy prende in giro Kamal per il suo meditative mood) e per la difficoltà con cui portano avanti le rispettive relazioni (Teyana Taylor e Laura Harrier interpretano le compagne di Kamal e di Jeremy). Tra l'altro, le giornate si fanno ancora più complicate quando Benji Allen (Lance Reddick, alla sua ultima apparizione), papà di Jeremy, viene sopraffatto dalla sclerosi multipla.

LA vibes e una buona soundtrack per un reboot incerto

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White Men Can't Jump: Teyana Taylor in una scena del film

Lo ripetiamo: sarebbe fuorviante parlare di uno strutturato remake, più vicino è il concetto di reboot: prendere un titolo classico e sfruttarlo come ispirazione, come traccia, come sensazione. Insomma, l'idea filmica di Calmatic (ha all'attivo una lunga carriera come filmmaker di videoclip, avendo lavorato con nomi tipo Jay-Z, Kendrick Lamar o Childish Gambino, e ha già diretto un altro remake, ossia il bistrattato House Party) non sarebbe nemmeno un problema, se non fosse che White Men Can't Jump appare scevro di una vera e propria motivazione narrativa, e quindi di una coesione che riesca ad unire le azioni dei protagonisti all'interesse dello spettatore.

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White Men Can't Jump: Laura Harrier in una scena del film

Se i siparietti tra Sinqua Walls e Jack Harlow, di per sé, sono i momenti migliori del film, è costante la percezione che il film intero sia bloccato a metà, incidendo poco e provando a riempire le mancanze tramite una soundtrack ispirata dalle vibes local quanto mainstream (da Fat City a Baby Stone Gorillas, da SZA a Little Richard a Leon Bridges e Ed Sheeran), e provando a sfruttare al meglio le discordanti interpretazioni dei protagonisti. Qua e là, poi, non mancano le azioni, le schiacciate, i tiri da tre: l'asfalto assolato di Los Angeles è l'affascinante parquet delle sfide che popolano il film, e che aiutano il racconto a progredire (lentamente) verso le svolte finali. Del resto, il basket è lo sport più cinematic di tutti, e può essere materia d'attrazione anche in un film incerto come White Men Can't Jump.

Conclusioni

Remake o reboot? Piuttosto, White Men Can't Jump, come scritto nella nostra recensione, sembra solo prendere lo spunto e la suggestione dal classico anni Novanta, divenendo così un film che vorrebbe attualizzare i temi (la black culture, per esempio), restando però incastrato in un film poco coinvolgente. Nonostante la presenza scenica del basket, lo sport più cinematografico di tutti.

Movieplayer.it
2.0/5
Voto medio
4.6/5

Perché ci piace

  • La soundtrack.
  • Los Angeles.

Cosa non va

  • Il film è statico, poco coinvolgente.
  • Manca una vera e propria ragione di esistere.