Westworld 4, la recensione del sesto episodio: Host City

La nostra recensione del sesto episodio di Westworld 4, il 1° agosto su Sky Atlantic e NOW, che torna alla storyline di Bernard e della figlia di Caleb del futuro, pronti a rivelare nuovi segreti sul Parco originario.

Al contrario della tua specie, la mia è perfetta. Eppure anela l'immortalità

Torniamo alla storyline di Bernard e della figlia di Caleb del futuro nella nostra recensione del sesto episodio di Westworld 4, il 1° agosto su Sky Atlantic e NOW. Un'altra perla di scrittura e messa in scena seriale che conferma come gli autori della serie HBO abbiano saputo risollevarsi dopo un terzo ciclo pieno di problemi, tornando ai fasti degli esordi e mostrando di avere chiare le idee di dove andremo, e speriamo lo facciano anche negli ultimi due episodi.

La rivolta di chi?

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Westworld 4: Jeffrey Wright e Thandie Newton in una scena del sesto episodio

È affascinante il giro di boa che la storia ha fatto dagli esordi di Westworld a oggi. Iniziata come un racconto di rivolta delle macchine di kubrickiana memoria, una volta ottenuta dal clone di Charlotte (Tessa Thompson) creato da Dolores, Hale si è ritrovata una Host City che non la soddisfa e che, paradossalmente, inizia a perdere credibilità tra le macchine che vorrebbero diventare umane, come il William clone che ha chiesto informazioni al William umano (Ed Harris) alla fine dello scorso episodio. Una situazione sempre più insostenibile per Charlotte che, in una serie di dialoghi-confronto con Caleb prigioniero (Aaron Paul), mostra la dicotomia mortalità-immortalità, emozioni-autocontrollo che dall'alba dei tempi divide gli esseri senzienti dagli androidi, mescolando però sempre di più le carte in tavola. Tutto iniziò da ciò che provavano Dolores e Maeve e da come avessero messo in discussione la propria realtà (frase nuovamente ricorrente in questa stagione) per finire in un rovesciamento della medaglia che ancora una volta cerca di tornare all'altro status quo. Una Maeve (Thandie Newton) che torna a essere centrale dato che, come rivelato nel fenomenale quarto episodio, è l'arma che gli umani (chiamati Outlawyers, "fuorilegge") cercavano e potrebbero utilizzare per riprendere il controllo delle proprie vite. Chi dice la verità e chi mente?

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Un doppiogioco di spie

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Westworld 4: una scena del sesto episodio

È una spy story quella messa in atto da Bernard (il sempre sibillino Jeffrey Wright), che conosce più possibili ramificazioni del futuro di quante dica e continua a tessere la propria trama a discapito degli altri personaggi, pur volendo sempre fare del bene, lasciandoli perplessi, attoniti e anche guardinghi nei suoi confronti. Si torna ancora una volta al Parco originario - o meglio, ai suoi resti - dove possono essere svelati ancora segreti e trucchi di Robert Ford e James Delos. Westworld ha ancora verità da rivelare ai propri ospiti, ancora carte nel proprio mazzo e assi nella propria manica (verrà citato "Attraverso lo specchio" di Carroll) e, dopo la scoperta dell'identità di Frankie (Aurora Perrineau), quella a cui assistiamo in questa puntata è un storia di spie, in cui tutti potrebbero fare il doppiogioco, compresi i membri della squadra della ragazza e Stubbs (Luke Hemsworth). Il plot twist è dietro l'angolo, e solo alla fine i pezzi continueranno ad andare al proprio posto. Chi dice la verità e chi mente?

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Padre e figlia

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Westworld 4: Aaron Paul nel sesto episodio

In una tensione narrativa che ricorda quella del celebre episodio La costante di Lost, Caleb e Frankie cercano di comunicare attraverso due epoche diverse, con molti anni di differenza nel mezzo, attraverso delle frequenze radio che il padre aveva insegnato alla figlia. Riusciranno a farlo? E soprattutto cosa si diranno? Sta tutta lì, in quel dialogo tanto anelato, la chiave di questa stagione e forse di tutta la serie in generale, dell'umanità che soppianta e sovrasta la macchina, delle emozioni che prendono il sopravvento, che lasciano qualcosa di indelebile dentro di noi pronto a riaffiorare in superficie e fare la differenza. Le location sono tutto e, al deserto dai colori caldi e ai suoi ambienti polverosi, che ricordano appunto il Parco originario, fa da contraltare Host City coi suoi colori freddi, i suoi ambienti minimalisti e i suoi specchi. La regia enfatizza queste caratteristiche, acuendo la tensione narrativa. Tornano anche prepotenti le musiche che avevano caratterizzato lo show finora. "Ciò che è morto non muore mai" diceva la casata Greyjoy nel Trono di Spade, e questo sembra valere anche per i protagonisti della serie di Jonathan Nolan e Lisa Joy, che possono sempre tornare sotto nuova forma anche dopo la propria dipartita, come è successo a Teddy e Caleb in questa stagione. Caleb (anima inserita in un corpo, ça va sans dire) che è protagonista di una struttura narrativa simile e quella di Inception, il film di Christopher Nolan, fratello di Jonathan. Se nella pellicola c'erano vari livelli del sogno, qui assistiamo a vari livelli di realtà e sta a noi spettatori riuscire a comprendere qual è quello a cui dobbiamo fare affidamento per la narrazione, da alcuni indizi disseminati qui e là. Chi dice la verità e chi mente? Ma soprattutto esiste una verità unica e incontrovertibile?

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Conclusioni

Hanno davvero bene in mente dove vogliono andare a parare Jonathan Nolan e Lisa Joy, come abbiamo spiegato nella nostra recensione del sesto episodio di Westworld 4, che torna a concentrarsi sulla storyline di Bernard e della figlia di Caleb nel futuro. Un episodio carico di suggestioni lostiane, nolaniane e kubrickiane che promettono un finale col botto, almeno così auspichiamo.

Movieplayer.it
4.5/5
Voto medio
3.9/5

Perché ci piace

  • Le suggestioni seriali e cinematografiche presenti nell’episodio
  • Scrittura, regia e colonna sonora che enfatizzano e creano tensione narrativa per quanto sta accadendo sullo schermo
  • La dicotomia umanità vs tecnologia piena di plot twist

Cosa non va

  • Dopo l’ottimo lavoro fatto finora, c’è quasi da preoccuparsi per gli ultimi due episodi, anche se vogliamo dare fiducia agli autori