Recensione Izo (2004)

Ultraviolenza, sangue che scorre a ettolitri, un po' di trash e di canzoni urlate a voce roca. E' il piatto servito da Miike, regista giapponese di culto, che lancia un personaggio, Izo, che dire vendicativo è poco.

Vendetta, tremenda vendetta

Ultraviolenza, sangue che scorre a ettolitri, un po' di trash e di canzoni urlate a voce roca. E' il piatto servito da Takashi Miike, regista giapponese di culto, che lancia un personaggio, Izo, che dire vendicativo è poco.

Izo (Kazuya Nakayama), un samurai guerriero e spadaccino soprannominato "il macellaio", viene crocifisso. Ma la sua anima è inquieta, arde di vendetta e si reincarna in un terribile demone di forma umana deciso a far piazza pulita e a compiere un massacro in ogni tempo e in ogni luogo, anche nella Tokyo contemporanea.

La furia di Izo sarà irrefrenabile, e non servirà nemmeno chiamare a raccolta assassini provenienti da ogni epoca per tenergli testa, cosa che tenta di fare un ministro del culto impersonato da un Takeshi Kitano sornione.

Miike si dimostra così, prendere o lasciare. Parte con una sequenza velocissima che tira in ballo spermatozoi, bombe atomiche, Hitler, Stalin e quant'altro. La trama poi vaga per conto suo quasi senza un filo conduttore (se non quello del sangue), con personaggi pittoreschi e stravaganti, dialoghi ridotti al minimo, scene quasi tutte simili e ricche di sbudellamenti, teste e arti mozzati e perfino spade che escono dalle vagine. Il tutto inframezzato da lunghe pause e intermezzi musicali. Caratteristiche estreme, che potranno risultare pesanti da digerire o succulento banchetto visivo a seconda dei gusti dello spettatore.