Recensione Sacrifice (2010)

Sacrifice vive dei rapporti tra i personaggi, concentrando gran parte dell'"azione" nei cupi interni dell'abitazione del protagonista, con un'impostazione teatrale che tradisce l'origine della storia.

Vendetta in tre atti

Torna a Berlino Chen Kaige per presentare il suo Sacrifice nell'ambito della sezione Berlinale Special della 61ma edizione del Festival tedesco. Il nuovo lavoro del regista cinese si muove sullo sfondo di un'ambientazione mediavale, ma si presenta come un progetto che dedica più attenzione ai personaggi che al tono epico di altri suoi lavori.
Il regista prende il tempo necessario a definire il background, riservando quasi metà della pellicola ad introdurre contesto e presupposti in cui muovere i personaggi nella seconda parte della storia.

Chen Kaige ci immerge lentamente nella vicenda, in un regno governato dal clan Zhao, tradito dal generale Tu'an Gu che riesce a sterminare tutti i membri della famiglia... o quasi. Il generale infatti non sa che il neonato figlio del Re è stato scambiato dal medico locale Chen Ying, che l'ha appena fatto nascere, con il proprio figlio, anch'egli appena partorito dalla moglie. Restato vedovo perchè la moglie è stata uccisa al momento dello scambio, essendosi sacrificata per salvare il neonato, Chen Ying cresce il bambino come se fosse suo, chiamandolo Cheng Bo e tenendo segreta la sua vera identità, ma pianificando ed assaporando il momento in cui la sua vendetta potrà essere consumata, proprio per mano del ragazzo, che riesce a rendere figliastro del generale, nelle grazie del quale riesce ad entrare.

Più che il sacrificio, evocato dal titolo internazionale dell'opera, è il rapporto padre/figlio a rappresentare il fulcro della storia del film di Chen Kaige. Per quanto l'uomo cresca il ragazzo come ingranaggio da usare nel suo complesso piano di vendetta, sono evidenti i sentimenti che prova per lui, diventato a tutti gli effetti il proprio figlio. Ma è un rapporto che poco per volta si intravede anche tra il ragazzo ed il patrigno, che nei suoi confronti appare a suo modo paterno, in contrasto con il personaggio spietato visto nella prima parte.

Sacrifice vive dei rapporti tra i personaggi ed infatti il regista si lascia andare a messe in scena elaborate solo nel corso del lungo incipit che serve ad impostare temi e background dei personaggi e nella essenziale battaglia finale di quello che potremmo definire il terzo atto della vicenda, concentrando gran parte dell'"azione" nei cupi interni dell'abitazione del medico, con un'impostazione teatrale che tradisce l'origine della storia, che rappresenta il terzo adattamento dal palcoscenico dell'autore dopo Addio mia concubina e Forever Enthralled.
Proprio perchè le relazioni tra i personaggi che si dipanano nella seconda parte sono così centrali nell'economia della narrazione, però, risulta un po' troppo prolisso lo sviluppo della prima metà del film che in definitiva ha la funzione di un lungo prologo al cuore della vicenda, dando una sensazione di poco equilibrio nella sceneggiatura.

Movieplayer.it

3.0/5