Recensione Talos - L'ombra del faraone (1998)

L'ennesima (e inutile) rivisitazione del mito della Mummia, realizzata con tanta sciatteria e pochezza di idee tali da rasentare in più di un'occasione il ridicolo involontario.

Una Mummia debole e inoffensiva

Nel 1948, una spedizione nell'Egitto meridionale rinviene una tomba appartenente a un crudele despota di nome Talos. Un'iscrizione avverte di non aprire la tomba pena la morte, ma gli archeologi non se ne curano: il capo della spedizione Sir Richard Turkel e il suo avido socio Parson vanno così incontro a una morte orribile. Mezzo secolo dopo, la nipote di Turkel, Sam, si reca con un collega di suo nonno sul luogo della spedizione, e di nuovo una persona perde la vita in modo orribile: ma soprattutto la sottrazione delle bende appartenute a Talos risveglia definitivamente il potere occulto di quell'essere malvagio, che comincia a uccidere allo scopo di reincarnarsi, seguendo i dettami di un'antica profezia.

Tra i tanti "ripescaggi" estivi di pellicole fantasy-horror uscite anni fa, questo Talos - L'ombra del faraone è in assoluto il più tardivo (il film è del 1998) e sicuramente anche il più inutile. Non si sentiva davvero il bisogno di questa ennesima rivisitazione del mito della Mummia, realizzata oltretutto con tanta sciatteria e pochezza di idee, tali da rasentare in più di un'occasione il ridicolo involontario. Russell Mulcahy, che nel 1986 aveva diretto il cult Highlander, l'ultimo immortale prima di cominciare a confezionare una serie di mediocri pellicole di genere, dimostra uno stile di una piattezza sconcertante, viziato da sequenze d'azione confuse e mal dirette e da un montaggio che sembra spesso eseguito a caso, senza la minima logica: in questo ha influito sicuramente anche la "riduzione" della durata del film operata dai nostri distributori (quasi mezz'ora di tagli), che ha finito per rendere incomprensibili molte sequenze. La pesante "rimaneggiatura" che il film ha subito non modifica comunque la sostanza di un prodotto inutile, mal diretto, scritto e recitato in modo terribile: i dialoghi, soprattutto, sono quanto di più ridicolo ed involontariamente trash sia capitato di ascoltare negli ultimi anni, e a questo punto viene da chiedersi se Mulcahy e il co-sceneggiatore John Esposito fossero nel pieno delle loro facoltà mentali mentre facevano pronunciare ai loro personaggi battute che strapperebbero risate fragorose anche ad un bambino di sei anni.

Poco da dire anche sugli attori, che sembrano adeguarsi perfettamente alla pessima sceneggiatura del film: dall'inespressivo protagonista Jason Scott Lee alla sua fiacca compagna Louise Lombard, dalla grottesca prova di Sean Pertwee (per il personaggio forse più ridicolo dell'intero film) fino a (quasi) tutti gli altri membri del cast. Dispiace vedere attori del calibro di Christopher Lee (che comunque si sarebbe rifatto di lì a poco con la trilogia dell'Anello di Peter Jackson) e Shelley Duvall sprecati in una pellicola di tale inutilità e bruttezza. Una pellicola che viene distribuita sei anni dopo la sua uscita in patria, secondo una logica che francamente ci sfugge: non sarebbe stato meglio lasciarla continuare a dormire nel suo sarcofago, questa mummia così debole e inoffensiva?

Movieplayer.it

1.0/5