Recensione Qualcuno con cui correre (2006)

Una pellicola 'utile' a sviscerare un contesto, quello della Gerusalemme israeliana, spesso affrontato solamente per i pur gravi macro-problemi che lo affliggono, di cui porta alla luce il variopinto e sofferto sottobosco che lo alimenta.

Una folle corsa per le strade di Gerusalemme

I due autori di Qualcuno con cui correre lo sottolineano all'unisono: "Il cinema israeliano sta vivendo un momento d'oro".
Come dargli torto, in effetti, dopo che l'appena concluso festival del cinema ebraico, il Pitigliani Kolno'a che si tiene a Roma ormai giunto alla sua sesta edizione, ha riscontrato un clamoroso successo di critica e di pubblico, ma soprattutto dopo che il film ha convinto Medusa a investire massicciamente sul progetto, che si fregerà dunque di essere il primo prodotto israeliano a venire distribuito in Italia in più di settanta copie.

Si parlava di due autori visto che, pur essendo unica la firma della regia, è indubbio che un forte impulso alla realizzazione del film sia stato dato da David Grossman, celebre autore nato e cresciuto a Gerusalemme, dal cui libro omonimo è tratta la storia, che, sorprendentemente, per come di solito si delineano i rapporti tra letteratura e cinema, si è dimostrato entusiasta dell'adattamento del suo romanzo al grande schermo.
Tre sono i protagonisti. Assaf, che con il suo girovagare correndo qua e là per la città santa è anche indiretto "testimonial" del titolo, Tamar e il fratello di lei, Shay, tre personaggi che hanno storie, caratteri e trascorsi estremamente differenti, i cui destini vengono uniti da un bellissimo labrador, il cane Dinka, il "qualcuno con cui correre" del titolo. Due gli inseguimenti che si dipanano dunque sullo schermo: quello di Assaf, che ritrova Dinka, il cane di Tamar, e si lancia alla rocambolesca ricerca della sua padrona affinchè il cane non finisca nelle grinfie del canile, e quello di Tamar, che insegue disperatamente il fratello, tossicodipendente, caduto nella rete di un piccolo criminale che sfrutta ragazzi talentuosi facendoli esibire lungo le strade della città, tenendoli al guinzaglio della droga e raccogliendone i pochi soldi che riescono a racimolare.

Una storia costruita per le strade di una Gerusalemme lontanissima da quella che siamo soliti conoscere: sono distanti le immagini da cartolina della capitale delle tre grandi religioni monoteiste con i suoi mille luoghi sacri, così come è lontano il tristemente noto conflitto tra arabi e israeliani che non ha risparmiato l'antica città, e che risuona costantemente sui media di tutto il globo.
La città scandagliata da Grossman prima, e da Davidoff poi, è una città "normale", con tutti i suoi anfratti nascosti, i quartieri popolari, la semplice vita quotidiana dei suoi abitanti, alle prese con i problemi che attanagliano ogni città, ingigantiti da un contesto che di certo non favorisce il quieto vivere. Ci troviamo così alle prese con piccoli artisti di strada, truffatori, spacciatori, boss di quartiere, ragazzi ed adolescenti che lottano per una vita migliore, lontana dai bassifondi di una metropoli (per quest'aspetto) come tante altre.

Qualcuno con cui correre, benché in concorso al Giffoni Film Festival, non è un film per bambini; o meglio, non solo. E' una storia semplice, ma allo stesso tempo rivela una complessità di sguardo su una realtà densa di complicazioni. La decisione di girare in digitale, facendo un ampio ricorso alla macchina a mano, è funzionale a restituire quel senso di realismo che pervade il romanzo, pur riuscendo a non perdere quell'ultimo alone di magia che circonda le tipiche avventure adolescenziali.
Forse proprio in questa scelta estrema la pellicola mostra qualche cenno di sbandamento, probabilmente dovuto anche alla localizzazione in lingua italiana, che fa perdere quel senso di immediata freschezza che traspare nell'edizione originale. In ogni caso una pellicola 'utile' a sviscerare un contesto, quello della Gerusalemme israeliana, spesso affrontato solamente per i pur gravi macro-problemi che lo affliggono, di cui porta alla luce il variopinto e sofferto sottobosco che lo alimenta.