Recensione Balzac e la piccola sarta cinese (2002)

Un film sui libri, sull'amicizia e sull'amore. Il piacere di leggere e di raccontare. Raccontare storie di realtà lontane agli occhi di chi si ama, e che si tramutano in favole, così come le leggende dell'antica Cina hanno per noi un magico fascino.

Tre amici, un libro, una vita

Un cinese nato a Putian negli anni '50, in pieno periodo maoista, decide a vent'anni di trasferirsi in Francia per fare cinema, ma l'insuccesso di un suo film lo spinge ad abbandonare la settima arte per dedicarsi alla scrittura. E' il caso di Dai Sijie, scrittore e autore di Balzac e la piccola sarta cinese, che, raggiunto il consenso del pubblico, ha deciso di mettersi dietro la macchina da presa nell'adattamento cinematografico del proprio libro. Il suo desiderio più grande era quello di trasferire in immagini ciò che aveva messo su carta in parole.
Balzac è innazitutto un film sui libri, sull'amicizia e sull'amore. Il piacere di leggere e di raccontare. Raccontare storie di realtà lontane agli occhi di chi si ama, e che si tramutano in favole, così come le leggende dell'antica Cina hanno per noi un magico fascino.

In un paesino della Cina di Mao, Ma e Lu, vengono scoperti mentre suonano Mozart con un violino, con il risultato di essere spediti sulle montagne, dai contadini poveri, per un periodo di rieducazione. Una piccola sarta del luogo, affascinata dall'entusiasmo e dalla voglia di vivere dei due ragazzi, sarà la loro fonte di ispirazione, e una valigia di libri trafugati, proibiti dalla legge, la voce delle loro emozioni.

A voler guardare oltre, Balzac potrebbe essere una sorta di Jules e Jim cinese, amicizia "a tre" sempre sul punto di condurre all'amore, irraggiungibile sentimento, al pari del piacere di trasgredire, mai tradotto in vera libertà. Nella versione francese è possibile apprezzare la voce narrante fuori campo, con un tono di voce à la Nouvelle Vague, omaggio ai cinefili e anche furbo espediente per "intellettualizzare" ulteriormente le atmosfere.

Il film di Dai Sijie è tuttavia lontano dal capolavoro di Truffaut per molte ragioni. Prima fra tutte, la concessione al cinema commerciale, con una fotografia patinata inibitrice della purezza dei contenuti, e l'artificialità di alcuni dialoghi che nel libro avevano una forza diversa, ed erano frutto dell'immaginazione suscitata dalla parola scritta. Evidentemente la commistione di culture, presente nella mente del regista, determinante per il successo del libro, è il punto di forza e il punto debole di un lungometraggio, né autoriale né mainstream, che coinvolge ma non riesce a trasmettere, ad esempio, il sentimento dell'amore, sommerso da un cerebralismo a volte fittizio.

Gli attori, comunque, tutti cinesi, interpretano i personaggi con naturalezza e divertimento, senza mai essere sopra le righe. E non è semplice in un film, che unisce popolarismo e cultura, diretto al pubblico dell'occidente, e che potrebbe essere sintetizzata nella frase di uno dei protagonisti - Mozart pensa sempre a Mao. Un consiglio: non perdetevi il libro.