The Rider - Il sogno di un cowboy, la recensione: un rodeo chiamato vita

La nostra recensione di The Rider - Il sogno di un cowboy, il film di Chloé Zhao presentato a Cannes.

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The Rider - Il sogno di un cowboy: una scena del film

Con un paio d'anni di ritardo ci accingiamo finalmente a scrivere questa recensione di The Rider - Il sogno di un cowboy: il film di Chloé Zhao fu presentato per la prima volta a Cannes nel 2017, dove trionfò nella sezione Quinzaine des Réalisateurs, ma soltanto ora arriva anche nelle sale italiane, in un periodo non esattamente facile per i film indipendenti e d'autore. Ma non per questo bisogna prendersela con la Wanted Cinema che lo distribuisce, ma anzi bisogna comunque fare i complimenti a chi ha comunque il coraggio di credere in progetti come questi e proporli in sala.

Perché The Rider - Il sogno di un cowboy è un film molto bello, ma di quelli davvero indipendenti: ispirato ai racconti di vita reale di un gruppo di cowboy di discendenza Lakota, la regista di origine cino-americana ha selezionato i propri attori proprio tra coloro che abitano la riserva indiana di Pine Ridge, South Dakota. Ed è proprio la scelta di non utilizzare attori professionisti - ma piuttosto mettere al centro della sua opera proprio il ragazzo, che con la sua storia, ha ispirato il film - che finisce con il caratterizzare, assolutamente in positivo, questa pellicola che non a caso lo scorso anno è stata spesso in cima alle classifiche di fine anno dei critici USA. E che, a detta di molti, avrebbe addirittura meritato spazio tra le candidature agli Oscar.

Una trama che si specchia nel proprio protagonista

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The Rider - Il sogno di un cowboy, Brady Jandreau in una scena del film

La storia di Brady Jandreau raccontata nel film è tristemente reale: fin da bambino è stato un addestratore di cavalli ed un cowboy eccezionale, vincendo molti rodei e finendo col diventare l'idolo di molti ragazzi. Ma nel 2016 fu disarcionato da un cavallo imbizzarrito e, a causa di una terribile botta in testa, è finito prima in coma per tre giorni e poi con una placca di metallo nel cranio. Ovviamente i medici gli hanno consigliato di non cavalcare mai più e di tenersi assolutamente lontano dai rodei, ma essere un cowboy è l'unica cosa che Brady abbia mai voluto e saputo fare, e le possibilità di cambiar vita per lui sono praticamente nulla.

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The Rider - Il sogno di un cowboy, un'immagine del film

La situazione familiare di Brady non è certo delle migliori: la madre non c'è più, la sorella Lilly è affetta dalla sindrome di Asperger e il padre spende i pochi soldi che hanno tra alcool e gioco d'azzardo. Non potendo più frequentare il mondo dei rodei, Brady prova a cercare un lavoro e a passare il tempo con l'amico e mentore Lane, un ex cowboy di successo ora in riabilitazione intensiva dopo un terribile incidente che l'ha quasi ucciso. Ma stare lontano dai cavalli per Brady vuol dire quasi non poter più respirare, e nonostante gli enormi rischi la tentazioni di tornare alla vita di una volta sembra essere irresistibile...

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The Rider - Il sogno di un cowboy, una scena del film

Non è un paese per cowboy

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The Rider - Il sogno di un cowboy, Tim Jandreau, Lilly Jandreau in una scena del film

Se c'è un aspetto nello specifico che rende particolarmente riuscito e quasi "magico" questo The Rider è proprio lo stile realistico e quasi da docudrama adottato da Chloe Zhao, molto più vicino al cinema europeo che a quello (indie) statunitense. È evidente il talento della giovanissima regista nel riuscire a dirigere questi non professionisti, ma soprattutto nel riuscire a portare su schermo i tormenti e le angosce di una vita così difficile, senza per questo mai diminuirne il fascino. Non si tratta di una critica al mondo dei rodei, ma piuttosto un ritratto onesto e asciutto dei rischi che vengono corsi ogni giorno dai cowboy, coloro che hanno "scelto" un tipo di vita che sembra lontanissima dal mondo in cui viviamo oggi. Lo sguardo della Zhao non è mai romantico così come il personaggio di Brady non è mai visto né come un eroe né una vittima, ma di certo il suo film contribuisce a distruggere in qualche modo quel poco che era rimasto, nell'immaginario popolare occidentale, della figura del cowboy.

The Rider è però anche una poetica, elegante e sincera ode alle passioni che governano, spesso in modo invisibile, le nostre vite. Perché non può esserci vita senza qualcosa che ci faccia andare avanti, quel fuoco che ci guida, giorno dopo giorno, attraverso fallimenti e delusioni, dolori e incertezze. È quello che per tutto il film vediamo sul volto del giovane e convincente Brady Jandreau, ma è soprattutto quello che una regista talentuosa e attenta come Chloé Zhao riesce a mostrarci nelle potentissime e dolorose sequenze con Lane Scott, ormai quasi completamente paralizzato e in grado di comunicare solo attraverso i gesti. Ma quando lui e Brady riguardano insieme le immagini dei vecchi rodei, i suoi occhi si illuminano di gioia e orgoglio in un modo che nemmeno il più grande attore del mondo sarebbe in grado di riprodurre.

Conclusioni

Vogliamo chiudere questa nostra recensione di The Rider - Il sogno di un cowboy invitando il pubblico italiano a scoprire questo piccolo grande film e una futura grande regista come Chloé Zhao, già prenotata dalla Marvel per il prossimo The Eternals ma anche al lavoro con un nuovo film più personale che la vedrà dirigere grandi attori da Oscar. Probabile che The Rider resti un caso più unico che raro nella sua (speriamo) lunga e ricca filmografia futura, ma di sicuro un film degno di essere ricordato.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • In ogni scena emerge il talento cristallino di una regista che farà tanta strada.
  • Sebbene non professionisti, le performance di tutti gli attori colpiscono nel segno.
  • La storia è semplice ma ricca di tematiche profonde e tutt'altro che banali.

Cosa non va

  • Chi non è abituato ad un certo tipo cinema d'autore potrebbe trovare i tempi del film troppo dilatati.