The OA 2, la recensione: abbiate fede, siete su Netflix

La recensione di The OA 2, serie Netflix che si conferma unica nel suo genere e va seguita abbandonandosi ad essa.

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The OA: Parte II, Brit Marling in una foto della serie

Questa recensione di The OA 2 si basa sulle prime 6 puntate (su 8) della serie Netflix che abbiamo visto in anteprima. E guardarle è stata un'esperienza fuori dal comune. Avete presente l'inizio di Fuoco cammina con me di David Lynch? Per tutta la prima parte l'azione si svolgeva altrove, senza alcun personaggio di Twin Peaks: in molti ci avevano visto la voglia del regista di Missoula di allontanare chi seguiva la sua serie per moda, per far capire subito che ci si trovava in un altro tipo di film. Abbiamo pensato a questo guardando la prima puntata della serie tv The OA 2, un'attesissima seconda stagione in arrivo il 22 marzo in streaming su Netflix.

Nella prima scena, onirica e nebulosa, un ragazzo scivola su uno skateboard, mentre, ai bordi della strada, intravede Prairie in un lungo vestito da sera rosso. E cade. A parte questa apparizione fugace, per tutta la prima mezzora di The OA la protagonista non appare mai, e seguiamo una storia apparentemente lontana dalla sua. Ma, come sappiamo, nel mondo di The OA tutto è connesso, tutto è inaspettato e inconsueto. La seconda stagione di The OA, seconda parte come viene chiamata, di quella che è una delle serie tv più attese del 2019 riesce a mantenere le promesse, e a dare seguito alle premesse, della prima.

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The OA: Parte II, Brit Marling in un'immagine della serie

La trama, semplice eppure complessa, di The OA

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The OA: Parte II, una foto tratta dal settimo episodio

La trama di The OA 2 si apre su di un esterno, di notte. Alla porta di un ragazzo, un investigatore, che vive su un barcone al porto di San Francisco, appare una donna vietnamita. Sta cercando la nipote, Michelle, che è scomparsa mentre stava giocando ad un gioco, su un cellulare. Una app che è come il Pifferaio di Hamelin e attira i ragazzi fino a farli scomparire. Karim, che investiga su di lei, è uno dei nuovi personaggi della storia. Dopo oltre mezz'ora dall'inizio vediamo Prairie su una barca, al largo di San Francisco: è diversa, elegante, le unghie laccate e le dita ingioiellate. Sente un dolore al petto e stramazza al suolo. Svegliatasi in un ospedale, risponde a una serie di domande. Quando le chiedono chi è il presidente, nel 2016, e risponde Barack Obama, l'infermiera strabuzza gli occhi. Il presidente, lo vediamo alla tv, è Biden. E capiamo che siamo in un altro 2016. In un'altra dimensione.

Una seconda stagione per The OA: missione impossibile?

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The OA: Parte II, i protagonisti della serie in una nuova foto

Ci siamo chiesti spesso, ogni volta che pensavamo a una seconda stagione per The OA, se fosse una missione impossibile. La prima stagione ci sembrava autoconclusiva, una storia compiuta e con un suo equilibrio e un finale perfetto. In realtà quello di The OA è un universo in continua espansione, rimodellabile e rimodulabile. Anzi, sono più universi paralleli che dialogano e si incontrano. Le chiamano dimensioni, e la tesi della storia è che ci siano dimensioni multiple, e che sia possibile passare da una all'altra. Ricordate il 1985 alternativo di Ritorno al futuro parte II, originato da un fatto preciso? L'idea è quella. Così capiamo che Prairie non è più Prairie, ma Nina, parla con un accento russo, ed è la persona che sarebbe stata se non avesse preso quello scuolabus e fosse precipitata in acqua. Ma in The OA 2 non ci sono viaggi nel tempo. Le anime possono spostarsi in un'altra dimensione: l'aspetto fisico è lo stesso, ma sono persone diverse. E sono destinate a incontrare le stesse persone, anche se alcuni ricordano le connessioni tra loro e altri no. A volte si ritrovano allo stesso punto e con gli stessi rapporti di forza. Come un anello di Moebius che si torna su se stesso, come capitava al protagonista di Strade perdute di David Lynch che, diventato un altro, ritornava sui suoi stessi passi.

Una serie unica, fuori da qualsiasi algoritmo

È curioso che nell'era delle piattaforme per lo streaming dei contenuti, degli algoritmi che ci consigliano cosa vedere, del "perché hai guardato questa serie..." sia proprio Netflix, che questo sistema lo ha inventato, a proporci una serie che sfida ogni algoritmo, che sfugge a ogni definizione. The OA è una serie unica, lontana da tutte le (troppe) serie che si affacciano oggi on line. Il suo continuo senso di mistero, di sospensione, di attesa, è paragonabile alle serie di J.J. Abrams, come Lost, o ad alcuni film di M. Night Shyamalan. Ma in The OA 2 tutto è meno pop, meno esternato, meno gridato rispetto alla serie di Abrams: i protagonisti vivono in un mondo sommerso e sommesso, sono invisibili, sussurrano e si intendono solo fra loro. Si muovono spesso la notte, in case abbandonate e fatiscenti, illuminati da luci fioche. Ma, nella seconda stagione, il tono basso viene spesso scosso da improvvise, indelebili scene madri. I toni lividi e uniformi della fotografia si accendono di colpo in toni accesi. E, molto più che nella prima stagione, i cliffhanger sono perfetti.

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Brit Marling in The OA
Brit Marling in The OA

The Ring, i Fratelli Grimm e Carl Gustav Jung

The OA: un'immagine della protagonista Brit Marling
The OA: un'immagine della protagonista Brit Marling

Quello che affascina, in The OA 2, è proprio la sua capacità di astrarre, di essere avulsa dal nostro mondo pur vivendoci dentro: non fa riferimento alla cronaca, o alla Storia, né a generi precisi (anche se l'horror in stile The Ring e la fiaba dei Fratelli Grimm qui fanno capolino). Brit Marling (creatrice della serie e interprete della protagonista, Prairie/Nina) e Zal Batmanglij tengono conto di tutto questo, ma riescono a creare una visione nuova. The OA è un'opera che osa, che non ha paura di creare scene che nessuno di noi immaginerebbe. Dentro ha la psicanalisi, con quei rosoni, tutti uguali, sognati dalle persone che ci fanno venire in mente gli archetipi dell'inconscio collettivo descritti da Jung. E molta simbologia. Pensiamo a quel ricorrere dell'acqua. Che è la vita, il liquido amniotico, ma è anche la morte, l'annegamento. Ed è, come sappiamo, un conduttore.

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Quei momenti metacinematografici e metatelevisivi

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The OA: Parte II una foto dei nuovi episodi

Una piccola concessione alla cultura pop (oltre a canzoni come Ordinary World dei Duran Duran) è l'episodio 2x04, in cui ci sono dei curiosi giochi metacinematografici e metatelevisivi. Fa la sua comparsa una misteriosa donna, interpretata da Irène Jacob, che dice che in una delle sue dimensioni è stata un'attrice di cinema d'autore francese, che è davvero quello che è. E, durante una cena, Homer (Emory Cohen), che non è l'Homer che conosciamo, ma quello di una nuova dimensione, parla con una ragazza con riferimenti a San Junipero (Black Mirror) e a Stranger Things, altre opere Netflix, senza però mai nominarle. È un altro modo di connettersi a una realtà, un mondo in cui The OA 2 vive, continuando comunque a marcare la sua differenza da tutto questo.

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Voglia di sapere cosa succede: abbiate fede

The OA: Brit Marling in una foto della serie Netflix
The OA: Brit Marling in una foto della serie Netflix

Vedere The OA 2 non è come guardare una serie, è fare un'esperienza. Durante la sua visione può capitare di perdersi, di non seguire qualche passaggio, che non tutto forse torni. Certo, come I segreti di Twin Peaks, non è un racconto per persone razionali. Ma, proprio per questo, affascina e cattura come poche altre. La voglia di sapere cosa c'è dietro i comportamenti dei personaggi fa seguire le puntate tutte d'un fiato. Sì, è una serie da binge watching. In realtà c'è un solo modo di guardare The OA 2. Ed è quello di abbandonarsi, lasciarsi andare. Di avere fede. E se tutti noi vivessimo in una sola delle possibili dimensioni? E se fossimo destinati a un'altra dimensione?

Conclusioni

Dalla recensione di The OA 2 avrete capito che guardare questa serie è un’esperienza fuori dal comune. The OA ha il mistero di grandi serie come Lost e I segreti di Twin Peaks, eppure non somiglia a queste, né a nessun’altra serie. Tra esperienze pre-morte, dimensioni parallele, atmosfere sospese e toni sussurrati, si tratta di una serie da guardare abbandonandosi al suo racconto, lasciando da parte ogni nostra razionalità.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • È una serie unica, lontana da tutte le altre. Il suo senso di mistero, di sospensione, di attesa fanno la differenza.
  • È un'opera che osa, che non ha paura di creare scene che nessuno di noi immaginerebbe.
  • La seconda stagione riesce nella non facile impresa di dare un seguito alla prima, e lavora in modo ancora migliore sui cliffhanger.

Cosa non va

  • A volte durante la sua visione può capitare di perdersi, di non seguire qualche passaggio, che non tutto forse torni. Non è un racconto per persone razionali.

Movieplayer.it

4.0/5