The Guilty, recensione: un remake “telefonato” su Netflix

La recensione di The Guilty, film di Antoine Fuqua con Jake Gyllenhaal disponibile su Netflix che si rifà al thriller danese del 2018.

The Guilty 1
The Guilty: Jake Gyllenhaal in una sequenza del film

C'è un certo senso di déjà vu nello scrivere la recensione di The Guilty, il nuovo lungometraggio di Antoine Fuqua che arriva su Netflix dopo aver debuttato sul grande schermo al Festival di Toronto. Trattasi, infatti, del remake del thriller danese uscito alla fine del 2018, acclamato in tutto il mondo e premiato in vari festival (premio della critica a Zurigo, mentre a Torino si è portato a casa quello del pubblico, oltre ai riconoscimenti per la sceneggiatura e per l'attore protagonista), lodato soprattutto per una scelta narrativa e registica molto precisa, che ha reso scettici praticamente tutti coloro che l'avevano visto al momento dell'annuncio del rifacimento statunitense (passaggio praticamente obbligato per molti progetti di genere di fattura internazionale, data l'avversione generale del pubblico medio americano per i sottotitoli). Difatti, in questo caso specifico, diventava inevitabile un remake "copia carbone", ed è più o meno esattamente quello che ha fatto Fuqua, coadiuvato dallo sceneggiatore Nic Pizzolatto.

Una telefonata fatidica

The Guilty 1
The Guilty: Jake Gyllenhaal in una sequenza

Dalla Copenaghen dell'originale ci spostiamo, per il nuovo The Guilty, a Los Angeles (dove si sono svolte le riprese, nell'autunno del 2020, con Fuqua che si è tenuto a distanza dai pochi interpreti presenti fisicamente sul set dirigendoli da un furgone collegato ai monitor), dove Joe Baylor (Jake Gyllenhaal), poliziotto sotto indagine per una morte sospetta sul lavoro, è stato temporaneamente riassegnato alla ricezione di telefonate dirette al 911. Una di queste, da parte di Emily Lighton (Riley Keough), contiene dei dettagli che spingono Joe a voler mantenere il contatto con lei a tutti i costi, incitando i colleghi a verificare che non sia accaduto nulla di grave. Nel corso di una lunga, tesa serata, i due rimarranno al telefono, nella speranza di arrivare fino in fondo a una storia che potrebbe finire decisamente male, mentre intorno a Joe si muovono altri elementi che potrebbero segnare il suo futuro professionale.

Il colpevole - The Guilty, la recensione: un thriller (tutt'altro che) telefonato

Tutto come prima

The Guilty 2
The Guilty: Jake Gyllenhaal in un momento del film

Tre anni fa, Il colpevole - The Guilty si fece notare per la decisione di ridurre il tutto a un'unica stanza, dove Asger (Jakob Cedergren) era l'unica vera presenza fisica, e tutte le sue interazioni limitate alle voci che si sentivano al telefono. La tensione era legata al coinvolgimento degli spettatori, invitati a immaginare lo scenario proposto dalla conversazione fra poliziotto e presunta vittima, all'interno di un efficiente meccanismo thriller che si avvaleva di una precisione chirurgica per il montaggio e il lavoro sull'audio, con l'aggiunta di angoscianti primi piani che rendevano sempre più claustrofobica la vicenda di Asger. Il remake cerca di rimescolare un po' le carte, ma nel complesso l'operazione rimane la stessa, con un intenso Gyllenhaal quasi sempre da solo - idea vincente per girare in sicurezza un film durante la pandemia - e accompagnato da diverse voci famose, tra cui il cognato Peter Sarsgaard e, con una certa carica simbolica, Ethan Hawke. Carica simbolica perché vent'anni or sono Hawke si faceva dirigere da Fuqua in Training Day, thriller sulla corruzione della polizia che sfruttava apertamente le ambientazioni losangeline e la rabbia locale legata a ingiustizie come il pestaggio di Rodney King.

Il colpevole - The Guilty, incontro con il regista e il protagonista: "È un film da vedere al cinema"

The Guilty Guilty 2
The Guilty: Jake Gyllenhaal in una scena

Da quel punto di vista, l'idea di un rifacimento americano del film del 2018 ha un suo perché, data la maggiore sensibilità del pubblico statunitense nel confronto di questioni come il comportamento scorretto delle forze dell'ordine (il film arriva in streaming pochi mesi dopo la condanna a 22 anni di carcere per Derek Chauvin, licenziato dalla polizia di Minneapolis dopo aver ucciso George Floyd il 25 maggio 2020). Ma quella carica furibonda, che nel 2001 era ben presente, qui è solo accennata, sullo sfondo, lasciando spazio all'esercizio di stile che riprende abbastanza pedissequamente il canovaccio danese. Un esercizio efficace, che non faticherà a farsi apprezzare da chi è in cerca di intrattenimento di genere con idee interessanti all'interno del catalogo di Netflix, ma anche piuttosto ridondante, troppo attaccato all'originale per lasciare un vero segno nel panorama cinematografico se si conosce già il prototipo di Gustav Möller, che ci faceva uscire dalla sala angosciati non troppo tempo fa.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione di The Guilty, il nuovo lungometraggio di Antoine Fuqua che si rifà al prototipo danese del 2018 sottolineando come proprio lì stia la sua forza e la sua debolezza, perché l'idea di base, molto forte, risulta un po' annacquata dall'eccessiva aderenza allo stile del capostipite.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.8/5

Perché ci piace

  • Jake Gyllenhaal è bravissimo.
  • Il cast vocale di contorno è notevole.
  • La premessa è molto forte...

Cosa non va

  • ... ma chi conosce la versione danese avrà un cospicuo senso di déjà vu.
  • La riflessione sulla violenza della polizia americana è ridotta al minimo indispensabile.