Silent Land, la recensione: cartoline vacanziere di sensi di colpa e distanze umane

La recensione di Silent Land, film dell'emergente Aga Woszczynska dove la vacanza si fa covo brulicante di sensi di colpa e distanze incolmabili.

Silent Land, la recensione: cartoline vacanziere di sensi di colpa e distanze umane

C'è qualcosa di misterioso, atavico, e profondamente metaforico nelle vacanze immortalate dallo sguardo di un regista. Nella propria trasposizione cinematografica, quel frammento temporale dedito all'ozio, al divertimento e a un allontanamento momentaneo dalle responsabilità quotidiane, si veste quasi sempre di qualcosa di diverso: le spiagge si fanno terreni di sfida tra l'uomo e il suo passato; le onde del mare sono sacchi amniotici contenenti fragilità e timori tenuti celati nel cassetto più recondito della memoria; il calar del sole corrisponde all'avanzata di un esercito di fantasmi giunti da un antro nascosto del proprio inconscio e pronti a dar battaglia, mettendo in discussione ogni certezza, ogni successo, ogni frammento di una vita solo apparentemente perfetta.

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Silent Land: una scena del film

Come sottolineeremo in questa recensione di Silent Land (al cinema con I Wonder Pictures), l'esordiente Aga Woszczynska si dimostra capace di cogliere le infinite possibilità simboliche nascoste dietro il concetto di vacanza. Allineandosi a quanto compiuto prima da autori come Jacques Deray (La piscina), Luca Guadagnino (A Bigger Splash), e non ultimo Michael Haneke (Happy End) la regista pone i propri protagonisti in ambienti ameni, circondati dall'immensità di un mare in cui gettarsi a capofitto, per denunciare il fascino ipocrita della borghesia.

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Silent Land: una scena del film

Chiamata a inseguire una parvenza di perfezione domestica, la giovane coppia polacca si ritrova sola in terra straniera; uno scarto culturale e linguistico, questo, che li spinge all'esacerbazione di un'incomprensione tanto con il mondo esterno (i due non parlano italiano) quanto interno. La loro è un'incomunicabilità che striscia silente nei meandri di una quotidianità atta a ripetersi uguale a se stessa nello spazio di una vacanza, e che troverà il proprio apice a seguito di un evento tragico. E così, quella distanza che sembra separare i due dal resto del mondo, si estende nello spazio interno di stanze vissute, investendo improvvisamente Anna e Adam, per allontanarli sempre più, in una terra silenziosa del proprio vissuto quotidiano.

Silent Land: la trama

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Silent Land: una scena del film

Anna e Adam sono una coppia polacca che sceglie per le vacanze una bella villa su un'isola in Italia. Sportivi e sofisticati, si godono le cene e le corse nella natura, isolandosi in un relax un po' robotico. Si lamentano però con il padrone di casa per la piscina che non funziona. Quando arriva un giovane operaio a ripararla, un incidente sconvolgerà la calma del luogo, minacciando non solo di rovinare il soggiorno dei due protagonisti, ma anche la loro apparente, perfetta, intimità domestica.

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Cartoline di una distanza annunciata

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Silent Land: una scena del film

È una giustapposizione di quadri, cartoline di una vacanza messa in pausa e mai effettivamente goduta, Silent Land. In queste diapositive di attimi immortalati da uno sguardo severo come quello di Aga Woszczynska, i colori sembrano modularsi in base all'umore, allo stato d'animo, all'indifferenza per il dolore altrui, dei protagonisti qui colti. Le tonalità accese che omaggiano i dipinti di David Hockney del giorno, lasciano pertanto spazio a quelli più caravaggeschi e dicotomici, di luci soffuse e ombre pressanti, della notte. Un passaggio di testimone dove le sfumature di colori si fanno pennellate "parlanti" di emozioni represse, e sentimenti nascosti. E se il cromatismo muta, cambia, gioca tra sé e sé, la presenza sulla scena dei suoi personaggi si fa immobile, glaciale, rigida: quello compiuto dalla regista attraverso la direzione degli attori è un recupero perfetto di quel senso di straniamento attraverso il quale rendere la propria opera uno sguardo di denuncia universale.

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Silent Land: una scena del film

Osservando gli spostamenti, e le azioni quasi meccaniche dei propri personaggi, la Woszczynska riduce il proprio corollario umano in un campionario di pseudo-automi entro i quali racchiudere vizi e (poche) virtù di una società volta al narcisismo e all'autocompiacimento. Che siano polacchi, italiani, o francesi non fa differenza: nel girotondo umano della Woszczynska tutti sono trattati allo stesso modo: ogni essere umano compare in scena come tessera di uno sfruttamento altrui per soddisfare i propri interessi (si pensi ad Adrian e all'incidente con un suo cliente; o al poliziotto che tenta di pubblicizzare l'attività del cugino). Un circolo vizioso senza eccessi, costruito in sottrazione, sottotono, piano piano, a bassa voce, e per questo ancora più incisivo e destabilizzante agli occhi del proprio pubblico.

Gelida estate

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Silent Land: una scena del film

È uno sguardo che osserva attento quello di Aga Woszczynska; una regia fredda, distaccata, fatta di un'oggettività che spinge la cinepresa ad arrogarsi il diritto di lasciare soli i propri protagonisti nel fuori campo, per immortalare ambienti e paesaggi esterni, solo all'apparenza ininfluenti e superficiali. Eppure, ogni cielo immortalato, ogni scorcio a picco sul mare, si fa contenitore di turbamenti e paure. Non è bucolico l'ambiente di Silent Land, e non intende esserlo; generato dalla forza romantica dello Sturm und Drang, quello dell'isola di Silent Land è un ambiente che nasconde nelle sue bellezze un senso di nefasta angoscia, anticipatrice profetica di uno spirito dell'isola pronto a prendere, e distruggere.

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Tutto rimane uguale, per rivoluzionare tutto

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Silent Land: una scena del film

C'è sempre qualcosa che sembra stia per essere realizzato, compiuto, in Silent land, per poi bloccarsi sul nascere. E così, tutto vive di possibilità, rimanendo in attesa di un evento che pare non arriverà mai. In questa eterna speranza, anche la regia della Woszczynska sa enfatizzare il nulla che accade, ma che tutto rivoluziona (e, implicitamente, denuncia). Le riprese sono ampie, ma non per abbracciare i due protagonisti con un ambiente che li attrae per poi respingerli, quanto per lasciarli vagare soli in un ambiente vasto che enfatizza in loro un senso perpetuo di colpa e rimorso. Per quanto ci provino ad allontanarsi da tale sensazione, Adam e Anna finiranno così a ritrovarsi in una bolla sempre più stretta, sempre più angosciante, che li lascerà senza fiato.

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Silent Land: una scena del film

Sembra quasi paradossale quanto degli spazi così estesi, all'aria aperta e immortalati da campi medi e piani americani, diano un senso di claustrofobia. Un gioco dicotomico, quello di Silent Land, tenuto sempre stretto nello spazio di non detti e di segreti celati che la regista riesce a suggerire attraverso una ripresa che pone al centro della propria inquadratura i due protagonisti, per poi trascinarli, o isolarli, ai margini della cornice, nascosti dietro ostacoli visivi, come porte, usci, muri.
Molte questioni vengono lasciate volutamente irrisolte in Silent Land, facendo del film uno sprazzo di vita lasciata libera di continuare al di fuori della cornice cinematografica. Ecco allora che dal realismo si passa al thriller psicologo e a tratti al surreale, spronando lo spettatore a colmare con la forza dei propri sentimenti le lacune lasciate dalla regista. Il tutto mentre la natura continua a fare il proprio corso, ignara delle macchinazione degli uomini, silenziosa e imparziale, lasciando che siano gli altri a sbagliare, e auto-sabotarsi.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Silent Land sottolineando come il film dell'esordiente Aga Woszczynska riesca a prendere un tema come quello vacanziero per innestarlo di sensi di colpa e rimorsi che non potranno essere disciolti nel mare in tempesta. Grazie a una regia fredda, analitica e allo stesso tempo capace di esprimere i sentimenti che investono i propri protagonisti, l'opera convince e coinvolge, mettendo lo spettatore di fronte a vizi e virtù tipici della propria società.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
5.0/5

Perché ci piace

  • Le performance stranianti e allo stesso tempo empatiche degli attori.
  • La regia fredda, analitica, capace di andare al punto con pochi movimenti di macchina.
  • La fotografia e un cromatismo cangiante in base agli umori in scena.
  • La forza del fuori campo come anticipatore di eventi e possibili tragedie.

Cosa non va

  • Il finale un po' retorico.
  • La scelta di lasciare molte questioni aperte, che se per molti può essere apprezzabile e in linea con il resto del film, per altri può risultare deludente.