Recensione Our Grand Despair (2011)

Diretto con grande sensibilità e col piglio deciso di chi sa cosa vuole e anche come ottenerlo, Our Grand Despair (La nostra grande disperazione) è una storia drammatica incentrata sui piccoli grandi traumi della vita, sull'amicizia e sulla maturazione di uomini e donne alle prese con gli imprevisti dell'amore.

Scapoli e ammaliati

Dopo aver presentato il suo film d'esordio Summer Book nell'edizione 2008 nella sezione Forum, il regista turco Seyfi Teoman torna alla Berlinale 2011 con la sua opera seconda in anteprima mondiale Our Grand Despair, stavolta selezionata per il concorso ufficiale. Un bel salto in avanti per il cineasta di Kayseri che per la sua grande occasione ha confezionato un film garbato e appassionato che racconta una bella storia di amicizia e fratellanza tra tre ex-compagni di scuola.
Ender e Cetin sono arrivati alla soglia dei quarant'anni ma sono come fratelli visto che si conoscono sin dai tempi della scuola. Cetin è stato a lungo all'estero ma quando è tornato in città i due hanno finalmente realizzato il loro sogno di andare a vivere insieme. Il loro migliore amico Fikret vive a Berlino e per le vacanze raggiunge sempre la famiglia e gli amici ad Ankara. Per una tragica fatalità, proprio durante le ferie estive, Fikret viene coinvolto in un incidente stradale in cui rimane leggermente ferito ma purtroppo perde entrambi i genitori. La terribile tragedia sconvolge tutti, in particolare Fikret, che si sente responsabile dell'accaduto, e la sua giovane sorella Nihal, rimasta letteralmente sotto shock. Arrivato il momento di tornare in Germania, Fikret chiede ai due amici di badare per un po' di tempo alla sorella minore, giusto il tempo di farla riprendere dallo stato depressivo in cui è piombata dopo la morte dei genitori. Ender e Cetin, entrambi single, accettano di buon grado l'arduo compito di aiutare Nihal a superare il trauma e le aprono le porte del loro appartamento. Stimolata dai due uomini, che provano a coinvolgerla nei loro piccoli rituali quotidiani quali cucinare, mangiare insieme, ascoltare musica e fare lunghe passeggiate, la ragazza inizia a mostrare i primi piccoli segnali di reazione mentre i due uomini fanno sempre più fatica a considerarla una ragazzina in difficoltà perchè in realtà, quella che sta emergendo dal buio, è una sensibile e desiderabile donna adulta. Col passare dei giorni i tre coinquilini diventeranno sempre più uniti e intimi, scoprendo a vicenda delle qualità nascoste fino a quel momento rimaste in ombra.

Diretto con grande sensibilità e col piglio deciso di chi sa cosa vuole e anche come ottenerla, Our Grand Despair (La nostra grande disperazione) è una storia drammatica incentrata sui piccoli grandi traumi della vita, sull'amicizia e sulla maturazione di uomini e donne alle prese con gli imprevisti dell'amore. E' la storia di due uomini leali tra loro e con il loro amico, ma tutto sommato poco cresciuti, alle prese con quel pianeta misterioso che è il mondo femminile, con le responsabilità e con i loro sentimenti reciproci. Durante la fase iniziale la disperazione è quella di Nihal che si scontra con l'elaborazione del lutto, quella che si legge negli occhi di una ragazza che ha perso i genitori ed è rimasta sola in una grande città, poi il testimone passa nelle mani di Ender e Cetin, felici di aiutare il loro amico ma anche disperati per quella che loro vedono come una limitazione della libertà di movimento in casa e per il fatto di non poter confessare reciprocamente e alla ragazza i propri sentimenti. La disperazione più grande però è quella che scaturisce dalla consapevolezza di non essere più troppo giovani. Come recita uno dei passi salienti dell'omonimo romanzo scritto da Baris Biçakçi (co-sceneggiatore del film insieme a Teoman): "La nostra vera grande disperazione non era quella di essere innamorati entrambi di Nihal, ma di non sentire le nostre voci tra quelle dei ragazzini che giocano per strada".
E se Nihal all'inizio sembra poco più che una ragazzina, inesperta e timida con gli uomini, che ispira protezione, i due scapoli hanno messo su una famiglia tradizionale senza rendersene conto. Poi improvvisamente la ragazza sboccia come un fiore sull'asfalto, mostrando ai due uomini lati della sua personalità fino a quel momento sconosciuti, mentre Ender e Cetin appaiono dall'inizio come una perfetta coppia gay, bilanciata, equilibrata e ben assortita, ma gay non sono. Si conoscono talmente bene da essere entrati in simbiosi, ed anche loro scherzando spesso si definiscono un po' come marito e moglie. Condividono tanti momenti della giornata: la cucina, ogni singolo pasto a tavola per loro diventa un momento catartico in cui l'interazione è praticamente totale, le passeggiate, i locali, gli interessi e la passione per il biliardino. Insomma sono due uomini un po' fuori dai canoni.
Girato con inquadrature a camera fissa ed un uso misurato dei primi piani, il film è un divertente ed equilibrato ibrido tra dramma e commedia, forse un po' lento nella narrazione ma la lentezza, quando si vuole raccontare un processo di riconquista della normalità ed una lenta ripresa psicofisica, diventa ingrediente quasi necessario. Recitato alla grande dai tre attori, Ilker Aksum, Fatih Al e Günes Sayin, il film funziona grazie al continuo gioco di sguardi tra i protagonisti, a gag incidentali e a siparietti danzati di una comicità unica. E poi si mangia, si cucina, si ride e si piange, insomma, ci si emoziona e ci si affeziona talmente ai personaggi da arrivare a considerarli, verso la fine, quasi due amici di famiglia che non si vorrebbero abbandonare.
Originale, lieve, pittoresco, molto turco. Un'inattesa e variopinta cartolina da Ankara che riscalda il cuore.

Movieplayer.it

4.0/5