Recensione Wasted Youth (2011)

Attraverso un'opera metà fiction e metà documentario, i due registi raccontano la crisi economica greca e, con essa, la crisi di due diverse giovinezze: quella anagrafica, del giovane Haris che pensa solo all'oggi, e quella spirituale, del poliziotto Vassili che non sa più mettersi in gioco.

Crisi al tempo della crisi

In Grecia è estate, fa caldo e per la città aleggia lo spettro della crisi. Vassili, poliziotto e padre di famiglia, torna dal suo turno di notte, esausto, sconfortato e di cattivo umore. Nello stesso momento, Haris, diciottenne la cui unica occupazione è fare skate, si sveglia a casa di Christine, un'amica di famiglia da cui si rifugia ogni volta che non vuole litigare con il padre, in aperta polemica con il suo stile di vita irresponsabile. I registi Argyris Papadimitropoulos e Jan Vogel, creando un ibrido tra documentario e opera di fiction (il ruolo di Vassili è infatti interpretato da Ieronimos Kaletsanos, mentre Harry non è un attore professionista e qui impersona se stesso, nella propria quotidianità), raccontano la stessa giornata dai punti di vista opposti di due protagonisti lontanissimi per carattere, aspettative e stili di vita, ma destinati ad essere accomunati dalle conseguenze di una tensione e un'incertezza che coinvolge ogni generazione e ogni strato della società.

Guidati da una regia dinamica, che fa largo uso della camera a mano per imprimere una forte impronta di realismo alla narrazione, e che ci permette di cogliere, attraverso primi piani strettissimi, tanto i tormenti di Vassili quanto la concentrazione e l'impegno che Haris profonde nelle sue evoluzioni con lo skate, seguiamo i due personaggi attraverso un'Atene diversa da quella degli itinerari turistici, e che è l'immagine di una città che tutto può offrire: squallore, desolazione ma anche prospettive affascinanti. E', questa, una contrapposizione che rispecchia quella tra Vassili e Harry, e tra i rispettivi modi di affrontare un presente senza sicurezze: l'immobilità dell'uno, che rinuncia a un progetto imprenditoriale per tenersi al riparo dal rischio economico, contro la frenesia dell'altro, sempre in movimento, sempre alla ricerca di una festa, di un amico, di una canzone grazie alla quale separarsi dal mondo, quello grande, che comprende ben più di una piazza in cui fare skate. Risulta, così, evidente come la "Wasted Youth" del titolo non sia propriamente, o soltanto, quella anagrafica: è la gioventù che ci dovremmo portare sempre dietro, quella che ci spinge a rischiare per qualcosa a cui teniamo, che ci permette di non essere schiacciati dal peso delle responsabilità, pur senza ignorarle, che ci fa vivere autenticamente. Tra i due, quello che sta sprecando in maniera più colpevole la sua giovinezza è Vassili, intrappolato in un limbo di infelicità da cui non sembra voler uscire, perché, per quanto anche Haris non abbia grandi progetti, almeno vive le proprie giornate con il massimo dell'entusiasmo, fosse anche per due birre con gli amici o per la creazione di una manciata di adesivi.
Papadimitropoulos e Vogel, per quanto critici rispetto alle ricadute più evidenti che l'instabilità economica e sociale finisce per avere sulle vite di tutti, qui rivelate in un durissimo finale (ispirato a un episodio realmente accaduto), sono più interessati a dimostrare la caparbietà dei singoli individui, la loro volontà di agire per il meglio nonostante tutto, ma anche il fallimento a cui questo proposito può andare incontro, quando ci si sente intrappolati da forze contro cui non sembra possibile combattere. Un po' lento e macchinoso nella prima parte, Wasted Youth diventa più coinvolgente man mano che le due linee narrative si avvicinano, in un crescendo di tensione che non può che lasciare lo spettatore inquieto, di fronte a una crisi della società che non è poi tanto diversa dalla nostra, e che non tutti ci siamo meritati, come del resto non si sono meritati Haris o Vassili, ma il cui superamento siamo comunque tenuti a considerare una nostra responsabilità.

Movieplayer.it

3.0/5